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Judith Butler e Paola Rudan
Per vincere le elezioni bisogna prima combattere
28 Ottobre 2015
Sinistra
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Se vogliamo difen­dere il pro­getto poli­tico dei Padri costi­tuenti, p o se ne vogliamo imma­gi­nare un altro che sal­va­guardi i suc­ci­tati prin­cipi e pre­sti atten­zione alla gente comune, tocca radu­nare truppe, armarsi e com­bat­tere». Il manifesto, 27 ottobre 2015


Qual­cuno ancora non l’ha inteso. Di per sé la demo­cra­zia non è gran cosa. Sarà un nobi­lis­simo ideale, ma quella toc­cata agli umani è una mise­ria. Come ebbe a dire Schum­pe­ter, è una gara per le cari­che pub­bli­che e per i divi­dendi che offrono. Basta vin­cere le ele­zioni. Un tempo gli elet­tori si atti­ra­vano esi­bendo alcuni sacri prin­cipi – ugua­glianza, soli­da­rietà, ecc. – e attuando poli­ti­che piut­to­sto gene­rose nei loro con­fronti, non­ché arruo­lan­doli e asso­cian­doli tra­mite i par­titi. Per com’è fatta da ultimo la com­pe­ti­zione poli­tica, gli elet­tori sono attratti mediante costo­sis­sime cam­pa­gne media­ti­che. Quindi, si fa eco­no­mia di poli­ti­che «sociali», per fare quelle gra­dite a chi finan­ziale cam­pa­gne elet­to­rali: a cena o in sedi più riposte.

Per rin­ca­rare la dose: la com­pe­ti­zione demo­cra­tica è con­ge­ni­ta­mente truc­cata. Chi scrive le regole sono i gio­ca­tori, ma non sem­pre tutti d’intesa fra loro. Le scri­vono i vin­centi a spese della concorrenza.

Le ultime leggi elet­to­rali adot­tate in Ita­lia lo con­fer­mano come meglio non si potrebbe. Con­tano invero molto le cir­co­stanze. Nel 1946– 48, quando si adot­ta­rono pro­por­zio­nale e bica­me­ra­li­smo, i vin­centi erano tanti e nes­suno era in grado di imporsi agli altri: furono costretti a un accordo piut­to­sto equo. Non appena però la Dc si con­vinse che cir­co­stanze e rap­porti di forza erano cam­biati, adottò la legge truffa.Qui sta tut­ta­via il bello delle ele­zioni. Non è detto che quando i vin­centi le riscri­vono, o rein­ter­pre­tano, a pro­pria misura, le regole fun­zio­nano secondo le attese. Padri e padrini dell’Italicum si ten­gano per avvertiti.

La demo­cra­zia elet­to­rale man­tiene un mar­gine, sep­pur ristretto, di impre­ve­di­bi­lità. Inol­tre, le ele­zioni cicli­ca­mente si ripe­tono. Com­pe­ti­ti­vità e cicli­cità sono pregi fon­da­men­tali. Il loro primo pre­gio sta nel fatto che se non ci sono la demo­cra­zia diventa auto­cra­zia e la demo­cra­zia (elet­to­rale) è un mar­chio oggidì quasi irri­nun­cia­bile. In secondo luogo, com­pe­ti­ti­vità e cicli­cità assi­cu­rano che nes­sun risul­tato è mai per sem­pre. Prima o dopo, il dia­volo ci mette la coda.

La com­pe­ti­ti­vità, tut­ta­via, se non è resa fit­ti­zia, ha pure un altro pre­gio. Costringe i con­cor­renti a mostrarsi un po’ gene­rosi con gli elet­tori: se vuoi che ti votino, qual­cosa devi con­ce­der­gli. Suf­fra­gio uni­ver­sale e wel­fare sono esi­stiti per que­sta ragione. Pro­prio per bloc­care que­sta pos­si­bi­lità – defi­nita di volta in volta dai catoni di accatto dema­go­gia, clien­te­li­smo, assi­sten­zia­li­smo o popu­li­smo – le regole demo­cra­ti­che sono state da un quarto di secolo ricon­ge­gnate ridu­cendo a due le alter­na­tive e ren­den­dole fit­ti­zie. Dato che i con­cor­renti, per inse­guire l’elettore inter­me­dio, pro­met­tono e fanno tutti le stesse cose. Oppresso da tale com­pe­ti­ti­vità simu­lata, lo Stato sociale ci ha lasciato le penne. Men­tre metà elet­tori, disgu­stati, non votano nem­meno, le ele­zioni oggi si vin­cono con una man­ciata di voti, lau­ta­mente pagati da chi ha i soldi. Come si voleva.

