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Rapporto Legambiente: «Il terzo ponte sul Po non s'ha da fare»
31 Luglio 2011
Padania
Da Il Piacenza, 28 luglio 2011, una puntuale descrizione (giustamente assai critica) del discutibile progetto di collegamento autostradale a ridosso del centro di Cremona con postilla (f.b.)

É stato presentato il 28 luglio a Bologna il Rapporto di Legambiente Emilia Romagna sulle infrastrutture. Il documento ha voluto mettere in fila le principali infrastrutture stradali previste in regione, mostrandone i limiti e gli impatti che porteranno.Nella Regione Emilia Romagna, i livelli di inquinamento sono quelli comuni a tutto il bacino padano (tra le regioni più inquinate del mondo)e il numero di auto per abitante è superiore alla media nazionale; l’Osservatorio Nazionale per il Consumo di Suolo (ONCS) ha stimato che in Emilia Romagna dal 1975 ad oggi si è costruito con un ritmo di 8 ettari al giorno. Pur in questa situazione, le principali opere in programma a scala regionale e provinciale sono nuove autostrade, tangenziali, strade provinciali.

Il comune denominatore di buona parte delle infrastrutture analizzate è quello di incentivare ulteriormente il traffico su gomma, secondo una logica vecchia, e di non prendere in considerazione alternative valide.

TERZO PONTE SUL PO: LE VALUTAZIONI DI LEGAMBIENTE

L'intervento consiste in un nuovo collegamento autostradale tra il casello di Castelvetro Piacentino e la SS 10 Padana inferiore, con attraversamento del fiume Po e collegamento con il porto interno di Cremona, ed opere connesse. In territorio emiliano le opere prevedono la realizzazione di un nuovo casello a Castelvetro, un raccordo autostradale con la SS 10 e la SS 234, con un nuovo ponte sul Po.

Così si legge nel rapporto sulle infrastrutture in Emilia Romagna: «Da uno studio interdisciplinare realizzato da autorevoli docenti ed esperti (in ecologia, botanica, pianificazione del territorio, urbanistica, architettura, estetica, conservazione della natura, tecnica e pianificazione urbanistica, scienze della terra e tossicologia degli inquinanti ambientali), si evince che il progetto del Terzo Ponte è in contraddizione con le scelte di sostenibilità ambientale, sociale ed economica che devono caratterizzare un futuro sostenibile».

«Il progetto ha ottenuto il via alla Valutazione di Impatto Ambientale ed è stato ripubblicato il 31/03/2010. Ma lo stesso (così come il Decreto VIA) ha recepito ben poco del parere della Regione Emilia Romagna, ovvero un documento di 53 pagine fitto di osservazioni. Tra i suoi punti deboli il progetto definitivo non ha preso in considerazione diverse alternative progettuali molto meno costose ed impattanti e non prende in considerazione il calo di flussi di traffico pesante del 7,5% nel biennio 2008-2009 e conseguentemente l’effettiva necessità dell’opera.

Per quanto riguarda il contesto ambientale e gli impatti si riscontra: sottrazione di suolo (quasi 300 ettari di aree golenali, zone agricole di pregio ed aziende agricole), con frazionamento ed inutilizzabilità delle aree agricole; forte impatto su tre aree Natura 2000 (SIC e ZPS), frammentazione di 1000 ettari di habitat di riproduzione, possibile impatto su numerosi animali tutelati; attraversamento di una zona di industrie a rischio di incidente rilevante; aumento dell’inquinamento dell'aria di Castelvetro poiché cinturato completamente dall'autostrada.

Esistono diverse possibili ipotesi alternative al terzo ponte, meno costose ed impattanti, fondate su premesse fondamentali quali l'intangibilità del comprensorio golenale a cavallo del Po, l'uso urbano del ponte in ferro esclusivamente per il traffico automobilistico leggero e il trasferimento di tutto il traffico pesante sulle circonvallazioni e sull’autostrada:

1. Chiusura del casello autostradale di Castelvetro piacentino, che ha dimostrato nei suoi oltre trent'anni una bassa utilità per il territorio emiliano (nessun insediamento produttivo sul territorio in funzione della sua presenza) a fronte di un esclusivo interesse per l'area lombarda. Mentre aree come quelle di Piacenza e dei Comuni di Caorso e Monticelli d'Ongina, hanno evidenziato lo sviluppo esponenziale, per quanto discutibile, di insediamenti a vocazione logistica a fronte di nessun simile insediamento in Castelvetro.

