Al Mose due miliardi, al Comune nemmeno un centesimo. Un fiume di denaro arriva ogni anno in laguna, ma Ca’ Farsetti è all’emergenza. Costretta a chiudere i cantieri e a cercare soldi dai privati. Un paradosso che riapre una questione antica.
Chi comanda davvero a Venezia? «Non più il sindaco, ridotto a soprammobile», ha dichiarato ieri al Corriere l’economista Francesco Giavazzi, «comanda chi riceve i finanziamenti, cioè in primo luogo il Consorzio Venezia Nuova. E il Comune non controlla più niente». Il sindaco Cacciari lo ha detto più volte: «Sono un sindaco a sovranità limitata, ci sono aree del mio territorio dove io non ho alcuna giurisdizione». «Un problema reale», dice il senatore Felice Casson (Pd), «è il monopolio del Consorzio. C’è stato anche un recente intervento della Corte dei Conti sulla gestione dei fondi in contrasto con la normativa europea e nazionale. E l’ente pubblico non controlla più niente».
«Il vero nodo», conferma Roberto D’Agostino, ex assessore e presidente di Arsenale spa, «è che qui spesso comandano poteri autocratici e non revocabili che non sono soggetti al controllo democratico dei cittadini». E’ proprio così?
Venezia Nuova. Il pool di imprese che dal 1984 si occupa in concessione unica della salvaguardia della laguna è diventato ben più di un concessionario privato. Ha ricevuto negli ultimi anni oltre 3 miliardi di euro per il progetto Mose, più altri fondi per ricerche e interventi di disinquinamento. Il presidente è l’ingegnere Giovanni Mazzacurati, il socio di maggioranza - subentrato a Impregilo - la Mantovani di Padova.
Mantovani. Non c’è appalto o project financing nel Veneto in cui la Mantovani non sia presente. La grande azienda di proprietà della famiglia Chiarotto e presieduta da Piergiorgio Baita - già presidente del Consorzio Venezia Disinquinamento ai tempi di Carlo Bernini - lavora oltre che per il Mose per la costruzione di strade e autostrade, del Passante, del depuratore di Fusina, per le rive e gli scavi in laguna, interventi per il porto e l’aeroporto.
Save. Altro «punto franco» del territorio veneziano, che gode di entrate proprie e competenze autonome è la Save, società ormai privatizzata che gestisce l’aeroporto Marco Polo. Presidente è Enrico Marchi, finanziere di Conegliano vicinissimo a Giancarlo Galan. Il bilancio 2008 ha toccato i 327 milioni di euro (la metà dell’intero Comune) ma l’utile ha raggiunto i 50 milioni di euro nel 2007, 14 nel 2008. Adesso Save ha in programma investimenti da miliardi di euro per il nuovo Quadrante di Tessera.
Porto. Anche l’area portuale è in qualche modo sottrattata alla competenza del Comune. In zona portuale comanda l’Autorità, e ai vertici dello scalo Galan e Berlusconi hanno voluto un anno fa l’ex sindaco del Pd Paolo Costa. Anche sulle acque portuali (canale della Giudecca, bacino San Marco) il Comune non può intervenire, la competenza è della Capitaneria di porto e in laguna del Magistrato alle Acque.
Sanità. Altro settore di competenza regionale dove Ca’ Farsetti quasi sempre deve stare a guardare. Nuovi ospedali e strutture sanitarie sono stati costruiti con il sistema del project financing e i privati che investono e poi fanno pagare i servizi. Anche qui un ruolo di primo piano è stato svolto dalla Mantovani, insieme a Studio Altieri e Gemmo, la società vicentina del presidente di Veneto Sviluppo - la Finanziaria regionale - Irene Gemmo.
La Regione. In tutte le grandi operazioni e investimenti (Mose, ospedali, strade, depuratori, cultura) la Regione svolge un ruolo di primo piano. Condizionando l’attività del Comune anche dal punto di vista urbanistico, visto che controlla la commissione di Salvaguardia e che tutti i Piani devono essere approvati da palazzo Balbi.
Arsenale. L’Arsenale e altre aree strategiche sono ancora in mano ai militari. L’Arsenale Novissimo è stato affidato per 30 anni al Consorzio Venezia Nuova.