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Piano Casa a Milano: luci e (molte) ombre
15 Ottobre 2009
Padania
Sprawl urbano e scomparsa degli spazi aperti tra i rischi della nuova trovata berlusconiana nella metropoli. La Repubblica, ed. Milano, 15 ottobre 2009 (f.b.)

Il Consiglio approva il Piano casa ma boccia nuove aree protette

di Oriana Liso

Dopo quattro ore e mezza di discussione passa, con 37 voti su 41, la delibera della giunta che mette una serie di paletti al Piano casa della Regione. Dodici, per la precisione: perché alle undici aree individuate dai tecnici dell’assessorato all’Urbanistica come "città-giardino" da salvare da iniezioni di cemento, ieri l’aula del consiglio comunale ne ha voluto ribadire solo un’altra, ovvero tutto il perimetro del Parco Nord. Bocciati o ritirati gli emendamenti sulle altre zone da tutelare, presentati soprattutto dall’opposizione. E riformulato solo come ordine del giorno - che verrà votato lunedì - un contestato emendamento del leghista Matteo Salvini (con firme bipartisan) sulla tutela delle cascine di Milano. Voto contrario alla delibera dei Comunisti italiani; astenuti Rifondazione e Sinistra democratica. Voto a favore del resto dell’opposizione, con una forte riserva generale sul Piano casa formigoniano.

L’approvazione del provvedimento disegnato dall’assessore Carlo Masseroli - che sarà subito operativo - arriva a 24 ore dalla data limite per imporre limiti al Piano casa della Regione: le nuove regole saranno in vigore da domani per i prossimi 18 mesi e permette ai proprietari di case (privati e pubblici) di aumentare le volumetrie fino al 30 per cento con una serie di interventi di risparmio energetico. La legge regionale pone alcuni vincoli sui centri storici - nel caso di Milano, l’area della Cerchia dei Bastioni - , ma il Comune ha deciso di escludere dall’applicazione anche quei quartieri periferici con un tessuto particolare. A quelli, nei giorni scorsi, i consiglieri avevano proposto se ne aggiungessero altri - come Lampugnano, Trenno, Cantalupa, le casette di via Barzoni e il quartiere Umanitaria - ma ieri, durante l’acceso dibattito, queste ipotesi sono venute meno. Lo scontro più acceso è arrivato sull’emendamento presentato dall’Udc Pasquale Salvatore (e firmato da Manca e Gallera del Pdl): la delibera prevede la possibilità di incrementare del 40 per cento le volumetrie delle case popolari, ma solo se lo stabile viene abbattuto e ricostruito. Per l’opposizione l’emendamento - poi modificato profondamente - apriva la possibilità a speculazioni edilizie per i privati: nella versione definitiva, invece, si potrà abbattere una casa popolare e ricostruirla nella stessa zona (anche non sul suolo originario), con la possibilità di vendere quel 40 per cento di volume in più come edilizia convenzionata.

Alle critiche che l’opposizione ha ribadito fino al momento della votazione sul Piano casa e sulle sue implicazioni l’assessore Masseroli ha risposto che «ogni nuova costruzione consentita a Milano dal Piano casa sarà comunque sottoposta al vaglio preliminare della commissione comunale paesaggistica», che prende il posto di quella edilizia e dovrebbe essere operativa a breve. Ma Fai, Italia Nostra e Wwf rilanciano: «Per fortuna molti Comuni lombardi hanno colto il nostro invito per una applicazione molto restrittiva del piano (tra questi, le amministrazioni del Parco Sud): è evidente che sono stanchi di fare cassa svendendo il proprio territorio».

"Per Milano poche tutele si doveva fare di più"

intervista al presidente di Legambiente Damiano di Simine

di Alessia Gallione

Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, cosa ne pensa dei vincoli di Palazzo Marino al Piano casa?

«La delibera di Milano contiene aspetti migliorativi come quelli decisi da molti altri Comuni. Purtroppo è il Piano della Lombardia a essere uno dei peggiori d’Italia dal punto di vista delle garanzie: ha permesso di fare aumenti di volumetrie indifferenziati o demolizioni e ricostruzioni con criteri poco chiari senza mettere paletti».

Quelli messi dal Comune bastano?

«Sono state salvate alcune zone di pregio: sono poche ma comunque sono qualcosa. Se non altro hanno affermato che il Comune ha una potestà di pianificazione urbanistica. Il problema è che Milano è una città talmente complessa che pensare di decidere cosa salvare dalla deturpazione in tempi così stretti è al limite del possibile».

Altre proposte sono state bocciate dall’aula, però.

«Stiamo parlando di pezzi di città che hanno tutti una forte valenza e che con questo Piano, invece, vengono venduti al mercato delle vacche. Si perde di vista che la città è un organismo da tutelare complessivamente: non si può decidere di lasciare carta bianca alle manomissioni di alcune aree invece di altre. Milano ha patrimoni sparpagliati su tutto il territorio che spesso rappresentano l’identità dei quartieri come nel caso di Lampugnano o le case di via Dezza».

Si poteva fare di più?

«Senza giustificarla, posso anche capire una certa prudenza istituzionale del Comune. Molti amministratori sono preoccupati di dover affrontare i ricorsi dei cittadini che, magari, si vedranno negata la possibilità di intervento».

Cosa rischiamo adesso?

«Di giocarci pezzi importanti di patrimonio della città. Abbiamo già visto cosa è successo con i sottotetti. In questo caso, però, sono più preoccupato per i quartieri periferici».

Perché avete presentato un esposto alla Corte di giustizia europea contro il Piano casa?

«Per noi è illegittimo visto che non prevede la partecipazione dei cittadini alle scelte e neanche quel passaggio oggi obbligatorio in tutta l’Unione Europea che è la Valutazione ambientale strategica».

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