Dunque lo Scandalo. Lo scrivo con la maiuscola perché è grosso. Grave. Ma non si deve considerare come uno scandalo che riguarda le banche intese come sistema. Le più grandi ma anche le medie e le piccole ne sono fuori. E quindi tirarcele dentro è improprio e pericoloso.
Riguarda invece due operazioni pubbliche di acquisto (Opa) tentate una su Antonveneta e l´altra su Banca Nazionale del Lavoro che ne sono state oggetti (passivi) e Banca Popolare di Lodi e Unipol che ne sono stati invece i soggetti (attivi). Ma ciò che lo rende grave, anzi gravissimo, deriva dal coinvolgimento evidente della Banca d´Italia, del governatore Fazio, del capo della Vigilanza e (per omissione) del Consiglio Superiore e del Direttorio dell´Istituto. E questo è il primo aspetto della questione.
Il secondo aspetto da considerare è l´inesistenza del governo protrattasi per quasi sei mesi fino ad oggi. Il ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, ci ha fatto sapere l´altro ieri che questa inspiegabile e colpevole inesistenza cesserà martedì prossimo quando si riunirà un Consiglio dei ministri straordinario, tutto dedicato all´argomento e finalizzato all´approvazione di una norma da inserire nella legge sul risparmio, che è rimasta insabbiata per due anni nelle aule parlamentari perché la maggioranza aveva altro da fare.
Questa norma dovrebbe introdurre il mandato a termine del governatore per cinque anni e contenere anche un´appendice transitoria in forza della quale Fazio potrebbe essere licenziato istantaneamente dal governo unito per la prima volta del potere di nomina e di revoca sul governatore e sul Direttorio.
Il terzo aspetto riguarda alcuni partiti, con diverse gradazioni di responsabilità. Nell´ordine: la Lega, il partito trasversale pro-Fazio, Forza Italia, i Ds.
Ciascuno di questi aspetti merita un´analisi attenta che cercheremo di fare con la massima chiarezza e obiettività. Ma prima di addentrarci nel groviglio che si è creato è necessario cominciare da un preliminare che riguarda la magistratura.
Su questo tema osservo una (sospetta) uniformità di giudizio da parte dei politici, sia quelli di governo a cominciare dal presidente del Consiglio sia gran parte di quelli dell´opposizione. Quasi tutti concordano nel sottolineare che la magistratura di oggi
Insomma non è quella di Mani pulite, con l´evidente sottinteso che non commetterà analoghi errori, non sarà analogamente faziosa e giustizialista, non farà tintinnare manette.
Quella triste stagione (aggiungono) che fece tanto male all´Italia si è chiusa per sempre. Questo dicono i politici e ad essi fanno coro molti e importanti giornali, anch´essi "rinsaviti" rispetto ad allora.
Ebbene, io penso onestamente che i magistrati oggi all´opera sullo scandalo delle Opa non facciano altro che muoversi sul tracciato di Mani pulite, che poi non fu altro che un più incisivo funzionamento delle Procure e della magistratura giudicante dopo anni di fin troppo evidente sonnolenza della giurisdizione nei confronti dei reati contro la corruzione pubblica elevata a sistema di governo.
Errori e forzature furono certo commessi nelle inchieste di tredici anni fa e potranno esser commessi anche nello scandalo che abbiamo ora sott´occhi. Ma non tali da inficiare il risultato complessivo e finale. La magistratura di allora bonificò un terreno che la politica aveva lasciato imputridire per tutto il decennio degli anni Ottanta. Così oggi, perché anche oggi dobbiamo ai procuratori di Milano e di Roma e non certo alle forze politiche e al governo, se lo scandalo è emerso in tutti i suoi connotati e se il personaggio che ne è al centro si trova ormai in un angolo dal quale sarà assai difficile che possa uscire.
La magistratura italiana dunque una volta ancora ha reso un servizio al paese il quale deve avere sempre più a cuore la difesa della sua indipendenza.
E questa è la prima conclusione che lo scandalo ci suggerisce.
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Sul primo aspetto, quello delle due Opa, esiste un tratto unificante e un altro che le fa invece radicalmente diverse una dall´altra.
Il tratto unificante deriva dalla circostanza che le prime Opa sulle due prede furono lanciate da due banche europee non italiane: la Abn Amro (olandese) su Antonveneta, la Banca di Bilbao sulla Bnl. Ad entrambe si oppose il governatore Fazio con affannato moltiplicarsi di appelli, incontri, incoraggiamenti, affinché si formassero cordate e intervenissero "cavalieri bianchi" a difesa dell´italianità del sistema, passando allegramente sopra alle direttive europee in materia di Opa.
In ossequio (interessato) alla difesa del tricolore bancario, nacquero due iniziative: si fece largo la Popolare di Lodi per Antonveneta e la Unipol per Bnl. Fazio fece tutto quanto gli era possibile fare per favorire sia l´una che l´altra, manipolando il calendario delle autorizzazioni e chiudendo tutt´e due gli occhi quando "l´italianità" gli suggeriva di chiuderli.
