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Massimo Zucconi
Parchi della Val di Cornia: indietro tutta?
16 Luglio 2012
Scritti ricevuti
La pulsione suicida (o peggio) di amministratori e politici locali: largo al “marketing” e stop alla valorizzazione di archeologia e paesaggio. Scritto per eddyburg, 16 luglio 2012 (m.p.g.)

Il sistema dei parchi della Val di Cornia è stato, ed è tutt'oggi, uno degli esempi più avanzati e complessi di tutela e valorizzazione integrata del patrimonio culturale e naturale di un territorio. Prende vita dalla pianificazione urbanistica coordinata di 4 comuni della Val di Cornia degli anni 70-90, è stato il luogo di feconde ricerche in campo archeologico e naturalistico, è stato costituito per esclusiva volontà dei Comuni senza ricorrere ad enti parco ed è gestito da una società pubblica che ha raggiunto livelli altissimi di autofinanziamento (99% nel 2007) con tangibili ricadute sull'economia locale, in particolare sul turismo. Tuttavia, neppure questi risultati sembrano mettere al riparo l'esperienza dei parchi della Val di Cornia da regressioni nelle politiche di tutela del patrimonio culturale, nella stessa gestione associata del sistema e, più in generale, nella percezione del valore strategico del progetto.

In una recente assemblea, Renzo Casini, esponente del PD, e il Sindaco di Campiglia Rossana Soffritti, hanno espresso giudizi preoccupanti sui parchi.

Sorvolo sulle affermazioni di Casini, secondo il quale nella società Parchi, definita “carrozzone”, ci sarebbero sei dirigenti. Sono affermazioni del tutto prive di fondamento, perchè quella società non ha dirigenti, ha il costo del personale più basso tra le società partecipate, ha assicurato la gestione di parchi e musei con costi inferiori a quelli di strutture simili e, per questo, viene ancora oggi considerata una buona pratica a livello nazionale. Posso dirlo a ragion veduta, avendola amministrata per 9 anni. Sconcerta che Casini, evidentemente molto male informato e mosso da un irresponsabile calcolo politico, neghi l’evidenza e getti discredito su un progetto che ha cambiato in positivo la nostra economia.

Preoccupazioni maggiori destano le affermazioni del Sindaco, per il quale sarebbero state fatte “troppe ricerche archeologiche”, “troppe valorizzazioni” ed ora è giunto il momento di dedicarsi al “marketing territoriale”. Basta analizzare i bilanci per capire che i risultati economici dei parchi sono migliorati man mano che, grazie alla ricerca e oculati investimenti, le aree archeologiche di San Silvestro e Populonia si arricchivano di contenuti e attrattive. Così come lo sviluppo e la qualificazione del turismo in Val di Cornia è andato di pari passo con la crescita del sistema dei parchi. Disponendo di straordinari beni archeologici e naturali, solo in parte valorizzati, è proprio sicuro il Sindaco che la scelta giusta sia quella di fermare questo processo virtuoso? Io penso l’opposto e che, se ben condotto, il progetto dei parchi può crescere, dare risposte di lavoro ai giovani e sostenere lo sviluppo dell’economia locale.

Davvero singolare, poi, è sostenere che il “marketing” prescinderebbe dalla valorizzazione del patrimonio culturale. Secondo questa tesi, essendo l’Italia ricca di beni culturali e paesaggi, dovremmo sospendere studi e ricerche e trasformare archeologi, storici e naturalisti, in “venditori” di quello che altri hanno fatto prima di loro. Una visione miope, poiché il marketing non è scisso dal prodotto e si basa sulla crescita e sulla qualificazione delle offerte culturali e dei servizi. E’ inconcepibile che un territorio che ha queste potenzialità decida scientemente di rinunciarvi, proprio nel momento in cui sono venute meno le certezze dell’economia del secolo scorso, basata sull’industria manifatturiera e sulla speculazione immobiliare.

Senza considerare che il “marketing territoriale” non è la promozione di quello che c’è (questo lo stanno già facendo egregiamente la Parchi e le aziende turistiche), ma una strategia politico-amministrativa che individua i punti di forza dell’identità territoriale e su questi costruisce coerenti azioni di governo: funzioni che spettano ai Comuni e vanno svolte in forma associata. E’ l’opposto di ciò che accade in Val di Cornia, dove è scomparsa la sovracomunalità lasciando spazio a ricatti e decisioni arbitrarie dei singoli Comuni che indeboliscono anche la coesione sociale. Così come manca la coerenza strategica, perché non si può affermare che i parchi sono uno degli elementi forti dell’identità territoriale e compiere scelte che li mettono in contraddizione con le cave a Campiglia, la speculazione edilizia a Rimigliano o la pressione antropica sulla costa che rischia di snaturare il significato stesso delle aree naturali protette; mentre distese di pannelli fotovoltaici e impianti industriali disseminati nelle campagne negano il valore del paesaggio rurale e la tipicità dei nostri prodotti agricoli.

Dunque c’è un vuoto di analisi e di visione strategica che non si colma con slogan, scorciatoie o, peggio ancora, meschini calcoli politici, ma con seri confronti, senza menzogne, e un unico obiettivo: il bene comune e il futuro della Val di Cornia, tanto più in tempi di crisi.

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