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Robert Johnson
Perché il New Urbanism non è per tutti
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Il nuovo urbanesimo, nei suoi vari intrecci più o meno virtuosi col mercato immobiliare, sembra stia facendo velocemente la fine di tutti i suoi antenati, dalla garden-city in poi. Un ampio estratto dal New York Times, 20 febbraio 2005 (f.b.)

Titolo originale: Why New Urbanism Isn’t for Everyone – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Dale Borders sta cercando di comprare casa a Orlando, Florida, ed è incrollabilmente entusiasta nell’aggiungersi allo sprawl suburbano dell’area.

Non che questo padre di cinque figli non sia illuminato, a proposito della vita nei cosiddetti quartieri new urban, che privilegiano miscele di spazi amichevoli per i pedoni, stretti legami fra case unifamiliari, appartamenti, verde, negozi. Molte delle case hanno ampi portici sul fronte, e vicoli di servizio sul retro che collegano a garages autonomi. Tutto questo dovrebbe rievocare tempi più semplici, e migliori.

Ma la cosa non affascina per niente Mr. Borders, trentenne venditore di articoli promozionali, che di recente è scappato dai rigidi inverni di Boston.

”Volevamo allargarci, prenderci il nostro spazio” dice. “Vogliamo un grosso giardino e una piscina”. Le proposte New urbanism, che enfatizzano il fatto che gli abitanti possano andare a piedi al mercato o dal dottore, non fanno per lui. “Camminare dappertutto, con cinque bambini? Non fa per me” aggiunge.

Nonostante i quartieri di tipo new urban stiano vendendo molto bene in alcune zone, il new urbanism nelle sue forme più pure rimane essenzialmente un modello ideale, che non piace alla grande maggioranza degli acquirenti.

L’industria delle costruzioni stima la quota di questo tipo di realizzazioni ad un massimo del 10% delle vendite annuali, a seconda di come vengono definiti questi spazi (alcuni quartieri coordinati contendono parti new urban frammiste a tratti suburbani classici).

Una realtà che ridimensiona le previsioni di alcuni urbanisti-ambientalisti secondo cui questo nuovo approccio avrebbe trasformato lo sprawl suburbano in comunità più compatte e vivibili. Suburbia, dove il motore a scoppio è re, e il garage il suo castello, è uno spazio considerato da molti urbanisti come guazzabuglio soffocato dal fumo, dove si spreca combustibile, e la desolazione è interrotta solo da chiazze di erba ad lati costi di manutenzione o piante ornamentali.

Nella prospettiva dei new urbanists, una nuova possibilità prese forma nel 1981 sulla costa del Golfo, nord Florida, nell’allora poco popolata Walton County, con la piccola comunità di 40 ettari chiamata Seaside del costruttore Robert Davis e dei coniugi architetti Andres Duany e Elizabeth Plater-Zyberk. Lodata dai critici di architettura, da allora si è evoluta in un luogo di vacanze con pochi residenti fissi. Alcuni analisti immobiliari affermano che questo si deve in parte al fatto che chi sta in vacanza, soprattutto in spiaggia, è lieto di camminare un po’ più del normale.

Ma spostandosi al mercato di massa, e alla dura vita di tutti i giorni, la maggior parte degli acquirenti di case non vogliono staccarsi dal proprio stile di vita autodipendente.

Lewis Goodkin, ricercatore del settore immobiliare di Miami consulente dei costruttori per la Sunbelt, sostiene il new urbanism dal punto di vista teorico, ma dubita che possa funzionare altrettanto bene in pratica. “Verifichiamo che esiste un limite a quanto sono disposte a camminare molte persone” dice. “La maggior parte non si trascineranno sotto la pioggia, o nemmeno il caldo umido, fino al negozio dell’angolo, per trascinarsi poi dietro una pesante borsa”.

E cosa più importante, ci sono pochi segni che la grande maggioranza degli americani sia pronta a rinunciare alle proprie automobili, afferma Gopal Ahluwalia, economista della National Association of Home Builders di Washington, che comprende sostenitori sia dei quartieri new urban che delle lottizzazioni felicemente dipendenti dall’auto. “I quartieri new urban hanno un bell’aspetto e molte buone caratteristiche, ma piacciono di più agli architetti che ai potenziali acquirenti”.

Le ricerche condotte dall’Associazione mostrano che meno del 20% dei consumatori desidera vivere in un ambiente di tipo urbano. “La maggior parte tenta di andarsene dalle densità urbane” racconta Ahluwalia, “e andarsene significa sobborghi con grossi lotti, grandi quantità di spazio fra le case, e strade cul-de-sac a ridurre il traffico”.

Le difficoltà a cambiare le opinioni favorevoli al suburbio non hanno scoraggiato Charles Brewer, imprenditore del settore internet diventato costruttore. “Ho sempre pensato ai costruttori come a dei distruttori. Non mi piace proprio quello che hanno fatto” racconta Mr. Brewer, fondatore della Mindspring Enterprises, internet provider, ora fusa con la Earthlink in un’operazione finanziaria da 1,7 miliardi di dollari. Mr. Brewer, quarantaseienne, ha investito 8 milioni di dollari per lanciare un quartiere new urban di 13 ettari chiamato Glenwood Park, in un’ex area commerciale vicino al centro di Atlanta.

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Nota: la seconda e ultima parte dell’articolo non era al momento disponibile sul sito del New York Times (f.b.)

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