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Raffaele La Capria
Quando si andava a 70 all’ora (e forse era meglio)
7 Agosto 2009
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Dal Corriere della Sera, 7 agosto 2009, articolo che indipendentemente dalle intenzioni suona “ah, i bei tempi andati …”. Con una sequela di contrappunti (f.b.)

Autostrade oggi e ieri. Oggi si parla molto di unità e disunità d’Italia ma ho l’impressione che la vera unità d’Italia fu proclamata cent’anni dopo la data ufficiale, intorno alla prima metà degli Anni Sessanta, quando il governo democristiano inaugurò l’Autostradadel sole.Prima si viaggiava meno, e sulle strade a due corsie si correva meno, si beveva meno, e si moriva meno. Se l’Autostrada del sole ha semplificato un itinerario che prima era spezzettato e tortuoso, questa semplificazione ha portato per il guidatore monotonia, un nastro d’asfalto sempre uguale davanti agli occhi, tendenza a premere sull’acceleratore e dunque pericolo maggiore.

Contrappunto 1 – Il motivo principale per cui si viaggiava meno, nei cosiddetti bei tempi andati, è che eravamo tutti più poveri, e ci si spostava solo per seri e gravi motivi. L’equazione appare semplicissima: meno persone per strada, meno incidenti, ecc. ecc. Anche il mitico film “Il Sorpasso” racconta una vicenda del tutto elitaria: il modello di Lancia Flaminia guidato da Gassman era meno diffuso ai tempi di quanto non lo siano ai nostri giorni le Ferrari. Dunque qualsiasi paragone è improprio, ivi compresa la faccenda del “bere meno”, che sarebbe una vera e propria sciocchezza se non ci fosse la licenza poetica.

L’incidente sull’autostrada è assurdo e più devastante della morte in una guerra perché questa almeno è nell’ordine delle cose prevedibili ed è riservata al singolo combattente, mentre quella sull’autostrada colpisce imprevedibilmente e a tradimento un’intera famigliola che se ne sta andando spensieratamente in vacanza. Quando per andare da Napoli a Milano si percorreva la Domiziana, e poi la Cassia con la curva di Radicofani, e dopo Firenze, la Futa, il viaggio era lungo e tortuoso, c’erano più svolte e risvolte, più dislivelli, solo due corsie, ma più attenzione, più paesaggi in vista, menoincidenti. Non voglio fare l’elogio del bel tempo che fu perché è certo che oggi si fa più presto, c’è più comodità e le distanze non creano problemi, ma tutto si paga.

Contrappunto 2 – La Capria prova giustamente a precisare di non voler “fare l’elogio del bel tempo che fu” ma in qualche modo ci ricasca, nel quando si stava peggio si stava meglio. Da Napoli a Milano in macchina, passando per la Domiziana, la Cassia ecc. era prima delle autostrade un viaggio a malapena reso meno arduo dalla sparizione dei briganti con cappellaccio e trombone, ivi compreso il mitico Ghino di Tacco da Radicofani.

Indiscutibile, certo, che una maggiore integrazione delle autostrade col territorio saprebbe recuperare e valorizzare molto di quanto pur bizzarramente sostenuto. Lo diceva un ex presidente della Società, Mario Virano, puntualmente inghiottito da qualche rettifilo ipnotizzante …



Oggi il numero delle automobili è aumentato in modo eccessivo e anche la qualità. Una volta superare i cento chilometri orari era considerato un azzardo, oggi i centoquaranta sono sconsigliabili ma piuttosto abituali. Ho letto in un racconto di Faulkner che un personaggio andava «alla folle velocità di settanta chilometri all’ora ». Eravamo negli Anni Venti. Oggi quei settanta all’ora fanno ridere. La percezione della velocità è cambiata, e rispetto a quei settanta si può direche è raddoppiata. Il sorpasso al l’epoca delle due corsie era «una manovra », ci si «preparava» al sorpasso. Oggi il sorpasso è premere un po’ più il piede sull’acceleratore.

