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Davide Milosa
San Siro, il “tondino” che fa litigare Comune e Regione
17 Luglio 2017
Milano
«Lo storico impianto di Milano è abbandonato da quattro anni e sull’area si scatenano gli appetiti immobiliari. Braccio di ferro in corso tra Palazzo Marino e Pirellone sulla proposta di vincolo».

«Lo storico impianto di Milano è abbandonato da quattro anni e sull’area si scatenano gli appetiti immobiliari. Braccio di ferro in corso tra Palazzo Marino e Pirellone sulla proposta di vincolo». il Fatto Quotidiano, 17 luglio 2017 (p.d.)

Una mattina di mezza settimana nel grande piazzale dello stadio Giuseppe Meazza. Caldo, afa, lavori in corso davanti ai cancelli. Il resto è silenzio rarefatto. Poche auto. Il tram che ferma in piazzale Axum. Ci s’infila a destra. Via dei Piccolomini. Ombra e mura ingiallite, murales anche, scritte da ultras. Legno marcio agli infissi. Sono le stalle, viste da fuori. Dieci metri oltre, il cancello. Eccolo laggiù il “tondino” di allenamento. Assalito dalle piante, con il tetto, bellissimo una volta. Casca a pezzi. Il silenzio ora si fa denso. Il tempo non si muove. Giri lo sguardo verso la pista ed eccolo, ancora lo puoi vedere, il lampo sulla terra chiara, il rumore delle ruote, il sudore, il volto teso del driver, corre Varenne. È il 1999, il mito si forgia qua alla Scala milanese del trotto. Gran premio delle nazioni. “Varenne très bien”. Arriverà l'Amerique a Parigi,due volte. Ma ora è qui a Milano, giovane e semi sconosciuto.
Stravince e vola via, questo figlio di Waikiki Beach e Ialmaz. Lo chiameranno il Capitano. Si sente, nel degrado di adesso: c'è ancora l’Enzo Janacci che lo canta, c’è il pubblico di allora, la Milano di allora, che riprende fiato dagli scandali di Mani pulite e dalle bombe mafiose. In comune a palazzo Marino, il fruscio delle tangenti ha soffiato via i socialisti. È passata la Lega nord. È arrivato il Polo delle libertà. Il nuovo mazzettificio meneghino, però, attende sotto il finto sdegno dei politici. Il tempo è elastico. E torni qui ora nel deserto dell’abbandono.
Quattro anni fa nel 2013, battenti chiusi. Snai spa dà l’annuncio. L’Ippodromo del trotto di via dei Piccolomini smette di vivere e oggi soffoca tra sporcizia ed erba secca. C’è la crisi, si disse, basta corse. Addio azzardo, adrenalina da scommessa, vecchi malavitosi e giovani boss. Un pezzo di città è in lutto. Non i palazzinari che su questo tempio del costume e dello sport oggi fanno di calcolo. La burocrazia da carte bollate ha tolto vincoli, rimodellato piani, inanellato varianti, niente più sport o aree verdi, solo 290 mila metri cubi sul tavolo per nuove e golose speculazioni. Snai festeggia. E ci mancherebbe. Ma qualcosa si rischia di perdere, un pezzo di vita reale della città, uno stralcio di Dna unico. Che se, poi, dal tondino si cammina verso la tribuna passando dalla biglietteria, facendo attenzione a non calpestare escrementi e monnezza varia, con il sole di questo luglio che brucia, ancora si ascolta la mitragliata dei seggiolini alzati, scatta in piedi il pubblico, qui nell’ovale ippico che fu mondiale.
Nobili signori e industriali, travet e banditi. Politici, amministratori, mafiosi. Adesso s’intravedono le ombre, che nulla resiste se non il degrado. Sembra cent'anni fa, quando Epaminonda il Tebano, tra una corsa e un Negroni al bar Basso, si prendeva la città e la politica. Erano solo gli Ottanta da bere. Milano che cambia e dimentica la sua storia, cancella i suoi simboli. In via dei Piccolomini, e oltre via dei Rospigliosi: incendi, racket, omicidi, debiti senza rimedi, commedia umana che rischia di svanire per sempre. Milano, trotto, cemento.
