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La proposta dei sindaci della Città metropolitana ai 90 somali che occupavano il capannone-rifugio a Sesto Fiorentino dove dieci giorni fa in un incendio è morto il loro connazionale Alì Muse Mohamud, 44 anni, resta la stessa prospettata subito dopo il rogo: sì all’ospitalità, «suddivisi in gruppi nei vari comuni, per tre mesi. L’idea che devono stare tutti insieme in una struttura è una proposta irricevibile».
Lo ha detto il sindaco della Città metropolitana Dario Nardella al termine di un tavolo tecnico convocato dal prefetto Alessio Giuffrida, dopo l’occupazione da parte dei somali stessi di un edificio di proprietà dei Gesuiti in via Spaventa a Firenze.
«La differenza della proposta, rispetto a quella presentata pochi giorni fa, sta nel fatto che questa arriva da un tavolo al quale tutti i comuni erano presenti, con il supporto del prefetto che ringrazio – ha proseguito Nardella -. Tutti sono disponibili ad ospitare alcuni di loro, ma occorre rispettare le regole e tutto deve avvenire in piena legalità: nessuno può pensare di occupare perchè noi non facciamo disparità e sarebbe ingiusto, per tutti gli italiani e gli altri migranti che aspettano una casa ma non per questo occupano, un trattamento diverso. Ci aspettiamo da loro il rispetto delle regole».
Un riferimento esplicito al fatto che dopo il rogo il gruppo rifiutò la proposta di una suddivisione chiedendo una soluzione definitiva comune per tutti. Al rifiuto degli enti locali i somali, in gran parte richiedenti asilo o già da tempo in Italia con lo status di profughi, insieme al Movimento di lotta per la casa ha occupato tre giorni fa l’edificio dei Gesuiti.
Il sindaco Nardella ha quindi spiegato che entro martedì tutti i Comuni presenteranno la loro proposta. «E’ importante – ha detto – anche il fatto che questa volta ci sia un impegno concreto della Regione Toscana che si è dichiarata disponibile a dare un contributo economico ai Comuni e ha messo a disposizione tre moduli, tre casette, per un totale di 20 posti».
A proposito dell’eventuale sgombero dell’edificio di via Spaventa, sia Nardella sia il prefetto hanno ricordato che deve esserci una denuncia da parte della proprietà, cioè della Compagnia di Gesù: lo stabile è in vendita ormai da tempo. Per il momento i gesuiti sembrano voler tentare la via del dialogo con gli occupanti anche se per il sindaco della Città metropolitana la proposta di una suddivisione dei 90 ospiti in tutti i comuni dell’area dovrebbe essere una risposta che favorisce pure i gesuiti.
«Nessun comune potrebbe ospitarli tutti insieme e, tanto meno, farlo all’infinito. Qual è la situazione dell’emergenza casa – ha concluso il primo cittadino – credo sia abbastanza evidente a tutti».
postilla
Forse quei sindaci pensano di essere accoglienti e "umanitari", ma sembra – da quanto si comprende – che sfugga loro la comprensione di un aspetto decisivo per affrontare con decenza e civiltà problemi di questo genere. In quel capannone si è formata una comunità di molte decine di persone, fuggite dagli inferni che non da loro sono stati creati; persone che hanno trovato approdo precario in una regione sconosciuta. La loro unica forza è negli elementi della loro identtà di somali costretti alla fuga, nello stare insieme, in nome e in ragione delle loro comuni origini e destini. Con questa comunità occorre trattare, magari suddividendoli in nuclei ma concordando con loro le soluzioni possibili. Insomma, bisogna trattarli come persone, non biglie. E persone dotate di legami, più o meno profonde, con altre dello stesso insieme.