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Riparte l’Onda, la polizia blocca
19 Marzo 2009
Articoli del 2009
Due articoli di Gabriele Polo e di Stefano Milani, da il manifesto del 19 marzo 2009, sugli eventi all’università la Sapienza di Roma, e una postilla

Piccole enormità

di Gabriele Polo

Per via amministrativa si può cambiare il mondo. In peggio. E' un divieto «amministrativo» - prodotto del protocollo che a Roma regolamenta i cortei - quello che ieri ha impedito agli studenti della Sapienza di uscire dalla loro Università per unirsi alla manifestazione della Cgil contro i tagli alla scuola e alla ricerca. Solerti dirigenti di polizia hanno impartito l'ordine, precisi uomini in divisa l'hanno eseguito. Picchiando un po', sequestrando tutti.

Non è successo nulla di anomalo rispetto all'esistente, semplice applicazione di una politica rinchiudente, quella che smorza e impedisce ogni slancio pubblico, ogni tentativo di partecipazione che vada oltre la digitazione del telecomando. Ogni fantasia. Concordemente con lo stato depressivo del paese. Talmente depressivo che persino chi lo guida si dice un po' schifato da ciò che fa. Ma, poi, continua a farlo.

Fossimo un po' meno abituati a questa routine diremmo che ieri a Roma è successo un fatto enorme, per quanto in dimensioni ridotte. Perché se la libertà è appesa agli atti amministrativi - ai protocolli sul traffico - essa non esiste più. Soprattutto se ciò che ieri è avvenuto alla Sapienza si colloca in continuità con quel che è successo a Bologna e Pisa ad altri studenti o agli operai di Pomigliano.

«Statevene a casa», in buon ordine, o - al massimo - «fate solo ciò che vi dicono di fare»: il messaggio che arriva è chiaro quanto cieco, visto ciò che sta accadendo nel mondo giovanile e studentesco in tutta Europa. E' un messaggio che si colloca nel solco di Genova 2001 ed è solo un problema di «quantità» se viene trasmesso in modo meno violento. La qualità è la stessa. Con la differenza che ormai siamo all'ordinaria amministrazione. Per questo è peggio.

Tolleranza zero per l'Onda

di Stefano Milani

L'Onda è tornata ed evidentemente fa paura. D'altra parte il premier Berlusconi l'aveva promesso lo scorso autunno, nel culmine del dissenso studentesco: «Manderò la polizia nelle università». Detto fatto. Così quello che doveva essere il ritorno dell'esercito del surf contro i tagli all'istruzione del trio Gelmini-Tremonti-Brunetta, è diventato lo spunto per mettere in pratica la linea dura del governo. La politica del manganello e del «da qui non si passa».

Succede a Roma, alla Sapienza, nella più grande università pubblica d'Europa. Cinquecento studenti caricati e sequestrati per ore all'interno della cittadella, intimati a non mettere naso fuori dalle mura accademiche, proprio nel giorno dello sciopero della conoscenza indetto dalla Flc-Cgil. L'idea era di uscire in corteo, arrivare fin sotto il ministero dell'Economia e confluire nel sit-in sindacale a piazza SS. Apostoli. Ma niente, la strada dell'Onda è sbarrata. Piazzale Aldo Moro, via dell'Università, via Cesare De Lollis, via Regina Margherita: ogni varco del quadrilatero universitario è off-limit, presidiato da polizia, carabinieri e guardia di finanza. Caschi, scudi e manganelli. Perfino i vigili urbani a dare un mano come possono, con palette e fischietti. «Correte stanno uscendo dalla parte delle segreterie...», grida un pizzardone ad un funzionario della celere.

