Scherzi della storia. Mentre il mondo diventa carogna, chiude i confini, dirotta il cibo per farne carburante, alza muri alti quattro metri per impedire che entrino negli Stati Uniti non i terroristi ma i campesinos disperati in cerca di un lavoro che c’è (perché lo fanno solo i campesinos disperati), proprio in quel momento - in questo momento - compare sulla scena americana un candidato nero.
Ah, ma attenti. Non solo di discutibile etnia diversa, ma anche figlio di immigrato da Paese sospetto (il Kenya), nato da un matrimonio misto che i più condannano, e identificato da un nome che può bloccare la folla in attesa in qualunque cancello di immigrazione (se quei cancelli, nei Paesi che si vantano di essere civili, fossero ancora aperti).
Si chiama Barack Obama.
Chi gli vuole male e intende denigrarlo pronuncia intero tutto il suo nome - Barack Hussein Obama - Perché si percepisca tutta la sua estraneità e diversità. Chi non può sopportare il nuovo evento ha fatto circolare la voce che forse il candidato - Dio ce ne scampi - non è neppure cristiano. Poi si è scoperto che era cristiano, ma legato a una Chiesa e a un pastore così aspramente militanti, così (si direbbe in Italia) di sinistra radicale, da fare impressione e scandalo per le brave persone miti, middle class e bianche d’America, nelle pianure della Bibbia, nelle città degli operai, nei sobborghi borghesi, di cui di solito si dice “benpensanti”. Ma le brave persone miti, middle class e bianche d’America hanno continuato a votare per lui, immigrato, meticcio, e appartenente a una Chiesa sbagliata.
Scherzi della storia. Ore prima della proclamazione di un simile candidato, un aspro editoriale del New York Times descriveva in questo modo l'America ai giorni di George W. Bush. «Un giorno non riconosceremo noi stessi per ciò che stiamo facendo oggi: una nazione di immigrati tiene in schiavitù un'altra nazione di immigrati (il riferimento è ai clandestini, ndr), sfrutta il loro lavoro, ignora la loro sofferenza, ci condanna a restare fuori legge, li arresta e li espelle quando finge di scoprirli, con incursioni improvvise nelle case e nelle fabbriche, sparge terrore indiscriminato trattando lavoratori da criminali, mentre altri criminali-lavoratori prendono il loro posto illegale e fruttuoso, fino al rastrellamento, alla prigione, alla espulsione successiva. Un'America che attribuisce come unica identità di esseri umani che lavorano la condizione di clandestini; macchia di vergogna la nostra identità, la nostra storia». Scherzi della storia. In quell'America si sono fatti avanti, dal lato umano e liberale di un'America che non è morta con Martin Luther King e con Robert Kennedy, un candidato donna, con lo slancio straordinario e infaticabile di Hillary Clinton (la stessa Hillary Clinton che aveva scritto l'unica legge che avrebbe garantito completa assistenza sanitaria anche ai più poveri).
E un candidato nero che ha avuto il coraggio di dire: «Io sono questa America. Mentre la mia nonna bianca mi teneva stretto, bambino nero estraneo in tutto alla sua vita, decisa a difendermi da ogni male, aveva paura se gente nera si avvicinava a noi, incuriosita da quel piccolo nero stretto a una donna bianca, che si ritraeva con diffidenza». Nelle elezioni primarie ha vinto Barack Obama. È il candidato del Partito Democratico per la presidenza degli Stati Uniti. Chi lo ha sentito parlare crede di sapere perché. Dice che la forza gentile di Martin Luther King e il senso di giustizia non negoziabile di Robert Kennedy sono tornati con il giovane senatore che viene dal Kenya a guidare gli americani.
Gli americani ascoltano e vedono, con lui, con quella sua capacità immediata e istintiva di evocare il sogno, un altro Paese. Vedono un'America che forse c'è stata, un'America, pensano in molti, che può essere il futuro senza rabbia, senza vendette, senza solitudine, senza paure, senza guerre, senza l'orrore degli esclusi, sfruttati e cacciati. Scherzi della storia. Gli sta davanti, come avversario, un uomo bianco immensamente per bene che non vuole avere niente a che fare con l'America repubblicana che lo precede. Cerca anche lui un Paese pulito e rispettato, legato di nuovo ad amici alleati invece che ad alleati servi, con cui tentare di realizzare insieme una politica umana, in un mondo decente che si allontana dalla morte.
Troppa speranza? Per un giorno, non è peccato. Oggi, mentre scrivo, è il giorno in cui Robert Kennedy è stato ucciso, esattamente 40 anni fa. È un giorno perfetto per sognare.