Fra i tanti punti oscuri di questa operazione, decisa da un'amministrazione in dismissione, quello più macroscopicamente pericoloso è la durata della concessione: 20 anni sono un'era geologica per un'area urbana. Significa che per una generazione l'amministrazione pubblica non si occuperà più di questi spazi, delegati in toto al privato cui si richiedono ben poche garanzie sul piano culturale: nel bando non si parla affatto di meccanismi di verifica e monitoraggio, nonostante si tratti di attività complesse e assai diverse fra di loro per tipologia, per le quali il bando prevede infatti la possibilità di subappalti.
Anzi, l'unica possibilità di rinegoziazione del contratto è esplicitamente prevista solo in ampliamento, con l'inserimento, nell'area in concessione anche dell'ex Albergo della Catena a fronte di "eventuali finanziamenti derivanti da mecenatismo e/o sponsorizzazioni". Tradotto: l'unico elemento di riscontro sono i soldi, in cambio dei quali il diritto a "sfruttare economicamente" (sic) l'area è completo e, come sembra dal bando, senza controlli. Quest'ultimo colpo di coda della giunta Alemanno si inserisce perfettamente in quella politica di privatizzazione progressiva degli spazi pubblici e del patrimonio culturale che caratterizza l'attuale fase di governo a livello nazionale e locale.
Se a Firenze, come denuncia oggi Tomaso Montanari, la Soprintendente (statale) ha approntato il suo tariffario per la "concessione in uso dei beni culturali per eventi", includendo tali beni gli Uffizi, Palazzo Pitti e giardino di Boboli, di ieri è la notizia, sui giornali siciliani, dell'affitto del Tempio di Segesta per 'eventi' di qualsiasi tipo alla Modica cifra di 5.000 euro. Prezzo da saldo, considerato che comprende la possibilità di usare il piazzale dell'ex stazione ferroviaria come eliporto per gli ospiti dell'evento, come già accaduto lo scorso 20 giugno, per una cena a lume di candela che ha comportato, quale quisquilia collaterale, la mancata illuminazione notturna del tempio. È certo che le risorse economiche disponibili per il nostro patrimonio culturale siano poche e mal distribuite, ma è altrettanto certo che con queste svendite di fine stagione non riusciremo a colmare i buchi di bilancio, ma solo a proporci come un paese straccione disponibile a qualsiasi compromesso al ribasso.
Il sindaco Marino ha ora una possibilità fantastica di dimostrare nei fatti l'assoluta discontinuità con la giunta precedente: blocchi quel bando quale primo passo di un'autentica politica culturale che serva di esempio ai colleghi facilmente seducibili dal fascino del glamour rosso Ferrari e alla dirigenza del Mibac che ha ormai smarrito il senso della propria funzione.
L'articolo è pubblicato contemporanamente su L'Unità on-line, blog "nessundorma"