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Michele Serra
Razzismo di routine
16 Gennaio 2009
Articoli del 2009
L’episodio di Parma ci parla di un clima di barbarie ancora più grave perché spesso incompreso nella sua gravità. Da la Repubblica, 16 gennaio 2009 (m.p.g.)

Documentare una bravata: di solito sono i ragazzini a farlo, e la rete pullula di questo genere di vanterie piccine e tristi.

Questa volta è un gruppo di adulti, per ragioni davvero non facili da capire, a dare di sé una così scadente testimonianza. Pubblici ufficiali, polizia municipale di Parma. E il ragazzino non è l’attore ma appena un oggetto di scena: neanche un trofeo da mostrare all’obiettivo, piuttosto un reperto da archiviare.

Scomodare Abu Ghraib e altri luoghi di tortura organizzata e cosciente è decisamente troppo. Non torture, non l’efferato dominio fisico e psicologico su un essere umano istituzionalmente assoggettato. A partire dall’espressione tranquilla dell´uomo bianco, e di quella rassegnata del ragazzo nero, si capisce che questa - purtroppo - è routine. È il normale pregiudizio, la normale discriminazione, il normale incidente. È avere trovato il ragazzo africano Emmanuel in un giardino pubblico e avere pensato ciò che non si sarebbe mai pensato di un ragazzo bianco: sarà certamente uno spacciatore o un poco di buono, comunque qualcuno da tenere a bada. È non avere creduto a quello che diceva, avere preso le sue parole per niente, averlo portato "al sicuro" e pestato quel tanto che basta per fargli capire chi comanda e chi obbedisce. È mostrarlo all’obiettivo di un collega per sancire non si sa quale diritto di dominio su uno che non aveva fatto un bel nulla ma, in quanto nero, potrebbe averlo fatto o potrebbe farlo in futuro. È - soprattutto - la totale incoscienza di stare attuando un sopruso, e di farlo, come dice l’accusa, con l’aggravante del pregiudizio razziale: anch’esso certamente non compreso, forse neppure adesso, da quei vigili urbani di una città ricca e tutto sommato tranquilla, non una banlieu ribollente, non un sobborgo americano dove da generazioni il colore della pelle è ragione di antagonismo e di acredine.

Il razzismo in Italia c’è. Nonostante le affettate oppure distratte ragioni di chi lo nega, c’è. Non è organizzato e non conclamato, anche se alcuni sintomi politici già ci sono. È nel localismo meschino e ringhioso. È nella diffidenza per lo straniero, che intorbida lo sguardo e predispone alla discriminazione. È nell’impreparazione di troppi uomini dello Stato, spesso i più vicini alla strada, che nell’ansia di fare ordine rischiano di ottenere quel supremo disordine che è la negazione dei diritti. È in questa fotografia, che espone su una scrivania il "negro" catturato come il pescatore che mostra il pesce, che ritrae la "scimmia" (così una voce demente lo apostrofò, quella sera del 29 settembre) domata con un paio di schiaffoni.

Troppi commenti (anche sul sito del nostro giornale) si accaniscono con eccessiva virulenza contro il gruppo di vigili di Parma - quattro dei quali agli arresti domiciliari - finiti nei pasticci soprattutto grazie alla indignata e coraggiosa reazione del padre di Emmanuel, un operaio che di "marginale" o "deviante" non ha proprio nulla. Un lavoratore giustamente infuriato per una soperchieria inflitta a un figlio innocente. Quei vigili, lavoratori anche loro, vanno puniti ma non insultati, ricondotti alla legge ma non maledetti. Si sono comportati molto male, ma sono anch’essi vittime di un deterioramento ambientale che è il vero imputato di questa e altre brutte storie. Sono vittime della paura sociale, dell’ignoranza ottenebrante sulla quale soffia la demagogia razzista. Vanno aiutati a capire il loro errore, che non è veniale, che è mortale per il diritto: avere obbedito al pregiudizio razziale anziché al solo criterio che governa un paese libero e civile, che è quello della responsabilità personale. Emmanuel è una persona, non una particola in sé insignificante di quel vago insieme che chiamiamo "stranieri" o "immigrati" o "neri". Basterebbe che capissero questo, il fotografato e il fotografo: Emmanuel è una persona. E cambierebbe, decisamente in meglio, il loro punto di vista su quanto di brutto è accaduto a Emmanuel, e per fortuna anche a loro.

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