Consumo di suolo non è solo devastazione del paesaggio e della natura. E' anche minaccia all'alimentazione. Una riflessione per eddyburg sollecitata dal rapporto ISPRA presentato lo scorso 5 febbraio a Roma.
I dati presentati dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) lo scorso 5 febbraio fanno fare un passo in avanti al nostro Paese, aumentando la consapevolezza verso un temadi enorme attualità ed urgenza e mettendo le istituzioni in una posizione di rapidadecisione in merito. Ma il tema del consumo dei suoli è anche urgente perché èstraordinariamente legato alla contrazione della produzione di cibo. Insommaper forza di cose, se avanza il cemento, indietreggia il cibo. E seindietreggia il cibo, aumenta la dipendenza di una nazionedall’approvvigionamento di materia prima agricola dal mercato estero. Eprobabilmente il continuo aumento di questi ultimi anni della nostra spesa perimportare rispetto a quella per esportare cereali e prodotti agricoli di basenon è disgiunto dai consumi di suolo agricoli. Nel 2011 il saldo tra import edexport agricolo è di molto peggiorato andando a -1,2 Miliardi di EURO contro i-768 milioni del 2010…insomma spendiamo sempre di più per comprare materiaprima per cibo e sempre meno la esportiamo (fonte: Ministero delle PoliticheAgricole Alimentari e Forestali - Rivista telematica – www.aiol.it).
Ma non solo aumenta la dipendenza conl’estero. Aumenta anche l’esposizione al rischio di non essere più in grado diassicurare cibo ai propri abitanti con le risorse di suolo esistenti. Questo sichiama attacco alla sovranità alimentare o alla sicurezza alimentare (e ilministro Catania lo aveva ben evidenziato nel rapporto tecnico che accompagnavala prima proposta di legge). E in effetti se si fanno due calcoli trasformandoi consumi di suolo in cibo, vengono fuori cose sorprendenti.
Se accettiamo per un italiano una dieta calorica di 2500kcal/giorno e assumiamo, rielaborandole, le indicazioni di uno studio INEAriportato da Luca Mercalli (1) con cui si stabiliva la corrispondenza trafabbisogno calorico, varietà della dieta mediterranea (cereali, latte, grassi,carne, burro, uova, etc.) e superficie agricola necessaria per sostenere quelladieta, esce che occorrono circa 1500 m2 per persona per garantire il propriofabbisogno annuo. In altri termini vuol dire che con 1 ettaro mangiano 6,6persone.
Si tratta di una cifra di molto approssimata e indicativa che nontiene conto di tanti altri fattori ma che qui ci è molto utile per farci unordine di grandezza di cosa significhi il consumo di suolo in termini di contrazionedel cibo. Se quegli 8 m2 al secondo fossero terreni agricoli, sarebbe come direche ogni ora 19 persone in meno sono alimentabili in questo Paese con lerisorse di terra del Paese. Gli italiani stanno attentando a se stessi!Con quelle cifre, secondo me ancora sottostimate rispetto adun fenomeno che è probabilmente molto più acuto e diffuso (2), ogni anno non simettono a tavola 167.000 persone. È come se una città come Perugia o ReggioEmilia si trovasse da un anno all’altro senza cibo. E tutto questo calcolo èfatto immaginando di destinare tutta la produzione nostrana al mercatonazionale, cosa che sappiamo bene non essere vero, visto che il nostro ciboviene esportato in tutto il mondo e attrae eno-gastronauti da tutto il mondo. Pertantoi dati dovrebbero esser ancor più gravi. Quindi, come ho cercato di dire conquesto semplice esercizio sicuramente perfettibile ma sufficiente a farcicomprendere una parte importantissima del problema, il consumo di suolo insidiail Paese su più fronti e lo sta mettendo in ginocchio.
Gli strumenti con cui gestiamo il suolo sono vecchi e inadatti.Abbiamo leggi inadeguate (il testo unico ambientale definisce il suolo come leinfrastrutture e gli abitati…leggere per credere: art. 54 L. 152/06) e non vi èconsapevolezza che il suolo sia una risorsa ambientale fornitrice di serviziecosistemici per tutti (anche questo si è detto a Roma in quel convegno: vd.relazioni di Terribile, Claps, Marchetti, Gardi, etc.). Ma non solo. Ladimensione ambientale della risorsa suolo non è affatto intercettata tra lecompetenze urbanistiche dei comuni e delle altre amministrazioni. L’uso delsuolo continua ad essere dominato dalla rendita. Gli effetti ambientali deiconsumi non entrano in alcun bilancio. Ogni comune pianifica se stessotrattando il proprio territorio come una sorta di regno completamente disgiuntodal vicino. Rarissimi i casi di cooperazione sull’uso del suolo. E questo nonva bene perché paesaggio, suolo, ambiente, acqua…sono risorse in confinabiliche richiedono cooperazione pianificatoria che abbiamo perso del tuttosoggiogati da ben altri interessi.
Così anche l’urbanistica oggi deve farelucidamente i conti con le sue responsabilità che prendono nuovi nomi, come adesempio la responsabilità verso la tutela della sovranità alimentare. Ma moltiamministratori e urbanisti ancora sono lontani dal misurarsi con questadimensione che invece è urgente e grave (solo 8 italiani su 10 possono mangiaredai nostri campi).
Anche per tutto ciò credo sia urgente che, parlando dicontenimento del consumo di suolo si parli di riforma seria delle competenzedelle amministrazioni locali per quanto riguarda la materia ambientale e quindianche per l’uso del suolo. I comuni non possono più governare da soli, comesono stati di fatto ridotti ad essere (le province sono state svuotate e leregioni hanno spesso delegato tutto verso il basso), un patrimonio collettivodi interesse generale e comune (3), verso il quale occorre una dimensione diresponsabilità che supera i propri confini. Occorre aiutarli con strutture diaccompagnamento e di cooperazione per centrare un obiettivo comune, ben diversospesso dall’obiettivo del Comune.
(1) Mercalli L. e Sasso C. (2004), Le mucche non mangiano cemento, SMS, Torino, p. 225