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Sandro Roggio
Patrimoni che corrompono i paesaggi
23 Maggio 2006
Articoli del 2005
Dove i pescicani addentano il bene comune. Da il manifesto del 4 novembre 2005

Ne ha parlato il presidente Soru l'altra sera a Ballarò: il valore degli immobili nelle pregiate coste sarde, è argomento finalmente ricorrente anche per via di recenti eccezionali compravendite. Un ricco russo avrebbe acquistato una casa in Costa Smeralda per la somma di 35 milioni di euro, ma la notizia è stata rubricata tra le bizzarrie mondane estive pure nel gran parlare di rendite immobiliari. Una somma notevole, se si pensa che qualche anno fa una casa dello stesso rango poteva essere ceduta per una decina di miliardi di lire, che sembrava, anche a quelli che di case qui ne possiedono sei o sette, un prezzo notevole. Allora per riflettere due conti, che dicono dell'abilità di chi per mestiere compra e rivende case in tempi brevi con vantaggi non comuni. Anche immaginando l'impiego di materiali preziosissimi, il costo di costruzione di un metro quadro finito di casa si può aggirare, esagerando, sui 2000-2500 euro. Ecco: la casa in questione, alcune centinaia di metri quadri, costerebbe, è costata per realizzarla, poco più di un milione di euro.

Il resto del valore - per arrivare a 35 milioni - è dato dalla speciale condizione del paesaggio che noi mettiamo a disposizione. Grande plusvalenza, pure con un lotto accessoriato, una supervista sul mare, dirimpettai molto ma molto altolocati. Per queste merci è così. E ogni giudizio pensando ai tanti senza casa o nel segno della parsimonia, è superfluo. E' così. Anche se sgomenta pensare che una decina di ettari di terra, poco distanti da qui, valgono molto poco e non si vendono neppure con l'aggiunta di un gregge di pecore lattifere.

Per stare alle questioni poste da Soru. È bene ripeterlo: queste ricchezze, prodotte con tanti guasti ai luoghi, non rendono nulla alle comunità locali. Spiccioli a qualche manutentore e spiccioli per l'Ici (le mance che si lasciano da queste parti sono più generose).

Anche questi investimenti stanno nel genere delle delocalizzazioni. Gli stessi che spostano le fabbriche dove il costo del lavoro è più conveniente e i capitali dove torna utile, realizzano case dove il mare non ha rivali.

Convenienza per convenienza, occorre uno sforzo di fantasia perché la finanza creativa non sia a senso unico e tassare adeguatamente questi ingenti patrimoni che devono tutto ai paesaggi che corrompono. Questo per l'esistente.

Poi, occorre dirlo chiaro per chi ritiene ancora di concedere questi privilegi, che una volta fatte le case resta comunque troppo poco alla Sardegna al di là del compiacimento della presenza di tanta bella gente da queste parti ( «ajò a vedere le ville dei ricchi a Porto Cervo»).

La cancellazione dei connotati di spiagge e scogliere procurano vantaggi a pochi che spesso non hanno idea di dove siano le case preziose che possiedono.

Queste concessioni a edificare non c'entrano nulla con l' uso (case che si abitano una settimana all'anno) e che sono appunto nel novero delle speculazioni. Al centro quei beni nel ciclo denaro-merce-denaro ( ne ha scritto Valentino Parlato) che il nuovo capitalismo italiano predilige.

Occorre intensificare l'impegno per tutelare i nostri interessi quelli delle giovani generazioni che vorranno mettere a frutto i nostri beni ambientali.

Attenzione. Perché nella riflessione che si è aperta su questi temi in Sardegna, qualcuno nel centrodestra porta l'argomento dell'incremento dei prezzi delle case esistenti nelle coste, dato dal vantaggio - uno scandalo per i liberisti - che verrebbe da una politica di contenimento delle trasformazioni dei litorali. Quindi: «più case al mare per tutti», come nel comizio di Albanese.

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