Ecco il punto. Che succede adesso? Nell’epoca del post Expo, nella risacca da grandi opere che in città riprendono vigore. Nuovi affari. Con le ruspe che attendono a motori accessi. Ci sono ospedali: il San Paolo e il San Carlo da traslocare. C’è l’università Statale da trascinare a forza sui terreni dell’Expo. Ci sono le aree degli ex scali ferroviari. E c’è l’ippodromo che fa gola e ci mancherebbe. Zona di gran lusso. San Siro, ville, residenze di calciatori superpagati. Poco più in là, l’Ippodromo del galoppo. Verde e liberty ovunque. Salvato per fortuna dal cemento anche se qualcuno, negli anni, ci ha tentato. Ma lì il vincolo è oggi inamovibile.
Il cavallodi Leonardo, dieci tonnellate d’imponenza, sorveglia austero. Fino al 2010 il rischio è stato concreto. Poi il comune ha blindato tutto.Non con il trotto, però. A fine 2016 Italia nostra e i Verdi ci hanno provato. Vincolo anche sull’area del trotto. La proposta è stata portata in Regione Lombardia. Al vaglio della Commissione. Richiesta bocciata e rispedita al mittente. Pazzesco in effetti. Anche perché la richiesta viene portata avanti dal sovrintendete del comune, competente per l'ippodromo, e silurata dal Pirellone. Porte aperte alle ruspe? Non ancora. Si attende l’esito sul rinnovamento della proposta di vincolo. La Regione, in sostanza, boccia la richiesta sul 100% dell’area e chiede di rimodulare. Nell’attesa, però, gli atti di quella decisione ancora non sono accessibili. Enrico Fedrighini, assessore al Verde nel Municipio 8, e storico animatore delle battaglie ambientaliste a Milano, ha richiesto il fascicolo ma le risposte ancora latitano. Snai, che è proprietaria dell’area, non può influenzare la decisione. Sta lì e attende. Dalla sua una determina dirigenziale del comune di Milano, datata 2014. Carta vincente, in effetti. Niente più vincoli per aree sportive. E così Snai si ritrova in mano un tesoro.
Enrico Fedrighini, figuriamoci, mica ci sta. Stuzzicato, sbotta: “Sono rimasto molto sorpreso dal fatto che la Commissione regionale abbia bocciato la prima proposta di vincolo presentata dalla sovrintendente Ranaldi. La bocciatura è un evento non comune anche perché la proposta mi risulta frutto di un’accurata istruttoria e anche perché l’originaria richiesta di vincolo del trotto ricalcava la proposta già presentata nel 2004 per vincolare l’ippodromo del galoppo. Spero che la lettura degli atti, ai quali peraltro non ho ancora avuto accesso, serva a fugare definitivamente i non pochi dubbi sull’intera vicenda”.
La decisione della determina di tre anni fa, motivata in 10 pagine, è legata, tra i vari motivi, anche al fatto che Snai dopo la chiusura della struttura di via dei Piccolomini, all’epoca promise, e in effetti oggi è così, la riapertura del Trotto nella pista Maura. Ma è trotto dimesso, e spettacolo al ribasso. Nel frattempo, Snai ha presentato un’istanza per introdurre una variante al Pgt e rendere edificabili 97 mila metri quadrati equivalenti a 290 mila metri cubi. Per questo i terreni del trotto oggi valgono una fortuna.
Allo sfregio del mattone ci sarebbe una soluzione mediana. Quella di affidare a Inter e Milan il progetto di trasformare la struttura nel cosiddetto “quarto anello”, allestendo all'interno ristoranti e negozi in stile inglese. Le “milanesi” però nicchiano. Il sindaco Beppe Sala, interista conclamato, ha più volte ribadito la volontà di seguire questa strada. Solo parole. Perché, nella realtà, l'assenza del vincolo paesaggistico rende difficoltosa questa opzione. I terreni, così com’è la situazione oggi, sono un tesoro inestimabile. Eppure ancora, da questa parte abusivo, tra la pista e il “tondino”, sembra di risentirle le parole dello speaker di quel 1999, 14 novembre, serata fredda, luci e nebbia. Varenne primo al traguardo. “La gente in pista – sono quelle di allora –, San Siro che salta, le braccia al cielo, e tutta Milano che esplode”. Quattro colpi di escavatore sul piazzale del Meazza bastano a riportati dentro a questo luglio bollente. Di fronte al dissesto di un pezzo di cuore milanese.
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