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Edmondo Berselli
Parlamento di anime morte
11 Marzo 2009
Articoli del 2009
In un qualsiasi altro paese a democrazia rappresentativa un leader che parlasse così sarebbe ricoverato. La Repubblica, 11 marzo 2009

Eccola la democrazia berlusconica, cioè la democrazia supersonica. Davanti all’assemblea dei deputati del Pdl, il premier ha chiarito quali sono le riforme istituzionali a cui tiene. Liquidare i regolamenti parlamentari «inadeguati», riassumere il voto dei singoli nel voto dei capigruppo, in modo da procedere indisturbati all’approvazione delle leggi. Senza dibattiti, con il voto perlopiù nelle commissioni, e l’aula che si riduce a un coro muto. Il governo decide, e le anime morte guardano.

Questa sarebbe la modernità. Una modernità spettrale e per ora solo berlusconiana, dal momento che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, poco dopo avere candidato informalmente il premier al Quirinale, ha liquidato con freddezza il nuovo numero del capo del governo. Ma anche quest’altra sortita del premier, esposta fra storielle di vita vissuta, scherzi sulla sua età, accenni ridenti alle fidanzate del ministro Frattini, inni alla libertà e all’ottimismo, rappresenta un segnale fin troppo chiaro di quale sia la concezione della democrazia nella versione di Berlusconi.

Dunque, efficienza, rapidità, tempestività. Ma non si avverte un sentore, altro che di modernità, di procedure rudimentali, un che di medievale e imperfetto, di corporativo e di vincolante, tutto a scapito delle libere decisioni dei rappresentanti della nazione (per il momento, a rigor di Costituzione, eletti senza vincolo di mandato)? Sotto questa luce, è inutile perfino addentrarsi nelle tecnicalità, e discutere ad esempio su come si potrebbe svolgere nei fatti il voto in dissenso, e immaginare invece quali forzature si prospetterebbero sulla libertà e la volontà dei singoli nel giudizio parlamentare dei provvedimenti.

Occorre piuttosto prendere atto che Berlusconi persegue un suo disegno di svuotamento delle istituzioni e di restringimento di tutte le sedi di discussione. Lo si era avvertito nei giorni del caso Englaro, con le minacce sul «tornare al popolo» per farsi concedere la possibilità di governare per decreto. Da tempo circolano voci e sussurri sull’intenzione berlusconiana di cercare il pretesto per una nuova e plebiscitaria investitura elettorale. Ma in realtà non passa giorno senza che affiori un’intenzione tesa al ridimensionamento della rappresentanza. Quindi fra i sorrisi e gli scherzi di ieri si avverte in realtà la violenza di un nuovo strappo, che si aggiunge ai precedenti, e configura un’idea di democrazia tanto suggestiva per il decisionismo berlusconiano e quanto inquietante per tutti gli altri.

Il capo plebiscitato da un popolo "mediatizzato" emana ordini, una sorta di gabinetto consortile dà forma alle leggi, un parlamento anonimo, possibilmente dimezzato negli organici, approva attraverso l’inchino dei suoi rappresentanti. Altro che modernità. Questo è l’ancien régime. Un potere indiscusso che presiede una forma di rappresentanza premoderna, dai diritti depotenziati.

Gli effetti dell’attacco berlusconiano, ora strisciante ora conclamato, sono già prevedibili. In primo luogo risulterà impresentabile qualsiasi progetto di riforma costituzionale, perché anche i cambiamenti in apparenza più ragionevoli, come l’eliminazione del bicameralismo e la riduzione dei parlamentari, si iscriverebbero comunque del disegno voluto da Berlusconi. Allora arriveranno altri strappi, altre lacerazioni, presentate ogni volta sotto il vessillo della razionalità, e brandite provocatoriamente contro l’immobilismo altrui.

Ecco perché nel frattempo si dovrà guardare con serietà e preoccupazione alle elezioni europee. Un altro sfondamento berlusconiano preparerà il terreno a ulteriori «pulsioni autoritarie», come le hanno definite nel Pd. Converrà allora essere consapevoli di quale posta Berlusconi ha messo sul tappeto. Perché, ridendo e scherzando, ci si gioca la qualità democratica della Repubblica.

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