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Antonio Sara; Sciotto Farolfi
Paradiso fiscale
14 Agosto 2009
Articoli del 2009
I fatti e il commento di Vincenzo Visco e di Stefano Fassina sulle promesse e le azioni del governo a proposito di tasse. Il manifesto, 14 agosto 2009

170 mila maxi evasori

Befera (Entrate): il crollo dell'Iva non c'entra nulla

di Sara Farolfi

Sono 170 mila i cittadini italiani nel mirino dell'Agenzia delle entrate nell'ambito delle indagini contro i paradisi fiscali. Dopo averne dato notizia, ieri il direttore delle Entrate, Attilio Befera, ha voluto rassicurare i paperoni: «L'obiettivo non è quello di perseguire i miliardari, ma di intensificare l'azione nei confronti di tutti coloro che hanno capitali detenuti illegalmente all'estero». I quali, per riportare in Italia senza conseguenze giuridiche i capitali illecitamente detenuti all'estero, potranno servirsi dello scudo fiscale ter (il terzo di Tremonti) che il governo ha inserito nel pacchetto anticrisi. I 'grandi' evasori potranno cioè rimpatriare i loro capitali pagando un'aliquota più che amica del 5% e con la garanzia che il loro rientro non verrà accompagnato da misure investigative e di controllo. Ma i 170 mila grandi evasori in questione potranno utilizzare lo scudo se le Entrate notificheranno gli atti entro ottobre (a partire da quando lo scudo entrerà in vigore). «Stiamo facendo il possibile per riuscire a notificarli nel più breve tempo possibile», dice al manifesto Attilio Befera.

Della lotta ai paradisi fiscali, come capitolo di una più generale battaglia per l'etica contro gli animal spirits del mercatismo, Tremonti vorrebbe fare la sua bandiera. Non lo aiutano provvedimenti come lo scudo, appunto, che molti commentatori hanno definito, non solo come l'ennesimo condono ma anche come una sorta di amnistia (perché estinguerebbe il reato). Tanto più se si considera - come fanno gli economisti de Lavoce.info - che «solo una parte trascurabile dei capitali rientrati in Italia con gli scudi fiscali dei primi anni Duemila si sono diretti verso investimenti nell'economia, mentre del terzo potrebbero ora approfittare le holding mafiose».

Non è tutto: dichiarare guerra ai paradisi fiscali senza la stipula di accordi bilaterali - come quelli siglati da Obama negli Usa - che impegnino i paesi in questione alla pubblicizzazione di dati, altrimenti coperti da segreto, sarà operazione ardua. Sollecitato, così risponde Befera: «La Svizzera e San Marino stanno dando segnali di collaborazione, quanto agli accordi noi siamo in Europa e gli Usa sono in un altro continente. Su questo comunque stiamo lavorando e sta lavorando soprattutto il ministero».

Ha spiegato ieri Befera che le Entrate sono in possesso di «una lista di nominativi sequestrati a un avvocato svizzero arrestato di recente dalla procura di Milano, una lista di conti presenti presso Ubs Italia e che si presume abbiano qualche riferimento con Ubs Svizzera e una lista di detentori di capitali nel Liechtenstein». Questo per quanto riguarda i «grandi», ma l'Italia come si sa è un paese fatto soprattutto di piccoli e medi evasori, un paese, per dirla con l'ex ministro delle finanze Vincenzo Visco, «dove l'evasione è fenomeno di massa». «I dati - dice al manifesto l'ex ministro - dicono che c'è un crollo micidiale dell'Iva, e questo è da ricondurre direttamente a un aumento dell'evasione». Befera d'altro canto contesta questa lettura e risponde: «Se così fosse allora paesi come la Spagna, la Gran Bretagna e la Francia, dove il calo Iva è stato decisamente più marcato, dovrebbero avere tassi di evasione di gran lunga più alti che da noi. A diminuire è stata l'Iva sugli investimenti, che è al 20%, e questo non significa affatto evasione fiscale».

Certo, le dichiarazioni dei redditi 2008 (relative ai guadagni 2007) rese note poche settimane fa dal dipartimento delle finanze, dicono tutt'altro. Ristoratori che dichiarano redditi da pensionati, metà paese sotto i 15 mila euro, una società di capitali su due che ha dichiarato di essere in perdita e solo lo 0,2% dei contribuenti italiani a dichiarare guadagni superiori ai 200 mila euro. Non sarà un caso se, come certificano i dati della Banca d'Italia, l'economia irregolare viene stimata in 230 mila miliardi di euro. Oltre il 15% del Pil.

