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Giacinto Giglio
Per una tutela integrata delle "capanne di pietra"
16 Gennaio 2012
Scritti ricevuti
Il tema dell’architettura rurale e della sua tutela: l’esempio pugliese. Scritto per eddyburg, 16 gennaio 2012 (m.p.g.)

Una sintesi dell’elaborato consultabile nel file pdf allegato.

In Italia, la tutela giuridica dei beni artistici e culturali nasce già dagli editti e decreti degli stati preunitari, ma le prime leggi organiche dell’Italia unita sono la legge n.1089 sulla “tutela delle cose d’interesse storico-artistico” e la legge n.1497 sulla “protezione delle bellezze naturali” entrambe del 1939. Nel 1948 la Costituzione della Repubblica in coerenza con la storia della tutela italiana, inserisce tra principi fondamentali all’art.9, “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Negli anni la tutela giuridica è passata da un concetto “estetico-percettivo” (cose d’arte e bellezze naturali) alla concezione di “beni culturali” e “beni paesaggistici ed ambientali”. Così è stato stabilito che “la tutela consiste nell’esercito delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”. Dal 1977, le regioni italiane hanno potuto legiferare in modo esclusivo e indiretto sull’architettura rurale, attraverso alcune normative riguardanti il paesaggio, lo sviluppo agricolo, l’agriturismo e il turismo rurale o con norme in materia urbanistica e di edificabilità in zona agricola oppure attraverso misure e bandi di finanziamento europei del P.O.R. 1994-99. Ma solo nel 2003, con la legge n.378, “Disposizioni per la tutela e valorizzazione dell’architettura rurale” lo Stato ha legiferato sugli edifici o fabbricati rurali e gli insediamenti agricoli realizzati tra XIII ed il XIX sec., che costituiscono testimonianza dell’economia rurale tradizionale della nazione. Nel 2004, è stato emanato il “Codice dei Beni culturali e del paesaggio” (D.lgs 42/2004 s.m.i.) che nel suo articolato comprende tra i “beni culturali” all’art.10 comma 4, l) le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale; come pure i “beni ambientali” da tutelare nella pianificazione paesaggistica delle regioni all’art.135, comma 4, lettera d) valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO.

Il 6 ottobre 2005, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali ha emanato un Decreto, che definisce come individuare le diverse tipologie di architettura rurale presenti sul territorio nazionale, gli interventi ammissibili a contributo, le specifiche tecniche d’intervento e nello stesso D.M. viene istituito il Comitato Paritetico per l’architettura rurale. Dopo quest’ultimo atto normativo nazionale, nel 2005 la regione Liguria approva un Bando dal titolo “Salvaguardia e valorizzazione delle tipologie d’architettura rurale nei comuni dell'entroterra ligure”, nel 2006 la regione Campania emana invece la Lr. n.22/2006 "Norme in materia di tutela, salvaguardia e valorizzazione dell'architettura rurale" che si ispira alla L.n.378/2003. Mentre, nell’ottobre 2008, il Ministero per i Beni ed attività culturali pubblica la direttiva “Interventi in materia di tutela e valorizzazione dell'architettura rurale” (2008). Nel 2009, prima la Sardegna e poi il Veneto emanano bandi per accedere al Fondo nazionale per la tutela e valorizzazione dell’Architettura rurale. Ad oggi, pur sollecitate dal Ministero BCA, nessuna regione italiana ha ottenuto i contributi per la tutela e valorizzazione dell’Architettura rurale.

Dopo questo excursus sulla normativa di tutela l’Italia, siamo passati alla verifica dell’efficacia delle norme sull’architettura rurale nella regione Puglia ed in particolare dove è più densa ed articolata la presenza del patrimonio della “pietra a secco” (p. a s.). Se esaminiamo le aree con vincolo di tutela paesaggistica della L.1497/39 e decreti “Galassini“ L.4321/8% si può notare come queste aree di tutela del paesaggio interessino in minima parte le aree con costruzioni p.a.s., anche, dove, come nella Murgia dei Trulli, il Piano paesistico vigente (PUTT/p. 1998) aveva perimetrato l’area “Valle dei trulli” da sottoporre a sottopiano. Invece la tutela “monumentale” dei beni della p. a s. (L.1089/39), interessa alcuni rari grandi trulli o masserie, anche se naturalmente fa eccezione il centro storico di Alberobello, che ha un vincolo di zona monumentale e panoramica dal 1910, di tipo paesaggistico dal 1970 ed infine un riconoscimento dell’UNESCO 1996.

Oggi in Italia esiste una legge nazionale specifica sulla tutela dell’architettura rurale, ed in più alcune leggi regionali, ma persiste un contrasto tra tutela e trasformazioni urbanistiche ed una frammentazione delle competenze degli Enti che a vario titolo operano su tali beni culturali. Inoltre, la crisi dell’economia agricola ha portato all’abbandono dei suoli agricoli meno vocati e alla trasformazione del paesaggio agrario a causa dell’agricoltura intensiva, che riduce gli addetti e la necessità di risiedere nelle case sparse. In particolare i vecchi fabbricati in “pietra a secco”, sono oggi destinati o alla distruzione o all’alienazione turistica.

L’ultima parte del lavoro è dedicata all’esame dei nuovi strumenti di tutela: il primo di questi sono i Programmi triennali regionali per l’architettura rurale. L’associazione Italia Nostra della Puglia ha preparato un Proposta di Legge regionale “Norme per la tutela e valorizzazione dell’architettura rurale” d’iniziativa popolare (5 comuni o 15.000 firme di cittadini), e che dovrà essere accompagnata da una legge regionale per gli “Interventi di trasformazione urbanistica edilizia delle zone agricole”. Nel 2010 è stato adottato il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR) che oltre alle analisi del “Patto città-campagna”, alla carta dei Beni regionale dei culturali ha anche, predisposto un allegato con “le linee guida per il recupero, la manutenzione e il riuso delle’edilizia e dei beni rurali” ed in particolare “le linee guida per il restauro e il riuso dei manufatti in pietra a secco”. Si era ipotizzato qualche anno fa per le aree come la Valle d’Itria, di istituire un “Parco rurale” come “Paesaggi terrestri e marini protetti” classificati dall’UICN. Un altro strumento di promozione dell’identità collettiva e del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico sono gli “ecomusei” quali luoghi di museo permanente nel territorio per i quali di recente è stata approvata la LR 15/2011 d’istituzione degli ecomusei della Puglia.

L’intervento giunge alla conclusione che serva una “tutela integrata” che sia coordini le leggi, i piani, gli enti e le risorse per un recupero del valore patrimoniale ed identitario del patrimonio della “pietra a secco”.

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