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Nuovo soggetto cosmopolitico
19 Febbraio 2016
Sinistra
Un'occasione da non perdere per tentare di costituire una forza politica nettamente "di parte" che dia voce e speranza alle vittime della fase attuale del sistema capitalistico. Una cronaca del primo giorno dell'assemblea nazionale e il documento d'apertura.

Un'occasione da non perdere per tentare di costituire una forza politica nettamente "di parte" che dia voce e speranza alle vittime della fase attuale del sistema capitalistico. Una cronaca del primo giorno dell'assemblea nazionale e il documento d'apertura. Il manifesto, 19 febbraio 2016

NUOVO SOGGETTO COSMOPOLITICO
di D.P.


Sinistra. Al Palazzo dei Congressi la tre giorni romana, quasi-nascita del partito. Da oggi un fitto programma di tavoli, dibattiti, laboratori e colpi di scena. Ci saranno anche Zedda e Pisapia

Un ricordo di Giulio Regeni, il giovane ricercatore torturato e ucciso al Cairo, dei cui assassini ancora non si sa nulla. Un video sull’esaltante campagna elettorale di Bernie Sanders. Il promo di un film sulle trivelle (il regista è Emanuele Bonaccorsi) per ricordare che il primo appuntamento con il destino, per la nuova creatura politica che nasce, è quello del referendum del 17 aprile.

Partono oggi pomeriggio alle quattro — al Palazzo dei Congressi di Roma — le tre giornate di Cosmopolitica, la quasi-nascita del nuovo soggetto della sinistra. Il vero parto avverrà a dicembre, almeno secondo la proposta di molti del gruppo di organizzatori, quando dovrebbe tenersi il congresso fondativo; dopo il referendum sulla riforma costituzionale, che sarà uno spartiacque per il futuro del paese.

Il programma è fitto di dibattiti, laboratori, tavoli ma anche piccoli eventi e colpi di scena, in qualche misura. Il modello è quello della kermesse ’sellina’ Human Factor, e non è diversissimo dalla Leopolda renziana. Ma gli organizzatori smentiscono con fastidio: i dibattiti dei tavoli finiranno condensati in una sintesi che poi andrà a implementare il programma politico. Si vedrà.

Nei laboratori o nel palco della plenaria arriveranno figure storiche della sinistra italiana, come Luciana Castellina, ma anche storie più recenti, e più impreviste, come quella di Giovanna Martelli, consigliera per le pari opportunità del governo Renzi che qualche settimana fa ha lasciato il gruppo del Pd in polemica. C’è chi dice che potrebbe annunciare il suo avvicinamento a Sinistra italiana.

Ci saranno i sindaci Leoluca Orlando e Luigi De Magistris, ma anche Giuliano Pisapia e Massimo Zedda, che è vero che sono di Sel, ma la loro presenza non era per niente scontata: si tratta pur sempre della nascita di un soggetto ostile alle alleanze con il Pd in piena campagna elettorale nelle proprie rispettive città.

Fra gli scettici, ma con motivazioni opposte, anche Marco Revelli dell’Altra Europa e Paolo Ferrero del Prc, ma anche loro ci saranno. Come i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, un messaggio di Maurizio Landini, i presidenti di Legambiente, Arci, Arcigay.

Nichi Vendola non ci sarà, sarà presente con un video che sarà proiettato domenica. E c’è da scommettere che sarà un momento delicato per l’assemblea, quello del fondatore di Sel non presente al suo evento di trasformazione in nuovo partito.

Ma l’elenco è impossibile, il programma completo si trova su Cosmopolitica.org. Il calcio d’avvio è affidato a Betta Piccolotti, responsabile comunicazione di Sel, poi a Andrea Ranieri, il braccio destro di Sergio Cofferati che riassumerà il documento politico su cui nasce l’ipotesi del nuovo soggetto, e ancora il sociologo Carlo Galli, ex deputato Pd e ora entrato nel gruppo di Sinistra italiana e poi la filosofa Laura Bazzicalupo.

