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Guido Liguori
Pd sconfitto, sinistra ferma
5 Dicembre 2014
Sinistra
«Non vi è oggi spa­zio, a sini­stra del Pd per più di una pro­po­sta poli­tica. Se le forze a sini­stra del Pd si unis­sero in un Fronte arti­co­lato e plu­rale, lasciando da parte, in nome del bene comune, le reci­pro­che avver­sioni, con una lea­der­ship col­let­tiva e rico­no­sci­bile, que­sto sog­getto politico-elettorale avrebbe di fronte a sé poten­zia­lità rilevanti». Il manifesto, 29 ottobre 2014 (m.p.r.)

«». Il manifesto

I risul­tati delle ele­zioni par­lano chiaro: la “nar­ra­zione” ren­ziana è in crisi, ma le forze a sini­stra del Pd non appa­iono una alter­na­tiva credibile.

I sin­tomi di crisi del ren­zi­smo sono nel bru­sco calo dei votanti in realtà tanto diverse come Emi­lia e Cala­bria. Il feno­meno indica non solo l’incrinarsi del potere di attra­zione del pre­mier, ma anche con­si­stenti segnali di ribel­lione dell’elettorato di sini­stra verso il Pd. Inol­tre, per la prima volta i gril­lini non inter­cet­tano il malcontento. Sem­bre­rebbe una situa­zione eccel­lente per chi voglia pro­porre una alter­na­tiva di sini­stra. Invece così non è. L’Altra Emilia-Romagna ha rac­colto il 4% e Sel, nell’ambito del centro-sinistra, il 3,23%. In Cala­bria “La Sini­stra” (Sel, Pdci, Idv), pur in una coa­li­zione scre­di­tata, il 4,36%, e L’Altra Cala­bria (Prc e Alba, altre com­po­nenti della ex Lista Tsi­pras erano per il non voto) si ferma all’1,32%.

Tutto que­sto ci dice due cose. In primo luogo, non vi è oggi spa­zio a sini­stra del Pd per più di una pro­po­sta poli­tica. In secondo luogo, se le forze a sini­stra del Pd si unis­sero in un Fronte arti­co­lato e plu­rale, lasciando da parte in nome del bene comune le reci­pro­che avver­sioni, con una lea­der­ship col­let­tiva e rico­no­sci­bile, que­sto sog­getto politico-elettorale avrebbe di fronte a sé poten­zia­lità rilevanti. Esso potrebbe pun­tare a con­qui­stare mili­tanti e voti tra i lavo­ra­tori sin­da­ca­liz­zati e tra i gio­vani disoc­cu­pati, tra i vec­chi iscritti al Pci e tra coloro che sono cre­sciuti nei movi­menti anti­si­stema: insomma, tra i delusi degli ultimi vent’anni di sto­ria poli­tica e sociale del nostro paese.

Parlo di un Fronte della Sini­stra (o Fronte del Popolo, o come lo si voglia chia­mare) per­ché l’obiettivo di un unico par­tito non è rea­li­stico. Anzi, i can­tieri oggi aperti (Lista Tsi­pras, Human Fac­tor, nuovo par­tito comu­ni­sta) avranno un ruolo posi­tivo solo se non cre­dono di essere auto­suf­fi­cienti, se dia­lo­gano fra loro, guar­dando con rispetto alle forze poli­ti­che esi­stenti, che restano deci­sive, come al grande mare dei non orga­niz­zati o di coloro che lo sono in asso­cia­zioni e gruppi non partitici.

Biso­gna finirla con i veti incro­ciati e coi risentimenti.

Que­sto Fronte della Sini­stra dovrebbe par­tire dalle lotte sin­da­cali, dei pre­cari, dei disoc­cu­pati: senza radici nel mondo del lavoro non si è sini­stra. Ma anche pre­sen­tare un pro­getto di rin­no­va­mento e di cre­scita rivolto a tutta la società. E una ela­bo­ra­zione che pro­spetti un tipo nuovo di con­vi­venza, alter­na­tiva a quella attuale. Credo sia impor­tante avere un duplice pro­gramma: uno di misure imme­diate, per fron­teg­giare l’emergenza; e un Pro­gramma fon­da­men­tale, per dire verso quale società si vuole andare.

Da subito poche pro­po­ste e chiare: per il lavoro, il Mez­zo­giorno, i gio­vani, la scuola e la cul­tura, la casa, il wel­fare. Si deve essere in grado di dire dove si tro­ve­ranno le risorse, col­pendo quali inte­ressi: è neces­sa­rio avere dei nemici. Per­ché que­sto nuovo sog­getto deve essere di parte, anche se non mino­ri­ta­rio. Dovrebbe pro­nun­ciarsi, ad esem­pio, sul ruolo del pub­blico, pro­po­nendo una eco­no­mia mista secondo quanto pre­vi­sto dalla stessa Costi­tu­zione. Dovrebbe avviare una Riforma antiliberista.

E, soprat­tutto, que­sto Fronte della Sini­stra non deve pen­sare che il suo com­pito si esau­ri­sca dopo una prima prova elet­to­rale, comun­que vada. È un lavoro di lunga lena quello che ci attende, nella società prima che nelle isti­tu­zioni. Deve fon­darsi sulla pro­messa reci­proca di stare insieme per un lungo tratto di strada, senza cedere a tat­ti­ci­smi e inte­ressi di corto respiro. Non si fa “grande poli­tica” né con una nuova pro­po­sta ogni sei mesi né facendo la stam­pella alla gamba sini­stra del Pd. Si metta in can­tiere un pro­getto uni­ta­rio e par­te­ci­pato, di alter­na­tiva reale. Si lanci una vera sfida ege­mo­nica in nome delle classi subal­terne, del mondo del lavoro e di chi non ha lavoro, della demo­cra­zia e della Costi­tu­zione. Oggi si può, la situa­zione lo richiede.

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