2. Liberalizzazione completa del tratto tra i caselli autostradali di Castelvetro e Cremona in entrambi i sensi in modo che diventi una superstrada senza pedaggio e praticabile come viabilità ordinaria, da rendere comunque in ogni modo obbligatoria per i mezzi pesanti che attraversano il Po. Il difetto di tale proposta è quello di presentare un percorso più lungo per i mezzi che devono raggiungere da sud la zona industriale, ma di certo è la soluzione più rapida, meno costosa e meno impattante per le aree ecologicamente pregiate presenti lungo il grande fiume.

3. Realizzazione della “Gronda nord”. L'accettazione del ruolo di questa direttrice dipende, oltre che da motivazioni derivabili dalla lettura dell'assetto infrastrutturale del comprensorio di Cremona, da giustificazioni sull'opportunità di raccogliere in questa posizione tutti i principali flussi est-ovest che attraversano l'area cremonese. Il tracciato dovrà svilupparsi in modo da assolvere a funzioni di scorrimento del traffico a livello comprensoriale e regionale, collegando le principali funzioni integrative della città

4. Sfruttamento della viabilità esistente e ponti sul Po già in uso. Si tratta di un itinerario raggiungibile dalla A21 attraverso il posizionamento di un nuovo casello o utilizzando quello di Caorso. Per la funzionalità piena di questo nuovo percorso sono necessari interventi meno impegnativi e meno costosi della realizzazione del terzo ponte e comunque molto meno impattanti sul territorio.

postilla

Questo sito ha già ricevuto a proposito del "terzo ponte" di Cremona memorie tecniche dettagliate in cui si spiega, sia in una prospettiva di mobilità a scala sovraregionale, che di area urbana, e ovviamente di tutela ambientale, quanto sia schematica, autoreferenziale, sostanzialmente arbitraria, la soluzione.

L'articolo che proponiamo ora riassume in breve più o meno le stesse motivazioni, ovvero che è possibile ottenere i medesimi risultati in termini di risposta alle esigenze di mobilità, accessibilità, e anche sviluppo, con una soluzione "sistematica" anziché puntando alla solita grande opera.

Possiamo sicuramente aggiungere almeno due considerazioni, la prima oggettiva e la seconda assai soggettiva, ma di una "soggettività" che crediamo coinvolga parecchie persone, abitanti e utenti della città e del fiume.

La prima è che il classico modello ad anello di tangenziali, caro ad un certo approccio meccanicistico allo sviluppo urbano, ha storicamente e puntualmente generato, più prima che poi, la crescita informe di insediamenti nota come sprawl, che in un territorio agricolo e naturale come quello cremonese e di Castelvetro a cavallo del fiume pare davvero del tutto incongruo. Questo anche se non fosse conclamato l'elevato valore naturalistico delle sponde interessate.

La seconda vorrei proporla semplicemente con due foto, e invitando i lettori a immaginarsi il resto. Quella "prima della cura" è uno scatto della sponda meridionale, in comune di Castelvetro, più o meno dove si propone l'attraversamento del terzo ponte. Quella "dopo la cura" è l'attuale scavalcamento della A21, un chilometro circa più a valle, vista dal parco urbano cremonese di sponda. Premetto che non ho alcun rapporto diretto e quotidiano con quei posti, abito a Milano e nessuno mi ha mai incaricato di studiare alcunché da quelle parti. Gli scatti sono del tutto casuali, uno del 2011, uno del 2008. Grazie per l'attenzione (f.b.)


foto di f. bottini - estate 2011

foto di f. bottini - estate 2008

per ulteriori informazioni e altre immagini vedi QUESTOsito - il citato Rapporto Legambiente con le critiche alle altre opere inutili in Emilia Romagna è scaricabile direttamente qui di seguito

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