Qual­cuno a que­sto punto invo­cherà la Costi­tu­zione e le tavole dei diritti. Ma andiamo alla sostanza: costi­tu­zioni e diritti sono ten­ta­tivi d’irrigidire giu­ri­di­ca­mente un equi­li­brio di potere dato sto­ri­ca­mente e pro­iet­tarlo nel tempo. La costi­tu­zione del ‘48 voleva irre­ver­si­bile l’antifascismo e il – mode­sto – comune deno­mi­na­tore che legava le forze poli­ti­che che la sot­to­scris­sero, ovvero l’attenzione per il mondo del lavoro e le classi popo­lari. La Costi­tu­zione è per­tanto un incro­cio tra un pro­gramma poli­tico solenne e un pezzo di carta. Dopo un avvio sfer­ra­gliante, per un po’ il pro­gramma poli­tico ha fun­zio­nato. Ma non per forza intrin­seca, ma per­ché c’erano lar­ghis­sime truppe elet­to­rali e impo­nenti orga­niz­za­zioni di massa che lo garantivano.

Al con­tempo, i par­titi erano in con­cor­renza tra loro per l’elettorato popo­lare. Aggiun­gia­moci, infine, che c’era una classe poli­tica che, pur tra tanti distin­guo, ci cre­deva. Per for­tuna c’è anche chi fa poli­tica non solo per vin­cere le ele­zioni, ma anche per attuare qual­che nobile ideale. Alla lunga la Costi­tu­zione si è ridotta a un pezzo di carta.

Com­pe­ti­zione effet­tiva, vasti elet­to­rati e orga­niz­za­zioni di massa in grado di susci­tarli sono ciò che con­sente di arre­dare la demo­cra­zia in maniera non troppo misera.

Bene, la reto­rica della gover­na­bi­lità ad ogni costo, di destra e di sini­stra, ha azze­rato la com­pe­ti­zione e quella mora­li­sta ha accu­sato i par­titi di essere la sen­tina di ogni vizio. Le sen­tine si pos­sono anche svuo­tare. Si è detto invece che i par­titi erano con­ge­ni­ta­mente viziosi e li si è ridotti a ectoplasmi.

Con­clu­sione. Se vogliamo difen­dere il pro­getto poli­tico dei Padri costi­tuenti, per­ché lo rite­niamo ancora valido, o se ne vogliamo imma­gi­nare un altro che sal­va­guardi i suc­ci­tati prin­cipi e pre­sti atten­zione alla gente comune, tocca radu­nare truppe, armarsi e com­bat­tere. Con armi paci­fi­che, ma che fac­ciano arre­trare l’avversario. Non è facile, per­ché l’avversario è attrez­zato: fra le altre cose ci ha inca­te­nati ai dik­tat dell’Europa dei banchieri.

Ma non è detto che sia impos­si­bile. Non è impos­si­bile, ad esem­pio, esco­gi­tare tec­ni­che comu­ni­ca­tive utili aggi­rare le blin­da­ture dei media, che sono in mano ai ric­chi. I cosid­detti par­titi popu­li­sti, si badi, ci stanno riu­scendo, sep­pur nell’intento d’instradare la demo­cra­zia sui binari del raz­zi­smo e dell’intolleranza. Tant’è che pure a sini­stra da qual­che parte qual­cosa si muove: in Inghil­terra, nella peni­sola ibe­rica, in Grecia.

Chissà per­ché la sini­stra ita­liana è rima­sta finora pri­gio­niera di per­so­na­li­smi e nar­ci­si­smi, limi­tan­dosi a pestare i piedi per i diritti vio­lati e per le male­fatte di que­sto e quello. Chi dice però che non possa far di meglio?

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