Sono passati 10 anni da quando una norma sciagurata ha consentito di impiegare gli oneri di urbanizzazione per finanziare ogni tipo di spesa corrente. In pratica, per attenuare l’impatto del taglio dei trasferimenti statali, si sono sottratte risorse - già di per sé scarse - agli investimenti sull’infrastrutturazione pubblica.
I governi Renzi e Gentiloni hanno messo fine a questa deriva e una recente deliberazione della Corte dei Conti consente di tracciare il punto: dal primo gennaio 2018 “i proventi da “oneri di urbanizzazione” cessano di essere entrate con destinazione generica a spese di investimento per divenire entrate vincolate alle determinate categorie di spese” stabilite dalla legge. Queste ultime attengono a un’ampia serie di interventi, compresi il risanamento dei centri storici e delle periferie, la demolizione di costruzioni abusive, la riqualificazione ambientale e si estendono anche alle spese correnti, ma limitatamente agli interventi di manutenzione ordinaria sulle opere di urbanizzazione primaria e secondaria”
Ai sindaci spetta decidere, quindi, come impiegare le risorse, sperabilmente sulla base di piani e programmi che stabiliscano le priorità sulla base di pensieri lunghi e sistemici, dei quali abbiamo drammaticamente bisogno.
Qui si può scaricare la deliberazione 163/2018 della Corte dei Conti.
Sullo stesso tema, un articolo di Raffaele Lungarella, su sito lavoce.info, e uno di Marco Pompilio sul sito Millennio urbano.