Il manifesto, 14 settembre 2014, con postilla
«Siamo sempre pronti a discutere di tutto. Ho rispetto per il coraggio di chi dice no ma chi dice no non può dire stop. I cittadini hanno il diritto di vedere realizzate le opere che servono». Così il premier Matteo Renzi si è espresso ieri sul gasdotto Tap, che giovedì ha ottenuto dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, la firma sul decreto di compatibilità ambientale dell’opera.
Dopo aver terminato l’intervento nel giorno dell’inaugurazione della Fiera del Levante, il premier ha incontrato i sindaci di Melendugno e Vernole.
Un’idea di democrazia alquanto bizzarra quella di Renzi: si può dire di no, ma non ci si può metterin mezzo ed interferire con quanto decide un governo e le multinazionali del gas. E se poi sono gli abitanti stessi a non volere sul loro territorio determinate opere, non è dato sapere chi sono i cittadini citati da Renzi che hanno «diritto» a vedere realizzate opere definite strategiche per l’economia nazionale ed europea.
Sulla vicenda della Tap, ieri è intervenuto nuovamente il governatore della Puglia Nichi Vendola. Sottolineando che i due no alla realizzazione dell’opera pronunciati dal comitato tecnico di Via della Regione non hanno una matrice disfattista o aprioristica: ma si basano su delle rilevanze, anche di natura scientifica, sposate in pieno dal ministero dei Beni Culturali che sempre giovedì ha espresso il suo parere negativo sulla realizzazione del progetto in un territorio, come quello del Salento, di pregio ambientale, storico e turistico.
Inoltre, Vendola ha manifestato la contrarietà della Regione anche in merito a un altro argomento spinoso e molto sentito dalle popolazioni che affacciano sull’Adriatico: le trivellazioni in mare. «Abbiamo il diritto di ribellarci alle trivelle in questa nostra striscia di mare, pensiamo che l’Adriatico non possa subire l’impatto di una sua mutazione in piattaforma energetica. Diciamo sì alla generazione diffusa di rinnovabili, sì alla somatizzazione delle città, sì all’efficientamento energetico degli edifici. Diciamo no a ciò che ci toglie l’orgoglio di essere protagonisti del nostro sviluppo: la ricchezza non è nascosta sotto i fondali, la ricchezza è la costa, la pesca, il turismo, il colore del nostro mare».
Il tour pugliese del premier Renzi, nella giornata di ieri ha toccato altri due luoghi simbolo della Regione: Peschici e Taranto. Nel Gargano il presidente del consiglio ha ribadito l’impegno del governo per far sì che il territorio devastato dall’alluvione dello scorso 5 settembre, torni quanto prima ai suoi antichi splendori. Ribadendo che il Gargano non è morto ed è pronto a risorgere.
Certamente più complicata e spinosa la questione dell’Ilva di Taranto. L’arrivo del premier è stato annunciato da Palazzo Chigi soltanto nella tarda serata di venerdì. Un incontro in Prefettura completamente blindato, al quale hanno presto parte solo le istituzioni e i sindacati. Definiti «i rappresentanti dei lavoratori»: cosa alquanto bizzarra anche questa, visto che oltre il 60% dei lavoratori dell’Ilva di Taranto non ha tessera sindacale. E che all’incontro è stata vietata la partecipazione degli operai Ilva del comitato «Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti». Così come è stato negato l’accesso alla stampa e soprattutto ai rappresentanti delle tante associazioni locali che da anni si battono contro l’inquinamento prodotto dal più grande siderurgico d’Europa. Il centinaio scarso di cittadini presenti in sit-in all’esterno della Prefettura, ha contestato duramente il premier, arrivando anche al contatto con le forze dell’ordine: la tensione però è presto rientrata.
Anche in questo caso però, Renzi è stato inamovibile: entro Natale tornerà a Taranto, perché entro dicembre l’Ilva avrà quasi certamente un’altra proprietà e altri azionisti. Renzi ha confermato l’esistenza di vari gruppi industriali stranieri interessati a rilevare l’Ilva, ribadendo un concetto noto: che qualsivoglia piano industriale dovrà recepire il piano ambientale, per consentire allo stabilimento tarantino la riconversione degli impianti inquinanti dell’area a caldo.
Un’impresa titanica, che abbisogna di svariati miliardi di euro. Ma spazio per altri confronti o per una riconversione dell’economia del territorio tarantino non ce ne sono: perché anche in questo caso l’Ilva è un’azienda strategica per una «potenza industriale» come l’Italia. Sia come sia, la situazione finanziaria dell’Ilva è tutt’altro che rosea: ottenendo in settimana la prima tranche del prestito ponte dalla banche ammontante a 155 milioni, il commissario straordinario Piero Gnudi ha dato il via al pagamento degli stipendi di agosto, che molti operai otterranno soltanto domani, in ritardo di alcuni giorni sulla data del 12 che è da sempre quella in cui vengono pagati gli stipendi.
Renzi ha concluso il suo tour pugliese, affermando che «la gente fa il tifo per me»: resta da chiarire a chi si riferisse.
Il nostro presidente del consiglio non conosce la lingua italiana. Come farebbe altrimenti ad affermare che «chi dice no non può dire stop»? Ma non è questo il peggio. Abbiamo già denunciato le scelte sbagliate e distruttive che sono alla base dall'accettazione italiana del gasdotto Tap. Ma le parole che ha pronunciato a proposito della distruzione di Peschici sono impressionanti. Non può non sapere che il suo Sblocca Italia, e tutto ciò che il governo Renzi-Lupi nella politica del territorio è la matrice di nuove catastrofi innaturali: se non si tratta di cinismo si tratta di incapacità di comprendere le conseguenze delle proprie azioni.