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Patrizia Capua
"Quel progetto mai realizzato"
13 Novembre 2009
Campania felix
La manutenzione dimenticata è la ragione principale dell’ennesimo disastro ad Ischia. Da la Repubblica, ed. Napoli, 12 novembre 2009 (m.p.g.)

Ferdinando Formisano, capo dell’ufficio tecnico comunale, allarga le braccia: «Progetti di bonifica? Solo per sentito dire. Si è fatta la pulizia ordinaria di alcuni alvei che è competenza della Provincia. Ma la manutenzione è rarissima. C’era un progetto del Genio civile di Napoli per interventi su tutti i valloni, importo 10 milioni, con fondi del commissariato di governo e Protezione civile. La sovrintendenza ai Beni ambientali l’ha bocciato».

È una storia di progetti mancati, quella della frana assassina di Casamicciola, dell’ordinaria manutenzione mai fatta, di costoni disboscati dagli incendi, gli stessi da cui si sono staccati i massi. Intanto oggi il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo presenterà in consiglio dei ministri un decreto legge per un piano straordinario per la difesa del suolo dal dissesto idrogeologico. E ricorda che ad Ischia era stato finanziato nel 2006 un intervento per la stabilizzazione del costone tufaceo in località Castiglione e Cafiero per l´importo di 259 mila euro. Lavori che non sono stati mai avviati».

Antonio Piro, dipendente dell’Ufficio tecnico comunale, ricorda che a Cava Fontana «che confluisce nella zona dove è passata la frana, si è fatta una bonifica 10 anni fa, poi però si è riempita di nuovo di detriti. Magari dentro ci buttano anche l’immondizia, materiali da risulta, bombole del gas, termosifoni». Si affaccia al balcone: «Vede quegli alberi bruciati? Da lì si è staccata la parete».

Giuseppe Conte, ingegnere, capogruppo Pd all’opposizione, urla al vento. Dal 2007 denuncia la mancata manutenzione dei costoni, «l’ultima volta dieci giorni fa in consiglio. Mi hanno pure detto che porto sfortuna». Mostra il faldone con un progetto per il risanamento dei costoni e recupero degli alvei Sinigallia, Negroponte e Fasaniello, connessi alle antiche fonti termali del Gurgitiello, in piazza Bagni, epicentro della colata di fango. «Erano interventi per l’ingabbiamento dei massi e opere di ingegneria naturalistica, è finita che hanno rifatto la strada con i basoli». La relazione geologica che accompagna quel piano di risanamento lo dice chiaro e tondo, che a monte di piazza Bagni, zona termale per eccellenza, «parallelamente a via Tresta, la valle si presenta stretta e ricolma di detriti che in alcuni tratti impediscono il naturale deflusso delle acque».

Che si è fatto nel tempo per evitare la catastrofe? «Per questa zona mai nulla. L’amministrazione l’ha abbandonata», accusa un geologo, Aniello Di Iorio, «per le opere di protezione alla cava di Pozzillo si sono trovati fondi comunitari gestiti dalla Regione».

Davanti alle "Terme Manzi", una delle più antiche, le ruspe spalano fango e detriti e tronchi di castagno recisi. C’è chi fruga nella melma per recuperare oggetti perduti e gli speleologi esplorano il canale delle acque che corre sotto la strada, alla ricerca di altri punti di ostruzione. A piazza Bagni si è rischiata la strage. Perché in cima alla salita chiamata via della Lava c’è la scuola più grande, l’istituto per ragionieri "Mattei", frequentato da sei, settecento alunni, che proprio martedì, per fortuna, era chiuso per disinfestazione.

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