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Rinaldo Gianola
Quando il lavoro non ha più valore
23 Febbraio 2009
Articoli del 2009
Aumentano licenziamenti e allarme sociale, ma non l’attenzione della politica sul tema del lavoro. Da l’Unità, 23 febbraio 2009 (m.p.g.)

«I difetti più evidenti della società economica nella quale viviamo sono l’incapacità a provvedere la piena occupazione e la distribuzione arbitraria ed iniqua della ricchezza e dei redditi»

J.M. Keynes 1936

Perchè il lavoro vale così poco? La domanda dovrebbe essere centrale per tutti i governi, le istituzioni internazionali, i partiti di ogni schieramento di fronte alla divulgazione quotidiana di licenziamenti, esuberi, tagli, ristrutturazioni, scioperi e proteste. Da quando è scoppiata nel 2007 questa crisi economica mondiale, la prima dell’età globale, indotta da una finanza corrotta e malata, i lavoratori di ogni livello, reddito e professione, sono stati le prime vittime. Si contano a milioni le donne e gli uomini che ad ogni latitudine sono buttati fuori dal ciclo produttivo, hanno perso il posto in ufficio, in fabbrica, a scuola.

Chi paga sono i lavoratori, questo è certo. Magari i repubblicani Usa perdono le elezioni perchè non hanno saputo fronteggiare la recessione, forse il simpatico gangster della finanza Bernard Madoff finirà in galera, ma l’evidenza più drammatica della crisi è la disoccupazione di massa, l’impoverimento dei cittadini, le tensioni sociali che salgono a livello d’allarme in tutto le economie industrializzate.

La centralità smarrita Il lavoro, non solo come fonte di reddito, ma come valore sociale, culturale ha perso importanza, non è più prioritario nemmeno per quelle formazioni politiche che ispirano, o ispiravano, la loro azione alla difesa, all’emancipazione dei lavoratori. Per la prima volta, forse, una gravissima crisi economica vede i partiti della sinistra sulla difensiva, a volte non ci sono nemmeno, o non riescono più a rappresentare gli interessi, le paure, le speranze di milioni di persone.

Davanti alla recessione la sinistra è in difficoltà in Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Spagna. In Italia la sinistra più radicale non è nemmeno rappresentata in parlamento, e quella più moderata e per questo si vorrebbe assai “moderna”, che dovrebbe ritrovarsi nel partito democratico, fa fatica a parlare, a farsi vedere, a cogliere la drammaticità del momento. È un paradosso: c’è la crisi mondiale e non c’è più una sinistra, arcaica o innovativa che sia. Si potrebbe oggi immaginare e combattere per un nuovo modello economico, delineare una strada diversa di sviluppo, invece niente. La «centralità del lavoro» di un tempo passato, che significava soprattutto in Italia far pesare anche politicamente l’identità sociale dei più deboli, è stata soppiantata da altri principi e mode di valore assai dubbio.

Eppure la realtà dovrebbe risvegliare sensibilità e anche passioni (se non fosse una parola un po’ troppo forte in questa stagione di anemia politica) per ridare al lavoro l’importanza che merita. Quest’anno nel mondo si perderanno cinquanta milioni di posti di lavoro, secondo l’Ilo, l’agenzia dell’Onu. L’America ha denunciato un taglio di 3,6 milioni di occupati. La Spagna e l’Irlanda sono individuati dagli economisti come i punti più deboli dell’Europa. Zapatero vive la stagione del disincanto dopo gli anni del trionfo e fa i conti con un tasso di disoccupazione superiore al 14%. L’Irlanda, paragonata per anni alle tigri asiatiche per i suoi tassi di sviluppo record, oggi ricorda all’improvviso le immagini della depressione di un secolo fa.

E sono i lavoratori a vivere la contraddizione di un’economia globalizzata che un giorno ti porta soldi e benessere e il giorno dopo licenziamenti e povertà. Un esempio emblematico di questa crisi viene proprio Limerick, distretto industriale iralandese. Quindici anni fa arrivò la multinazionale americana Dell che installò una bella fabbrica per l’assemblaggio di personal computer. Oggi Dell ha deciso di spostarsi in Polonia dove il costo del lavoro è molto inferiore. I sindacati di Limerick hanno scritto una lettera ai colleghi di Solidarnosc: «Tra qualche anno Dell se ne andrà in Ucraina o altrove perchè dirà che il lavoro costa troppo..» hanno denunciato gli irlandesi.

C’è sempre qualcuno che costa meno in questo mondo, dove il lavoro perde valore.

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