Contrappunto 3 - Continua imperterrito il “come si stava meglio …”, in questo caso prendendosela ad esempio coi poveri operai della Fiat che sono riusciti un centesimo alla volta a comprarsi, una generazione più tardi, almeno una imitazione del bolide di Gassman. Macché: tutta colpa loro questo “aumento eccessivo”, che tornassero su quei bei treni del sole, con la folkloristica valigia di cartone e la damigiana a carico con venti litri di olio genuino del paese …

La jalopee (termine slang usato durante la Depressione per definire le vecchie carrette mangia olio) di Faulkner con tutta probabilità caracollava pericolosamente tra le buche della via del tabacco, mica sotto i pini dell’Aurelia. I risultati di questa epoca d’oro li potete vedere anche online nel film-documentario The City ,curato da Lewis Mumford (Parte 2, ci si arriva dal link Città Visibili in alto a destra su Mall), dove i morti in incidenti stradali abbondano. Anche perché (forse) i “70 all’ora” erano espressi in miglia. O no?



E poi i tir, gli enormi mostruosi schiaccianti tir stracarichi, col guidatore che per rispettare i tempi è costretto a viaggiare per ore fino allo sfinimento, quei tir in fila interminabile e minacciosa, una volta non c’erano, non erano un incubo. Oggi sì, la fila interminabile, senza soluzione di continuità si allunga minacciosa di lato al la tua corsia. Sembra a volte che l’autostrada l’abbiano costruita per loro, per questi tir, privilegiando il trasporto su ruote a quello ferroviario. E non parliamo di quello che i tir portano, chissà quali sorprese ci riserverebbe. Infine quello che è accaduto in questi giorni sulla forcella di Mestre non avrebbe potuto accadere.

Contrappunto 4 – Una nota personale. Ho abitato per i primissimi anni della mia vita, più o meno fino alle elementari, in una villetta affacciata su una importantissima statale che collegava la città principale al suburbio industriale. In quell’epoca d’oro, oltre alle autostrade non erano neppure tanto di moda, salvo che in pochi capoluoghi, le circonvallazioni. Così tutto il traffico (succede ancora adesso, nei regni di generazioni di sindaci omissivi o sfigati) attraversava l’abitato, strusciando le fiancate su siepi e tende dei negozi. Posso assicurare che, con l’aggiunta di musi rostrati, cofano bivalve ed eruzioni di fumo da Krakatoa, i camion c’erano anche allora, tanti, tantissimi, e chissà cosa portavano, a partire ad esempio dai lastroni di eternit, già individuato come sicuramente cancerogeno sin dall’epoca d’oro degli anni Venti ….

Una volta erano rari l’ingorgo e la coda, non c’eran tante automobili tutte dirette in una sola direzione in montagna o al mare, non c’era la coda per il solito incidente che bloccava tutto anche quando la causa era irrilevante. Si, è vero, oggi l’Italia è diventata più corta, la lunghezza dello stivale non è più un così notevole svantaggio rispetto alla forma geografica del le altre nazioni europee, questo svantaggio, anche economico è diminuito. Ma come ho detto in molti modi lo abbiamo dovuto pagare.

Contrappunto finale – La nota personale qui diventa addirittura doppia. Si andava in vacanza, quando si andava, pochi giorni dalla nonna in campagna. La stessa idea di vacanza nell’Italia ancora in maggioranza contadina era qualcosa di simile alle tette in barca di oggi: se ne legge parecchio nell’anticamera del dottore o del parrucchiere, ma poi sono in pochi a sventolarle. Per la coda, ricordo quelle infinite della domenica pomeriggio, con la mamma che mi spiegava “sono i milanesi che tornano dopo aver mangiato il gelato sul lago”. Anche loro la pagavano, e anche noi, costretti prima a respirare quei fumi di potente benzina italiana (piacentina all’1%) al piombo, e poi a scoprire che invece stavamo benissimo, come ci spiegano certi nostalgici articoli.

Il che non toglie che chi pianifica, progetta e costruisce autostrade, nonché chi prende le decisioni strategiche sulla mobilità e l’insediamento nel nostro paese, potrebbe fare infinitamente di meglio: su questo non c’è dubbio. (f.b.)

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