Foto numero 1: centro storico de L'Aquila; Palazzo Margherita, sede del comune, in piena zona rossa. L'orologio che ogni sera segnava i 99 rintocchi è fermo ormai, ma l'ingresso è di nuovo aperto e brulica di operai intenti da fine luglio a puntellare l'intero edificio. Con barre d'acciaio, legno e tiranti hanno già messo in sicurezza l'accesso, il portico e il cortile interno, le scale fino al primo piano, e una parte dei corridoi e delle stanze che prima del 6 aprile ospitavano la vita politica e amministrativa della città. Per chi in quelle stanze ha vissuto, entrarvi di nuovo, per la prima volta da allora, è un'emozione intensa. Palpabile e contagiosa, come se si varcasse la soglia di un sacrario. L'intera ala che ospitava il gabinetto del sindaco è sepolta sotto le macerie del solaio mentre la sala consiliare è congelata da una coltre di detriti. Quegli operai però non le toccheranno: a loro spetta solo il puntellamento.
Foto numero 2: Roio Piano, borgo da 600 abitanti, interamente zona rossa. Ma potrebbe essere Colle di Sassa, Santa Rufina, Camarda, Pesco Maggiore, una qualunque delle sessanta frazioni dell'Aquila. Qui, sotto le macerie rimaste esattamente dov'erano sette mesi fa sembra sia stato seppellito anche il tempo. Nessun brulicare di operai, solo qualche residente che non si dà per vinto e cerca testardamente di farsi strada fino alla propria casa, incurante del pericolo. Molte sono abitabili, altre avrebbero bisogno di piccole ristrutturazioni, ma sono irraggiungibili perché le strade sono intasate dai crolli, o magari solo da un'automobile sepolta dai detriti che nessuno ha portato via.
Colpa di una legge punitiva inventata dal governo Berlusconi che parifica le macerie a rifiuti solidi urbani, rallentandone lo smaltimento e impedendo ai cittadini perfino di spostarle. Ma il vero mistero, qui, sono i puntellamenti: malgrado siano pochi, perché il pericolo delle rovine incombe anche sugli operai addetti ai lavori, il più delle volte mettono inspiegabilmente in sicurezza muri da abbattere o case semidistrutte anche prima del terremoto che andrebbero invece solo demolite. E come se non bastasse, le impalcature dei puntellamenti invadono le strette sedi stradali, bloccando l'intero paese che già assomiglia ai tanti borghi abruzzesi abbandonati dopo il sisma del 1915. Sul muro a fianco di un portone qualcuno ha scritto col giallo: «Ok, me ne vado».
Li chiamano lavori provvisionali: dopo la rimozione delle macerie (poco è cambiato da quanto riportato sul manifesto del 23 ottobre scorso), puntellare e demolire sono opere propedeutiche alla ricostruzione, una fase peraltro ancora al di là dell'orizzonte di cui si intravede al momento solo la nomina del governatore Gianni Chiodi a commissario straordinario - con vice il sindaco aquilano Massimo Cialente - e l'istituzione di una «Struttura tecnica di missione» con a capo un alto dirigente del ministero delle Infrastrutture, Gaetano Fontana. Ma se demolire - operazione veloce e che costa poco - non è nelle corde di chi oggi decide e che ha scelto una filosofia conservatrice a tutti i costi, l'opera di puntellamento invece potrebbe risultare un ottimo business grazie ad una procedura applicata per la prima volta in Italia, e forse non solo. Gli appalti, infatti, non vengono assegnati tramite gara ma su chiamata nominale delle ditte (un centinaio) presenti in un elenco stilato dalle associazioni di imprese artigianali locali (Ance, Api, Confartigianato) e vagliato dal prefetto per il controllo moralità e antimafia.
La scelta e la distribuzione dei lavori, però, è tutta nelle mani dell'assessorato ai lavori pubblici dell'Aquila, settore emergenza sisma. Spetta all'assessore Ermanno Lisi e al dirigente tecnico, l'ingegner Mario Di Gregorio, (sui quali nessuno ha sollevato dubbi di onestà, ma non è questo il punto) decidere, per esempio, a chi assegnare il puntellamento di Palazzo Margherita, che vale sui 400-500 mila euro, e a chi invece quello da 5 mila euro di un edificio qualsiasi o di una piccola frazione. Non solo: il pagamento delle imprese per il lavoro svolto avviene a consuntivo e non a preventivo.