Qui però finisce il tratto comune e cominciano le differenze tra le due operazioni. Quella promossa da Fiorani si è configurata fin dall´inizio come un´azione truffaldina di manipolazione del mercato, uso di fondi illeciti, ruberie vere e proprie a danno dei depositanti, uso di prestanome e di società offshore e di complici.
Insomma, come si dice un po´ alla greve, un porcaio nel quale Fiorani e soci hanno inzuppato abbondantemente il pane a vantaggio di se stessi oltre che della banca di Lodi della quale da anni avevano fatto il centro delle loro malversazioni.
Niente di paragonabile è accaduto nell´operazione Unipol. Se ne possono non condividere gli obiettivi e l´adeguatezza delle garanzie, ma sulla liceità dell´operazione nessuno finora ha avanzato dubbi. E del resto l´atteggiamento della Bilbao è stato molto diverso da quello della Abn Amro, penalizzata quest´ultima con ben altra durezza dalle scorrettezze del concorrente e dalla complicità della Banca d´Italia.
Quando alcuni esponenti dei Ds difendono il diritto del movimento cooperativo a operare sul mercato alla pari con gli altri soggetti economici «nel rispetto delle regole», sostengono dunque una tesi perfettamente legittima, impugnabile solo per ragioni animate da faziosità politica.
Diverso tuttavia è il caso personale dell´amministratore delegato di Unipol. Risulta dall´inchiesta giudiziaria in corso su di lui che Consorte abbia ottenuto favori personali da Fiorani e lucrato vantaggi illeciti e personali da tali favori. Siamo ancora ben lontani dal rinvio a giudizio e ancor più da un processo vero e proprio, ma queste prime risultanze dovrebbero indurre i dirigenti Ds alla massima cautela e lontananza dal soggetto incriminato.
C´è di più. Già nello scorso agosto in un articolo sull´argomento avevo scritto che un dirigente politico deve osservare un rigoroso silenzio di fronte ad operazioni lanciate sul mercato e regolate da apposite norme, come è il caso di un´Opa. In questi casi la politica deve solo controllare che le norme in vigore siano rispettate e poi, come nelle gare di qualunque tipo, vinca il migliore scelto come tale dal mercato. Quando questo metodo non viene rigorosamente osservato ne derivano soltanto confusione e coinvolgimenti che, essi sì, costituiscono inframmettenze e recano danni di sostanza e di immagine. Ciò vale per tutti i politici, per tutti i partiti. Non capisco perché comportamenti così elementari siano troppe volte ignorati e contraddetti.
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Sulla grave latitanza del governo durata oltre sei mesi non c´è altro da aggiungere. Fecero eccezione sia Tremonti sia Siniscalco, che chiesero per motivi diversi le dimissioni di Fazio. Ambedue ci rimisero il posto e questo dice già molto sull´intera questione.
Ora si annuncia un provvedimento che dia al governo il potere di nominare e revocare il governatore, a cominciare da subito. E si profila in materia un accordo tra governo e opposizione, ovviamente senza che sia posta la questione di fiducia che renderebbe impraticabile quell´accordo.
Tutto bene perché se c´è un tema bipartisan è quello che riguarda la Banca d´Italia e la sua credibilità scesa ai più bassi livelli, che dev´essere senza ulteriore indugio recuperata.
Tuttavia un provvedimento che dia al governo poteri di nomina e revoca sulla più alta istituzione monetaria nazionale nel quadro, addirittura, della Banca centrale europea, investe una materia delicatissima sulla quale le forze politiche debbono osservare la massima attenzione.
Finora la nomina del governatore è stata un atto "plurimo"; ha implicato infatti il concorso sostanziale di tre distinte autorità: il Consiglio superiore della Banca, il governo, il presidente della Repubblica la cui firma del decreto di nomina non è (ripeto non è) un atto burocraticamente dovuto.
E´ buona l´idea che si individui nel governo anziché nel Consiglio superiore l´organo di iniziativa e di proposta.
Buona anche l´idea di sottoporre la proposta all´approvazione delle Commissioni parlamentari competenti, le quali dovrebbero votare con maggioranza qualificata associando quindi alla nomina e alla revoca anche l´opposizione. Ma è evidente che dev´essere altresì mantenuto il peso specifico della firma del capo dello Stato, cioè della più alta autorità di garanzia esistente nel nostro ordinamento. Il capo dello Stato rappresenta il garante di tutte le altre autorità di garanzia; per quanto riguarda la Banca d´Italia il suo ruolo deve perciò restare determinante dal momento stesso in cui comincia a prender corpo la scelta da compiere.
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Concludo. A differenza di Tangentopoli, dove l´intero sistema pubblico era entrato in crisi deformando la struttura stessa della democrazia, lo scandalo di oggi poteva e doveva essere evitato. Bastava l´azione preventiva degli organi di controllo; invece è stata necessaria quella repressiva della magistratura.
Auguriamoci che serva di lezione. A chi governa oggi e a chi governerà domani. Auguriamoci la sconfitta dei furbi e la vittoria degli intelligenti.
Finora è troppo spesso accaduto il contrario. Il vero cambiamento che attendiamo è proprio questo e speriamo che avvenga.