Più o meno a questo punto dovrebbe andare in onda il video di Laura Boldrini, la presidente della camera proveniente dalle file di Sel ma che guarda con qualche apprensione il percorso della ’nuova cosa’. Per la quale, spiega, è certa che ci sia «uno spazio politico». Altri due ’scettici’ della possibile radicalizzazione a sinistra saranno presenti di persona: domani Giuliano Pisapia, alle prese con grosse turbolenze nella sua ex lista, domenica Massimo Zedda.

Più tardi, già oggi, la prima assemblea plenaria sul percorso costituente, per dare un minimo di organizzazione e un comitato provvisorio nel periodo transitorio di qui al congresso (questa sessione sarà tenuta da Peppe De Cristofaro, senatore e responsabile organizzazione di Sel).

L’assemblea si riconvocherà domani alla stessa ora. Qui si parlerà della forma partito, qui si deciderà il nome della nuova cosa, almeno quello provvisorio. «Sinistra italiana» per ora è il più quotato da Sel ed ex Pd, ma anche il più criticato dai movimenti.

Domani sarà giorno dei ventiquattro tavoli tematici (dai diritti civili al disarmo, dalla sanità al futuro del terzo settore, dalle banche all’antimafia fino al Sud e all’accesso ai saperi, dal Jobs Act all’austerità alla criminalizzazione delle migrazioni), e della discussione sulla democrazia digitale anche per cominciare a prendere le misure con Commo, la piattaforma digitale del nuovo soggetto politico, che rischia di essere una presenza sovraccarica di senso — forse anche di aspettative — sin dall’inizio del nuovo percorso.

Nel pomeriggio quattro assemblee sulle altrettante aree tematiche che sostanzieranno le quattro prime campagne del nuovo soggetto, insomma il primo abbozzo di programma. «Democrazia, partecipazione, riforme costituzionali», «Saperi, scuola, istruzione, conoscenza», «Ambiente, clima, conversione ecologica dell’economia», «Lavoro, welfare, politiche economiche».

CONQUISTARE I DELUSI
IL PARTITO NODO DELLA RETE
di Cosmopolitica
Il documento di apertura del congresso della sinistra a Roma. Un nuovo spazio, politico e alternativo, per rispondere a chi ha perso la fiducia ma non rinuncia
Viviamo in un tempo in cui comandano i mercati, e se dentro i mercati comanda il grande capitale finanziario, la democrazia si restringe. Nei tempi, così come nei contenuti, “i mercati non aspettano” perché le scelte sono determinate non dai bisogni e dai desideri dei cittadini ma dalla disponibilità del grande capitale ad investire in un determinato territorio. E come è noto i capitali preferiscono collocarsi dove minori sono i salari e i diritti.

La competizione politica in questi anni ha avuto come posta il dimostrarsi più efficiente e più pronta a modellare il proprio paese secondo i dettami del pensiero unico neoliberista. Ma è così che la politica perde la sua ragion d’essere e la sua credibilità.

Se la politica agisce sulla base di stati di necessità determinati altrove, le persone ritengono sempre più inutile votare e partecipare alla vita dei partiti. Specialmente le persone più povere, per reddito e per sapere. La politica che compete nel campo ristretto disegnato dagli interessi del grande capitale finanziario diventa sempre più rissosa e meno trasparente. La degenerazione morale della politica origina dal venire meno di chiare alternative strategiche, di interessi e di valori.

Se gli obiettivi da raggiungere sono per tutti gli stessi, se si rifiuta in partenza l’idea che un altro mondo è possibile, se cadono le distinzioni che hanno segnato le storie della sinistra e della destra, la politica diventa sempre di più un affare interno di chi nella politica investe per affermare se stesso. La casta dei professionisti della politica, che si rottama per rigenerarne una nuova.

