Un po' penalizzata dall'approccio limitatamente ricreativo, comunque buona l'idea di rivitalizzare il rapporto organico fra mobilità e territorio. Corriere della Sera, 2 marzo 2013 (f.b.)
Mentre l'alta velocità impazza nel mondo, chi si ricorda più delle vecchie ferrovie locali, quelle dove sovrana era la bassa velocità? Oggi nella penisola sono seimila i chilometri di binari dimenticati. Alcune di quelle linee non hanno mai visto il passaggio di un treno, altre sono state attive solo per pochi anni, altre ancora hanno prestato a lungo il loro dignitoso servizio prima di essere messe in pensione. Ai binari del tempo perduto è dedicata la sesta Giornata delle Ferrovie dimenticate, che si celebra domani in tutta Italia. A promuoverla Co.Mo.Do., una confederazione di associazioni che si battono per la mobilità alternativa, il tempo libero e l'outdoor.
Il reticolo ferroviario dismesso, quasi sempre con la logica poco lungimirante di favorire il mezzo privato a motore, è ormai entrato a far parte del paesaggio, disegnandovi, viadotti, gallerie, binari, caselli, stazioni. Se meno probabile, soprattutto in tempi di crisi, appare la riapertura della rete secondaria, che potrebbe costituire l'indispensabile complemento dell'alta velocità, le associazioni aderenti a Co.Mo.Do., fra cui il Touring, il Club Alpino, Legambiente, Italia nostra e Wwf, chiedono la difesa e la valorizzazione delle linee dismesse. La ferrovia costituisce infatti un'importante testimonianza dell'impegno infrastrutturale per l'unificazione nazionale seguito al 1861. Si può dire che il Paese si sia unificato viaggiando in treno e tanto spesso lo abbia fatto proprio lungo quelle sonnolente linee locali, con i riti di incontri, la contemplazione del paesaggio, la vita di provincia descritti da tanti scrittori, a partire dal Cassola di Ferrovia locale. Una locomotiva, un vecchio viadotto, un binario abbandonato diventano così i segni di quella cultura materiale che ha accompagnato la vita della gente e che non deve andare perduta.
Con un paziente lavoro di schedatura, le decine di associazioni che afferiscono a Co.Mo.Do hanno censito questi manufatti, che si trovano di solito in zone periferiche risparmiate dal degrado ambientale che ha infierito sui centri maggiori, talvolta perfino all'interno di riserve naturali o di aree protette. Queste linee dismesse possono oggi trasformarsi in percorsi ciclistici o in itinerari escursionistici, consentendo di percorrere il paesaggio lontano dalle grandi arterie, immersi in una pace d'altri tempi, incontrando via via le testimonianze di una civiltà del trasporto che non c'è più. E proprio la loro collocazione periferica le rende occasioni di rilancio e occupazione per realtà spesso tagliate fuori dai flussi del turismo tradizionale.
Fra le proposte messe a punto dalle varie associazioni che aderiscono a Co.Mo.Do. per questa sesta Giornata delle Ferrovie dimenticate c'è solo l'imbarazzo della scelta. Vaca Mora era il nome con cui il popolo indicava il trenino a vapore, che si arrampicava dalla pianura veneta fino sull'Altipiano di Asiago. Il tratto tra le stazioni di Cogollo e di Campiello della Rocchette-Asiago era provvisto di cremagliera per far superare al treno un dislivello di quasi 700 metri in poco più di 6 chilometri. Si viaggiava a dieci chilometri all'ora. Oggi nei tratti Rocchette-Arsiero e Campiello-Asiago sull'antico sedime ferroviario sono state ricavate delle piste ciclabili, su cui domani si avventureranno gli escursionisti. Si sale fra paesaggi di montagna, mentre la vista si allarga sulla pianura sottostante. Sulla linea si disputa la Cicloturistica Vaca Mora, un tuffo nel passato, che quest'anno è programmata per il 7-8 settembre.
In Umbria è di scena la Spoleto-Norcia, chiusa nel 1968, che metteva in collegamento la Roma-Ancona con la Valnerina. La chiamavano «la ferrovia svizzera», perché superava i contrafforti appenninici con vertiginosi tratti elicoidali, arditi ponti e gallerie. L'escursione di domani si svolge lungo la prima parte del sedime in fase di recupero, visitando la galleria di Caprareccia, la più lunga del percorso. In Sicilia ancora la mountain bike è protagonista sulla ex-tratta a scartamento ridotto Ciccio Pecora, che va da Giarratana a Chiaramonte Gulfi. Siamo in una zona tra le più remote dell'isola e il percorso si svolge con frequenti passaggi in galleria. Le grandi città sono lontane, il mare si staglia all'orizzonte e i silenzi sono quelli verghiani di Jeli il pastore.