E' giusto che il governo si preoccupi dei comuni. Ma sarebbe ancora più giusto che si occupasse dei rifugiati non solo come balle di rifiuti da sistemare qui e là, ma come persone, magari avvalendosi delle esperienze che comuni virtuosi stanno praticando da tempo. La Repubblica
, 20 settembre 2016
«Togliere ai grandi, per dare ai piccoli». Al Viminale il nuovo Piano nazionale d’accoglienza lo sintetizzano così: «Alleggeriremo le metropoli, come Roma e Milano, pretendendo che tutti, anche i paesi più piccoli, facciano il loro». Le nuove quote promettono infatti di rivoluzionare la distribuzione dei migranti. Nessuno sarà escluso.
I comuni verranno divisi in tre gruppi: quelli fino ai 2.000 abitanti, con più di 2.000 abitanti e città metropolitane. Le quote? Massimo 5 migranti per i primi, 2,5 ogni mille abitanti per i secondi, “solo” 1,5 profughi ogni mille residenti per i comuni metropolitani. Chi collaborerà verrà premiato con deroghe al blocco delle assunzioni e 50 centesimi giornalieri per ogni richiedente asilo ospitato.
Il nuovo piano è stato discusso il 6 settembre scorso al Viminale tra il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, il presidente dell’Anci, Piero Fassino, il capo della Polizia, Franco Gabrielli e il capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione, Mario Morcone. Il documento ancora non è stato “firmato” dai comuni italiani, ma la bozza già circola al ministero e vuole essere una prima risposta a chi chiede (come ha fatto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ieri su Repubblica) «un’equa distribuzione sul territorio dei profughi».
Oggi infatti la rete d’accoglienza italiana è al limite. I numeri sono tutti da record: al 19 settembre sono sbarcati 130.561 migranti (il 5,53% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), i minori stranieri non accompagnati sono ben 16.611 (in tutto il 2015 non avevano superato i 12.360) e i migranti ospitati in strutture temporanee e centri governativi sono schizzati a 158.479 (l’anno scorso erano stati 103mila). A fare di più sono oggi Lombardia (20.843 migranti accolti), Sicilia (14.189), Lazio (12.874), Veneto (12.211), Piemonte (12.350) e Campania (12.089). Ma ora tutti dovranno rimboccarsi le maniche. Il nuovo piano prevede infatti un «sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati diffuso sull’intero territorio nazionale, che garantisca una ripartizione equilibrata».
Tutti saranno coinvolti. Anche i piccoli centri.
«Oggi in Italia su 8.200 comuni – spiega Christopher Hein, consigliere strategico del Cir (Consiglio italiano rifugiati) – solo poco più di 500 partecipano al piano per l’accoglienza». Cosa cambierà? Le future quote prevedono 2,5 migranti ogni mille abitanti, differenziando i comuni in tre gruppi: fino a 2.000 abitanti, con più di 2.000 e città metropolitane. Nel primo caso il massimo di profughi assegnati sarà di 5. Non è l’unica novità. Per alleggerire il peso sulle grandi città, già in prima linea nell’accoglienza, si prevede uno “sconto” per i 15 comuni metropolitani: la loro quota scende infatti a 1,5 rifugiati ogni mille abitanti. Certo, ogni città volendo potrà fare di più, ma solo su base volontaria.
Il nuovo piano prevede anche una serie di incentivi. I comuni potranno aderire volontariamente allo Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo, gestito da Viminale e Anci), altrimenti continueranno a subire i trasferimenti gestiti direttamente dai prefetti. Non solo. Nella prossima legge di bilancio si cercherà di prevedere per i comuni che aderiranno allo Sprar una deroga al patto di stabilità interno, per procedere così a nuove assunzioni necessarie a gestire l’accoglienza. E ancora: ogni comune incasserà 50 centesimi al giorno a migrante a fondo perduto, soldi che saranno tolti dai 2,5 euro che ogni richiedente asilo riceve per le proprie spese personali. «Quello che è essenziale alla riuscita del nuovo piano – spiegano al Viminale – è l’accordo con il maggior numero possibile di enti locali. Altrimenti tutto rischia di saltare».
Altra partita in corso nel governo è l’istituzione di una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio, che coordini i vari interventi in materia d’accoglienza, rimpatri e accordi coi Paesi d’origine dei migranti. Insomma, un pool che metta assieme i tanti ministeri competenti. I primi incontri già ci sono stati. Ma, avvertono dal Viminale, quest’ultima “rivoluzione” «non è ancora formalizzata».