È per questo che abbiamo deciso di intraprendere la strada della costruzione di un partito della sinistra. Perché siamo partigiani. Rispetto alla parte che ha voce, soldi, potere noi scegliamo l’altra parte, quella che oggi non trova voce e ascolto dentro la politica istituzionale. La parte di quelli che hanno visto ridurre il proprio reddito e la possibilità di decidere della propria vita, mentre ricchezze e potere si sono concentrati nelle mani dei pochi. La parte di quelli che credono che il sapere sia un modo per orientarsi nel modo e per orientarlo, che stia insieme alla libertà e alla bellezza e non alla ricerca del profitto e dell’utile. La parte delle intelligenze negate, di quelli a cui non è stata data la possibilità di accedere al sapere e di quelli che vedono ogni giorno svalorizzata la conoscenza che hanno acquisito con impegno e fatica. La parte di quelli che non misurano l’uscita dalla crisi sulla base di qualche decimale di PIL in più o in meno, magari trainati da quegli stessi fattori (il petrolio a buon mercato, l’aumento della liquidità monetaria) che hanno provocato la crisi economica e messo a rischio il pianeta; bensì dal lavoro buono e dignitoso che si riuscirà a costruire, dalla salubrità dell’ambiente in cui viviamo, dalla diffusione del sapere e della cultura, dalla salvaguardia e dall’estensione dei beni comuni, da una più equa redistribuzione dei profitti dalle rendite finanziarie verso i salari, la ricerca libera e l’innovazione tecnologica.

Rispetto ad un mondo che ha subordinato ogni cosa all’utile e al profitto siamo dalla parte dell’uguaglianza e della libertà.

Ma i partiti attuali non sembrano avere nessuna voglia di affrontare le ragioni vere della loro crisi di rappresentanza, che si manifesta nel crescente astensionismo e nel venire meno della partecipazione alla loro vita. Hanno anzi scelto quasi ovunque la strada del decisionismo e del restringimento degli spazi nei quali si esercita la democrazia. Si vota per decidere chi comanda. Dopo starà a chi comanda esercitare un potere sempre meno trasparente e sempre più subalterno alle logiche del grande capitale.

È questa la ragione di fondo che orienta la riforma della Costituzione e quella delle legge elettorale che il Parlamento ha votato e che saremo chiamati a confermare o a respingere con un referendum.
Se si intende continuare a smantellare lo stato sociale, a ridurre i diritti di chi lavora, a martoriare il territorio con le grandi opere e le trivellazioni, occorre ridurre gli spazi dove il popolo e che lo rappresenta prendono la parola. Il Parlamento deve essere un luogo di maggioranze blindate e di truppe fedeli, con tempi sempre più ristretti per discutere e deliberare.

Rischiamo di diventare la repubblica del silenzio ­assenso rispetto alle decisioni di chi comanda. E si riducono le risorse economiche e progettuali a disposizione delle autonomie locali, quelle che comunque devono fare i conti in presa diretta con le domande dei cittadini.

Il referendum per la Costituzione sarà il primo terreno su cui il nuovo soggetto politico in costruzione si cimenterà. Per evitare che venga prosciugata l’acqua in cui la buona politica può esercitarsi.

Non sarà solo una battaglia a difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Sarà una battaglia per dare alla Costituzione piena attuazione. Dal diritto al lavoro, a quello alla salute, alla casa, all’istruzione e alla cultura, promuovendo campagne e se occorre referendum per affermare i diritti negati dalle misure del governo su questi terreni. E per affrontare con lo spirito della nostra Costituzione i nuovi grandi problemi che mettono a rischio la convivenza e la vita stessa nel nostro Paese e nel Pianeta.

Il riscaldamento climatico, le migrazione dei popoli, la risposta al terrorismo e alla guerra, il diritto ad una vita felice delle donne e degli uomini indipendentemente dal loro orientamento sessuale. E come aprire nei luoghi del lavoro e della vita spazi di partecipazione nei quali le persone siano chiamate a deliberare sulle scelte che riguardano il loro presente e il loro futuro.

Il partito che vogliamo costruire si presenterà alle elezioni ma non sarà il partito delle elezioni.
Sarà presente nelle istituzioni ma non sarà il partito degli eletti. Sarà il partito che intende promuovere la democrazia di ogni giorno. E che assicurerà il suo pieno sostegno e quello delle sue stesse presenze istituzionali, come già oggi fanno il gruppo parlamentare della sinistra italiana e gli amministratori locali impegnati sul progetto, a tutti i movimenti, i sindacati, le associazioni che nel territorio e nei luoghi di lavoro promuovono partecipazione e conflitto.

Perché sa che nessun vero cambiamento è possibile senza rivitalizzazione della società e del tessuto democratico diffuso del nostro Paese, senza ricostruzione della trama sociale lacerata e divisa da anni di egemonia politica, culturale, economica e sociale del neoliberismo.