Ma i caschi blu non si limitano a presidiare. Caricano. E più volte. La prima all'entrata principale di piazzale Aldo Moro, poi in quelle laterali. «Qui non si passa», intima un funzionario di polizia: «Il vostro non è un corteo autorizzato». La nuova politica del sindaco Alemanno ha già fatto scuola, il protocollo appena siglato sulla di restrizione dei percorsi dei cortei a Roma è preso alla lettera. Così le manganellate si sprecano. «Mi hanno circondato in quattro e picchiato con il manganello girato (come documenta la foto qui accanto, ndr.)», denuncia Emanuele mostrando i segni rossi sulla schiena e su un gomito. «Restiamo calmi, non cadiamo nelle loro provocazioni», grida qualcuno. L'«arma» studentesca rimane la parola, urlata e amplificata dal megafono: «Vogliamo andare nelle nostre strade: libertà di movimento». Ma niente «da qui non si passa», ribadisce il brigadiere dei carabinieri di turno sghignazzando.

I minuti passano e le parole lasciano spazio al lancio di giornali appallottolati, bottiglie, scarpe. Tante scarpe. Come hanno fatto gli universitari francesi contro i loro ministeri e come ha fatto il giornalista iracheno contro Bush. Le volevano gettare all'indirizzo del ministero dell'Economia, ma visto l'impedimento ad uscire in strada il tiro a segno è tutto contro i celerini. Al secondo tentativo di forzare i blocchi, arrivano a rinforzo gli agenti della guardia di finanza ed effettuano una nuova carica. Di «alleggerimento», diranno poi. Una «leggerezza» che manda sei ragazzi al pronto soccorso. A quel punto la tensione sale. Inevitabilmente. E oltre le scarpe, vola anche qualche sampietrino, accompagnato dallo slogan «Roma libera! Roma libera». All'interno della città universitaria, intanto, non c'è più un corteo unico, ma tanti gruppi, dieci-quindici persone che corrono da un lato all'altro, passando di facoltà in facoltà alla ricerca di una via d'uscita. Chi prova a «sfondare», davanti all'entrata di Antropologia, subisce un'altra carica, la terza. «Siamo sequestrati», urlano dal megafono. Fuori non si esce e allora qualcuno lancia la proposta: «Occupiamo il Rettorato». Ma anche lì le porte vengono prontamente serrate.

È mezzogiorno quando l'Onda si ricompatta. I ragazzi si ritrovano sotto la statua della Minerva, nel luogo da dove erano partiti due ore prima. «Bisogna parlare, bisogna denunciare quanto è accaduto», i vari leader dei collettivi si affrettano ad organizzare un'assemblea a Lettere. Il giudizio sulla giornata è pesante: «Siamo entrati in una nuova era, oggi possiamo dirlo con chiarezza, senza equivoci - si legge nel comunicato dei collettivi - La recessione è realtà concreta, il governo non ha dubbi: polizia contro gli studenti, polizia contro chi dissente, polizia e cariche contro chi la crisi non vuole pagarla! La mattinata della Sapienza ci parla di questo, ci parla del vuoto di democrazia che riguarda questo paese e la città di Roma, con il suo protocollo contro i cortei». E assicurano: «Non finisce qui». Ma non è una minaccia, bensì la consapevolezza che «l'Onda è tornata».

Postilla

Mentre nelle scuole elementari si stanno raccogliendo decine di migliaia di firme contro la riforma Gelmini, dall’università riparte l’Onda, bloccata dalla polizia in attuazione delle norme repressive di Alemanno, longa manus di Berlusconi. Chiudere gli spazi pubblici della città al dissenso è un’operazione perversa su entrambi i fronti: quello della società, nella quale il dissenso è la condizione della democrazia, e nella città, la quale è il luogo dell’espressione delle esigenze, delle passioni, dei consensi e dei dissensi - di tutto ciò insomma che costituisce la vita della società.

L’augurio è che l’Onda trovi le vie per proseguire e contribuire al cammino contro le mille aggressioni al bene comune che vengono compiute. Sarebbe bello se la protesta degli universitari si esprimesse anche nel chiarire a tutti i cittadini il merito delle scelte sbagliate dei governi, e nello spiegare i rischi e i danni che quelle scelte comportano per tutti. Per esempio, se gli studenti di urbanistica, architettura, ingegneria scendessero a spiegare, nelle strade e nelle piazze, nelle fabbriche e nei mercati, nelle discoteche e, fra poco, sulle spiagge, perché il Piano Casa dei berluscones distrugge quel che resta del Belpaese?

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