A sollevare per primo il problema in consiglio comunale è stato il capogruppo di Rifondazione comunista, Enrico Perilli: «Nelle frazioni stiamo assistendo ad una sorta di accanimento terapeutico sui ruderi - spiega - : si puntella tutto con grande spesa (circa il triplo, e con tempi enormemente più lunghi, ndr), inutilmente, e in più bloccando l'accesso a intere zone, abbandonate così dagli abitanti che via via si stabiliranno sempre più definitivamente altrove».
Proprio su richiesta di Perilli, qualche giorno fa l'assemblea consiliare ha chiesto lumi all'ufficio tecnico dell'assessorato competente sulla inedita modalità di appalto e di pagamento dei puntellamenti: «Quando mi sono accorto di quale responsabilità avessi con questa procedura adottata dalla protezione civile per snellire la burocrazia e procedere più rapidamente, prima che l'inverno faccia altrettanti danni che il terremoto, - spiega l'ingegnere Di Gregorio -, preoccupato e intimorito, ho chiesto l'intervento del prefetto che, nella veste di vicecommissario vicario, il 16 giugno scorso ha stipulato un'intesa con gli altri tre vice commissari, con le associazioni di categoria e il comune per controllare di volta in volta l'assegnazione dei lavori e l'equilibrio nella distribuzione degli appalti».
Certo, spiega l'ingegnere, il problema del puntellamento di un immobile è che «non può essere progettato se non in corso d'opera perché si procede man mano che si entra nell'edificio e se ne scopre la condizione di stabilità. Impossibile quindi prevederne il costo». L'Aquila e le sue frazioni sono state divise in comparti, aggiunge Di Gregorio, «ciascuno dei quali viene affidato ad una ditta adeguata, scelta a seconda della classificazione Soa» (fatturato, maestranze, curriculum). Tanto per fare un esempio, la ditta Fiordigigli di Paganica che si è aggiudicata Palazzo Margherita (per la ricostruzione del quale la Federcasse ha donato qualche giorno fa 5 milioni di euro) «è classificata al quarto di otto gradi e quindi può accedere ad appalti fino a 3 milioni di euro». Ma siccome «al momento dell'assegnazione il costo dell'opera ancora non si conosce, è possibile che la ditta prescelta debba costituire assieme ad altri un'associazione temporanea d'impresa per aumentare la classificazione e poter così portare a termine il lavoro».
Per evitare la speculazione, racconta l'ingegnere, «abbiamo adottato un metodo: man mano che si procede la ditta presenta gli stati d'avanzamento che vengono via via controllati anche in riferimento alla coerenza tecnica degli interventi realizzati, e liquidati. Il pagamento, in questo modo, non è del tutto a consuntivo». Finora, assicura Di Gregorio, «quasi tutte le ditte dell'elenco lavorano e con profitti che più o meno si equivalgono».
Eppure il grande dilemma resta: demolire o puntellare? Come ridurre le zone rosse e riportare all'agibilità totale le abitazioni non lesionate ma sotto incombente pericolo esterno? «Noi ci affidiamo alle schede Gts (Gruppi tecnici di sostegno, composti da vigili del fuoco, protezione civile, sovrintendenza e comune o, nel caso di demolizioni, allargati fino a 11 figure, ndr), ma non sempre la prima decisione adottata è quella giusta. Teniamo presente che si tratta di "danni vivi", che si trasformano di giorno in giorno». Per Di Gregorio, però, l'attenzione, anche politica, dovrebbe essere puntata ancora sulle macerie: «Qualche giorno fa un giovane operaio è rimasto ferito durante una rimozione e a volte le stesse imprese si rifiutano di lavorare ai puntellamenti in presenza di rovine pericolanti».
E può accadere che, dopo un abbattimento, arrivi la squadra Ucv (Unità di controllo veloce) della protezione civile e bocci l'operato del comune: «Demolizione eseguita, macerie sul posto, dunque pericolo ancora presente», hanno scritto. Tutto inutile, insomma. E allora, meglio puntellare nel frattempo? «Secondo il settore finanze del comune - ribatte Enrico Perilli - il costo dei puntellamenti di qui a dicembre sarà di 50 milioni di euro, di cui solo 15 in cassa». Di questo passo, L'Aquila non starà più nemmeno in piedi, figuriamoci volare.