Uscire dall’euro per abbandonare le ricette neoliberiste che lo hanno governato negli ultimi anni. Uscire dall’euro ma non rinunciare all’idea di Europa. Dunque rimanere nella Ue riprendendo la nostra moneta nazionale per tornare ad essere liberi nelle scelte politiche ed economiche.
Il saggio di Luciano Gallino che conclude la raccolta dei suoi articoli comparsi su Repubblica è un testo inedito, scritto un mese prima della scomparsa del professore. Una sorta di testamento intellettuale dunque, il tentativo di ragionare con lucida e spietata semplicità su quello che a sinistra è rimasto un tabù per molti anni prima che la crisi greca mescolasse definitivamene le carte in tavola. L’idea cioè che si potesse uscire dalla moneta unica in nome di una posizione né nazionalista né populista ma anzi progressista, per essere più aderenti all’idea orginaria dei padri fondatori dell’Europa, non certo per rifiutarla. Una posizione che si porta implicitamente dietro l’affermazione del tradimento dello spirito originario della costruzione europea.
Gallino arriva addirittura a citare la fosca e purtroppo azzeccata previsione del giovane Keynes sulle conseguenze disastrose per l’intera Europa del trattato di pace vessatorio per i tedeschi che concluse la prima guerra mondiale. Se quel giudizio valeva allora per la Germania perché non avrebbe dovuto valere nel 2013 per la Grecia prona di fronte ai dettami della Troika?
Solo chi ha seguito negli anni il professore sa che quella del riformismo radicale non è una scoperta tardiva ma è stata la cifra della sua attività di studioso. Il saggio di Gallino si presenta come un vero e proprio manuale giuridico per capire quali sono le leggi e gli articoli che possono consentire il recesso dall’euro. Questione che non basta il ritorno alla normalità dello spread a considerare definitivamente archiviata.