Intervista a Marco Martiniello, docente di sociologia a Liegi, esperto di multiculturalità. «Non tutti gli esclusi seguono la via del radicalismo, o passano alla violenza. Si può vivere pacificamente nel proprio estremismo». Il manifesto, 20 marzo 2016
«La radicalizzazione come perdita di senso di questa società materialista». Le ragioni della radicalizzazione vanno cercate nella storia migratoria delle varie comunità che compongono il tessuto sociale della società belga. Scopriremmo così che ci sono alcune comunità, come quella marocchina, più sensibile e vulnerabile di altre, ai fenomeni della radicalizzazione di stampo religioso. Secondo Marco Martiniello, passaporto italiano ma nato e cresciuto in Belgio, le ragioni di questi fenomeni vanno cercate anche nella perdita di senso della nostra società, votata al materialismo. Professore di sociologia all’Università di Liegi, esperto di politiche migratorie e delle tematiche legate ai fenomeni di razzismo e della multiculturalità, ha vissuto dieci anni nel quartiere di Molenbeek, di cui ne conosce il tessuto sociale e culturale.
Cos’è il radicalismo in una società multiculturale?
Abbiamo tanti esempi di radicalismo, come nel campo del tifo calcistico. Oggi lo vediamo associato all’islam, ma c’è anche un radicalismo cattolico, un radicalismo politico di estrema destra. Lo abbiamo visto in Francia e lo vediamo in Belgio, con esponenti di governo dichiaratamente fascisti. Parliamo di radicalismo quando si portano agli estremi la propria fede o la propria identità e il sentimento di appartenenza ad un gruppo.
Esiste un problema di identità nella società belga?
Nella storia del Belgio la costruzione dell’identità è sempre stata problematica. Con le ondate migratorie degli ultimi decenni, Bruxelles conta 150 nazionalità diverse, la questione si è complicata. Chi è arrivato qui ha dovuto fare i conti con un panorama identitario frammentato, che contrappone fiamminghi e walloni, all’interno del quale non ha trovato mezzi per potersi esprimere. Forse addirittura la costruzione identitaria nazionale belga si è costruita in opposizione agli immigrati. La questione è poi esplosa negli anni ’80, con la vittoria alle elezioni locali del Vlaams Blok, formazione di estrema destra, che ha politicizzato la questione dell’integrazione. Forse in questi episodi di discriminazione che vanno cercate le ragioni che spinge un giovane oggi al radicalismo.
Cosa spinge quindi un giovane belga-marocchino, che è belga prima che essere marocchino, a partire per un Paese come la Siria?
La spiegazione è complessa. C’è un panorama globale fatto di guerre, come quella siriana, c’è un sentimento di mancata appartenenza per una fascia della popolazione che è nata e cresciuta qui, c’è poi un oggettivo razzismo. Ma tutto ciò non basta a spiegare questi fenomeni e del perché in una famiglia un fratello parta in Siria, ed un altro lavora nell’amministrazione pubblica. Dobbiamo forse focalizzarci sulla perdita di senso di questa società materialista. C’è tanta gente che non riesce a dare senso alla propria vita. Per alcuni il senso viene dato dall’attaccamento viscerale, estremo e radicale alla squadra di calcio. Per altri è il fondamentalismo religioso.
Possiamo parlare dei fenomeni di radicalizzazione come dovuti alla sola esclusione sociale?
Si dobbiamo parlarne. Così come dobbiamo parlare dell’aspetto socio-economico, ma c’è anche dell’altro. Non tutti gli esclusi seguono la via del radicalismo, o passano poi ad azioni violente. Perché si può essere radicali nel pensiero e vivere pacificamente nel proprio estremismo. Saranno quindi i soggetti più fragili e vulnerabili, che poi in assenza di una rete sociale e familiare forte si lasciano andare a forme di estrema violenza. E questo spiega perché fra i giovani radicalizzati belgi partiti in Siria, la maggior parte sono della comunità marocchina. Poiché essa è molto destrutturata e frammentata. A differenza di quella turca, molto salda e coesa al suo interno. La radicalizzazione si potrebbe anche spiegare partendo dalla peculiare storia dell’immigrazione di ogni comunità. L’immigrazione marocchina, voluta dallo stato belga, non si credeva avrebbe avuto lungo respiro. Non c’è stata la volontà di mettere in campo una visione a lungo termine. C’è stata invece una chiara volontà di escludere questi cittadini dal romanzo nazionale. Tutto ciò può creare frustrazione ed odio. Ed in Italia vedo svilupparsi un atteggiamento simile. Dovremmo forse sostenere una politica capace di spendere un euro in cultura per ogni euro speso in sicurezza.