Una riflessione lucida sui disastri provocati nella Città Metropolitana milanese dalla Delrio, una legge inadeguata, scaturita da obiettivi incongrui e potenzialmente dannosa. arcipelagomilano.org, 4 luglio 2017 (m.c.g.)
Come noto il Decreto Salva Italia all’inizio, e a seguire la Legge Delrio e le Finanziarie degli ultimi anni, hanno fortemente ridimensionato risorse, ruolo e capacità di azione di province e città metropolitane, fino alla situazione critica che si può constatare oggi, ampiamente descritta nei tre interventi citati.
È certo difficile governare in una situazione di così grave carenza di risorse, che è stata voluta per smantellare le strutture provinciali ancora prima di avere portato a compimento la Riforma Costituzionale, ma che è stata ciecamente applicata anche alle città metropolitane, di fatto tarpandone le ali già sul nascere, nonostante la loro istituzione sia stata sbandierata come uno degli obiettivi importanti della legge. La situazione, a parte qualche piccolo e marginale palliativo, continua paradossalmente anche dopo la bocciatura della Riforma.
È certo difficile governare quando la Regione vede la Città metropolitana come un ingombrante concorrente nel controllo del territorio. Già ai tempi della Provincia di Milano, appena si è presentata l’occasione la Regione ne aveva favorito il ridimensionamento affrettando l’istituzione della nuova Provincia di Monza e Brianza. La Città metropolitana è oggi molto più piccola del sistema metropolitano reale (2), e la Regione si oppone a ogni richiesta di allargamento che viene dai comuni confinanti, come mostra il recente caso di Vigevano (3).
È certo difficile governare quando il Sindaco di Milano – e della Città metropolitana – ha intuito i vantaggi operativi e politici del doppio incarico, che per legge gli assegna la disponibilità di un territorio molto più ampio senza dovere rispondere, nella verifica elettorale, ai cittadini dei comuni di cintura, e quindi interpreta questo secondo incarico esclusivamente come ancillare alle finalità del primo. Non è un caso che l’elezione diretta inserita nello Statuto della Città metropolitana venga posposta a data da destinarsi, il più possibile lontana nel futuro.
È certo difficile governare quando ANCI, l’associazione dei comuni, si oppone con tutto il suo peso a ogni tentativo di regolare il consumo del suolo nei piani comunali, che è uno degli argomenti sui quali le province hanno negli anni fondato la propria competenza di pianificazione del territorio. La recentissima (fine maggio) modifica alla Legge Regionale 31/2014 sul consumo di suolo permette ai comuni di attuare direttamente questa legge, autocertificando il rispetto dei generali e generici criteri del PTR (piano territoriale regionale), e allontanando molto in là nel tempo la redazione del PTM (piano territoriale metropolitano), che dovrebbe contenere regole rivolte ai comuni più dettagliate di quelle del PTR.
È certo difficile governare quando la già citata modifica di legge, invece di contenere il consumo di suolo come dichiara nel titolo, finisce in modo paradossale, ma probabilmente voluto, per accelerare l’attuazione di quanto già programmato. In che modo? Regalando un plusvalore ai fortunati proprietari delle aree già programmate nei Piani dei comuni, anteponendo il riequilibrio dei bilanci di società e banche al governo del suolo come bene comune.
È certo difficile governare quando la Regione con il nuovo PTR condiziona il futuro delle aree urbane più rilevanti, compresa buona parte del territorio metropolitano, alla preliminare approvazione di accordi negoziali di interesse regionale (quindi di iniziativa e guidati dalla Regione), limitando in questo modo l’autonomia degli strumenti di pianificazione territoriale della Città metropolitana, delle province, e degli stessi comuni capoluogo (4).
È certo difficile governare quando diventa sempre più sistematica la marginalizzazione della Città metropolitana sui temi strategici del territorio, come già sperimentato per esempio nelle vicende inerenti le aree Expo, o di recente le aree ferroviarie dismesse (i famosi scali), che sono patrimonio pubblico e dovrebbero servire alle esigenze dell’intera comunità metropolitana, non solo di chi vive entro i confini di Milano.
L’elenco potrebbe continuare. Se certo è difficile governare in queste condizioni, tuttavia almeno in quelle poche occasioni in cui ci sono i poteri e qualche risorsa si deve cercare di usarli il meglio possibile. Vedo invece in alcuni interventi recenti ancora citato il Piano strategico approvato un anno fa come buona pratica della Città metropolitana, nonostante le numerose critiche pubblicate, anche su questo sito, che ne hanno evidenziato la pochezza. Basta andare a rileggerne alcune del 2016, sono sempre attuali (5).
Il Piano strategico è stato affidato ad una struttura esterna, quando invece ci sono valide competenze interne, ed è stato tenuto separato dal PTM (Piano territoriale metropolitano), nonostante i due strumenti siano complementari e dovrebbero procedere assieme, il più integrati possibile. Gli uffici di pianificazione territoriale della Città metropolitana, anche se ridotti nei ranghi, possiedono solide competenze tecniche, ed una pluriennale esperienza nel rapporto con gli uffici tecnici dei comuni, quindi una conoscenza approfondita e puntuale dei problemi territoriali, che nessuna struttura esterna può neppure lontanamente eguagliare.
Il Piano strategico è stato attivato e approvato in tempi abbastanza rapidi, mentre il PTM deve ancora partire. Ma le indicazioni del Piano strategico rimangono nel libro dei sogni se non sono accompagnate e integrate con le regole e modalità di governo del territorio che solo il PTM può possedere. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2921 del giugno 2016, proprio sul caso di un comune del Milanese, ha riaffermato il ruolo di coordinamento della pianificazione territoriale provinciale e metropolitana, e ne ha ribadito la centralità rispetto alla pianificazione dei comuni. I contenuti di questa sentenza sono lì a disposizione, hanno efficacia immediata, vanno semplicemente usati.
Se andare avanti nelle sfavorevoli condizioni di contorno attuali è difficile, almeno partiamo cercando di fare bene quel poco che norme, risorse, competenze, giurisprudenza e altre condizioni ci consentono oggi di affrontare (6).
(1) Si vedano gli interventi su ArcipelagoMilano di Valentino Ballabio del 7 giugno 2017, di Arianna Censi del 13 giugno e di Ugo Targetti del 20 giugno.
(2) Sulla questione delle dimensioni di città e sistema metropolitano segnalo i miei interventi su ArcipelagoMilano del 16 settembre 2016 e dell’11 maggio 2016. Se l’ampliamento della Città metropolitana fino a coincidere con il Sistema metropolitano reale è troppo complesso e irrealistico, bisogna quantomeno immaginare un sistema di governance che coinvolga nelle decisioni sul sistema metropolitano almeno capoluoghi e polarità urbane delle province confinanti.
(3) Sulla stampa locale il Presidente della Regione ha dichiarato recentemente la propria contrarietà alla domanda del Comune di Vigevano di annessione alla Città metropolitana; si veda per esempio l’articolo sulla Provincia Pavese del 15 giugno 2017.
(5) Alcuni interventi sono stati pubblicati su ArcipelagoMilano il 12 aprile 2016, si vedano per esempio quelli di Giorgio Goggi e di Riccardo Cappellin. Cito anche un mio intervento sempre su ArcipelagoMilano del 24 maggio 2016.
(6) Per un riassunto dei contenuti della sentenza si veda il mio intervento su ArcipelagoMilano del 13 luglio 2016.