Il PD Fassina: smantellati tutti gli strumenti

«Non conosceremo mai i nomi dei trasgressori»

di Antonio Sciotto

«Il governo intensifica i controlli fiscali? Più verifiche ci sono, meglio è, certo: ma in realtà è pura propaganda. Perché dall'altro lato l'esecutivo ha smantellato, sin dal suo insediamento, tutti gli strumenti per una vera lotta all'evasione, e questa è aumentata: lo dicono i dati sul gettito Iva». Stefano Fassina, responsabile Finanza pubblica del Pd, ha lavorato a lungo con l'ex ministro Vincenzo Visco, e conosce a fondo i provvedimenti adottati dal passato governo di centrosinistra, come i problemi legati al fisco. Boccia senza mezze misure il comportamento del governo verso gli evasori, e spiega che l'annuncio dell'accertamento sui 170 mila conti esteri, è motivato dal «rassicurare l'opinione pubblica interna dopo le cifre sul calo del gettito diffuse da Bankitalia, due giorni fa» e, dall'altro lato, «serve a giustificare il nuovo condono operato con lo scudo fiscale». Mentre «dall'estero l'Agenzia delle entrate non potrà avere in realtà i nomi degli evasori, per il semplice fatto che non ci sono accordi politici analoghi a quelli realizzati da Obama con le banche svizzere, o dalla Germania e dal Regno Unito con il Liechtenstein».

Insomma, non ci può consolare il fatto che questa lista di 170 mila nomi è in mano all'Agenzia delle entrate... Secondo voi hanno le armi spuntate.

Credo che sia solo propaganda. Ci sono due modi per combattere l'evasione, entrambi importanti e da attivare insieme. Se è bene che ci siano i controlli, dall'altro lato in un paese come l'Italia, con 40 milioni di contribuenti e 150 miliardi di euro di evasione, non puoi basarti solo sulle verifiche: per quanto le potenzi, al massimo potrai arrivare allo 0,5% dei contribuenti. Serve anche innalzare la cosiddetta «adesione spontanea», cioè tutti quegli strumenti che spingono chi evade a denunciare prima che ci sia un controllo. Con il governo Prodi avevamo creato un sistema che è stato smantellato del tutto da Berlusconi, appena si è insediato: con il decreto del giugno 2008, e poi con la finanziaria triennale del luglio 2008.

Ma l'evasione secondo i dati in vostro possesso è aumentata nell'ultimo anno?

Sì, dalla seconda metà del 2008 a oggi si sono persi circa 10 miliardi di gettito Iva, pari a un calo di circa il 10%. Al contrario, la base imponibile su cui principalmente questo gettito si forma, cioè i consumi delle famiglie, è lievemente aumentata. E attenzione: stiamo parlando di aumento effettivo dei consumi e di gettito Iva, dunque sono dati al netto della crisi. Ebbene: se aumenta la base imponibile e diminuisce il gettito corrispondente, non è forse un chiaro segno di evasione? Inoltre, all'Iva evasa, corrisponde anche un tot di Irpef evasa, dato che parliamo di reddito nascosto al fisco.

Quali strumenti ha smantellato il governo Berlusconi?

Quelli principali sono tre: 1) l'obbligo per le partite Iva di fornire l'elenco clienti-fornitori: permetteva di incrociare i dati sulle fatturazioni; 2) la tracciabilità dei corrispettivi e l'innalzamento del limite per emettere assegni circolari e pagare in contanti: noi lo avevamo fissato a 5 mila euro, l'attuale governo lo ha portato a 12.500 euro; 3) l'accertamento con adesione: sono state abbattute le sanzioni a un livello tale per cui conviene non dichiarare e aspettare l'eventuale comunicazione di accertamento; a quel punto dichiari e paghi la sanzione, che tanto è molto bassa. Comunque sui controlli dico: se è vero, come dice il direttore dell'Agenzia delle entrate Befera, che il gettito da controlli è salito da 600 milioni a 1 miliardo, dall'altro lato va considerato che sull'Iva perdiamo 10 miliardi.

Ma almeno adesso ci saranno gli accertamenti sui 170 mila evasori con i conti esteri.

Lo ripeto: è propaganda. Nei paradisi fiscali resta in vigore il segreto bancario, per cui finché non hai ottenuto, con precise negoziazioni e accordi, la possibilità di accedere agli elenchi - come di recente gli Stati Uniti con le banche svizzere, o il Regno Unito e la Germania con il Liechtenstein - è perfettamente inutile che inasprisci le sanzioni o inverti l'onere della prova sul contribuente, come ha fatto il governo. Tanto i nomi non te li danno: l'attuale esecutivo non ha raggiunto accordi precisi con i paradisi fiscali, non ci ha lavorato come gli altri Paesi.

Allora perché dichiarano di essere avanti su questo fronte?

Per rassicurare l'opinione pubblica dopo i dati diffusi da Bankitalia sul calo del gettito. Ma anche per spingere questi 170 mila evasori - di cui possono pure avere i nomi, ma che non possono accertare con la collaborazione delle banche dei paradisi fiscali - ad aderire allo scudo fiscale. Uno strumento, quest'ultimo, immorale e anche inefficace. Innanzitutto renderà al massimo il 2% del capitale rientrato: perché tutti dichiareranno di avere evaso solo nell'ultimo anno. E pensiamo che quei capitali, tassati normalmente, renderebbero il 40-45%. Poi è anonimo: dunque permette il rientro anche a capitali frutto di attività illecite o criminali. Infine è l'ennesimo condono, quindi alimenta inevitabilmente nuova evasione futura.

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