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Rossana Rossanda
Ragioniamo se ci riesce
17 Agosto 2005
Articoli del 2004
Sacrosanto invito a un atteggiamento radicalmente diverso da quello corrente, la cui volgarità intellettuale sconcerta e fa dubitare della possibilità di un futuro decente. Da il manifesto del 12 settembre 2004

Ragioniamo se ci riesce

Sacrosanto invito a un atteggiamento radicalmente diverso da quello corrente, la cui volgarità intellettuale sconcerta e fa dubitare della possibilità di un futuro decente. Da il manifesto del 12 settembre 2004

Fra i disastrosi effetti del terrorismo, è la messa in mora della ragione. La sua propria, perché perde sempre, e quella nostra. In Italia ormai si delira. Farsi domande, come buon senso comanda, sulle differenze dei terrorismi e le loro origini politiche e sociali, sembra che sia bestemmiare. Dubitare che esista una centrale terroristica internazionale e chiedersi perché i terrorismi siano sciamati nel Medio Oriente dopo la guerra del Golfo e si siano moltiplicati con quella dell'Iraq, sembra che sia giustificarli. Osservare che il fondamentalismo armato è indirizzato soprattutto a egemonizzare il mondo musulmano dopo la sconfitta dei nazionalismi laici e parla alla miseria dei diseredati dalle monarchie che chiamiamo «moderate», sarebbe un ignobile diversivo. Scrivere che con il Patriot Act la democrazia americana affonda e che la teoria e la pratica della guerra preventiva di Bush (che oggi Putin tenta di imitare) alimentano i terrorismi invece che distruggerli, sarebbe approvare Osama Bin Laden. Dire che non è terrorismo ma azione di resistenza attaccare un presidio della coalizione occupante o far saltare un pozzo di petrolio, dimostrerebbe un'ambiguità della sinistra. E sussurrare che chi si fodera di esplosivo per far saltare se stesso e altri inermi deve essere orribilmente disperato, e interrogarsi se non ci sia qualche responsabilità anche nostra per essere arrivati a tali abissi, sarebbe imperdonabile.

Ma come mettere in atto delle politiche invece che delle armi verso l'enorme mondo musulmano che abbiamo accanto, senza farsi queste domande? Eppure non se le fanno che alcuni gruppi di volontari e qualche centro religioso - il resto del paese è sommerso da esecrazioni, approssimazioni e una vociferazione razzista come poche altre volte abbiamo conosciuto. Davanti al sequestro e all'omicidio di Enzo Baldoni e al sequestro a Baghdad delle due coraggiose Simone c'è una reazione bellissima della gente normale, generosa come loro; grandi cortei sfilano con le candele dicendo: «ragioniamo, fermiamo le armi, parliamo». Non possono fare altro.

Ma il governo non li ascolta. Non fa che moltiplicare gli errori: non ha saputo difendere i suoi cittadini migliori in Iraq, e riceve con onore il Quisling iracheno. Né esso né la coalizione occupante sanno nulla di chi si agita nel caos di un paese del quale lo stesso Bush ammette di aver perduto il controllo. Nulla sanno i servizi, che sarebbero pagati per saperlo: nessuno si è accorto che un grosso gruppo armato stava bloccato la sede delle ong al centro di Baghdad, né pare in grado di trovare le tracce che pur deve avere lasciato. Signor presidente della Repubblica, come si può dire che stiamo in Iraq per preservare la pace se i nostri uomini non sono in grado neppure di proteggere discretamente gli italiani che lavorano per la pace sul serio?

Sono convinta che davanti a un sequestro bisogna dare priorità al riscatto degli ostaggi. Non penso che si abbia diritto di non trattare quando vi sono di mezzo delle vittime terze: il governo cerchi chi detiene i suoi cittadini e tratti finché questi non sono liberati; almeno servirà per conoscere chi sono. Se c'è un altro mezzo, lo dica. Se no, vuol dire che fa solo parole, come quella disgraziata uscita: «amici del governo iracheno, liberate dalle vostre galere coloro che detenete ingiustamente». Vorrei anche vedere che gli consigliassimo di tenerle dentro innocenti.

Temo che il governo nulla faccia di quel che riteniamo giusto. Ma non mi piace la bassa polemica contro chi nell'opposizione ha ritenuto giusto di far fronte comune per ottenere un riscatto. La diversità del giudizio politico è una cosa, l'acredine e la litigiosità di cui la sinistra radicale dà prova ad ogni occasione sgomenta. E rischia di farci perdere le elezioni del 2005. Senza vincere le quali non ci sarà nessun Zapatero capace di ritirare il nostro contingente dall'Iraq, sola e tardiva via d'uscita dalla impresa sconsiderata e crudele nella quale siamo stati messi.

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