Nella società degli individui frammentati e massificati, tenuti insieme dalla cultura del consumismo, vince la destra comunque si chiami. Il nostro partito non pretenderà di esser il soggetto unico della politica. Se c’è ancora speranza di salvare l’Italia e l’Europa è perché in questi anni migliaia di presone hanno continuato a pensare e a ragionare insieme sulle scelte che riguardano la loro vita e il loro rapporto coi grandi problemi del mondo. Cominciando a praticare le cose che chiedevano e rivendicavano.

Dal diritto alla casa, all’istruzione, alla salute, al rispetto dell’ambiente, alla solidarietà attiva nei confronti dei migranti, alla difesa e alla valorizzazione del beni comuni. La nostra aspirazione al governo e la nostra possibilità di governare si fondano sulla piena autonomia e sulla creatività di questi soggetti. Soggetti che dal canto loro ogni giorno verificano come, proprio per salvaguardare la loro autonomia e la loro capacità di incidere, sia necessaria anche una presenza che ne assuma contenuti e obiettivi nelle sedi dove si possono spostare e finalizzare risorse, dove di decide lo spessore delle frontiere,la pace e la guerra. Nel governo delle amministrazioni locali, degli Stati, dell’Europa.

Questo intreccio fra movimenti sociali e obiettivi di governo spiega l’avanzata in Europa di una nuova sinistra, da Syriza a Podemos. E l’affermarsi in alcuni degli stessi partiti storici di leaders esplicitamente alternativi al neoliberismo dominante e al predominio della finanza.

Jeremy Corbyn in Inghilterra. Bernie Sanders negli Stati Uniti. Si apre oggi in Italia, in Europa, nel mondo un nuovo spazio politico a sinistra oltre la crisi delle socialdemocrazie. Il nostro partito non pensa se stesso come il vertice di una piramide ma come il nodo di una rete in cui si moltiplicano le esperienze di autogestione, di mutualismo, di auto organizzazione.

Nemmeno il percorso che intendiamo intraprendere per fondare il nuovo partito sarà verticale, tanto meno verticista. Nessuno deve essere legittimato a dirigere sulla base delle sue precedenti esperienze di direzione.

Perché anche il modo di fare politica di chi ha messo a disposizione sé stesso per il nuovo progetto, nei partiti come nei movimenti, non è stato esente dai molti dei vizi della politica che vogliamo superare. E perché oggi l’intelligenza necessaria ad affrontare i grandi problemi che il mondo attraversa è diffusa tra quelle migliaia di persone che mentre la politica insisteva nei vecchi rituali e nelle vecchie formule, hanno provato a tenere insieme e a pensare insieme i loro problemi e i problemi del mondo. Sono loro che devono essere protagoniste del percorso che si apre. Sono le loro idee, le loro esperienze che devono nutrire il percorso a partire dai tre giorni di febbraio. Loro come persone e non per la tessera che hanno in tasca.

Il nuovo soggetto non può essere la semplice unione tra quanti in questi anni hanno provato a resistere, coi loro partiti o come minoranza nel partito di Renzi, alla deriva neoliberista e decisionista.
Non ha come obiettivo di conquistare una dignitosa percentuale all’interno di un corpo elettorale drasticamente ridotto dalla sfiducia e dall’astensionismo. Deve avere l’ambizione di conquistare alla partecipazione democratica gli sfiduciati e i delusi: e i tanti che fanno politica, la politica che conta, nei luoghi del lavoro e della vita.

È per questo che abbiamo detto no al nuovo soggetto come federazione delle esperienze organizzate esistenti.È per questo che partirà una vera e propria marcia per l’alternativa, un cammino di assemblee e di piccoli e grandi incontri che attraverserà l’Italia per organizzare il confronto pubblico sui temi, coinvolgendo reti sociali e di movimento, associazioni, ricercatori, sindacati e singoli cittadini in una grande discussione sul futuro del paese.Chi farà nel nuovo partito la sua prima esperienza politica deve contare quanto chi viene da una lunga storia.

Certamente sarà necessario dare vita a strutture di coordinamento e di servizio che organizzino la partecipazione e la mobilitazione sugli obiettivi che insieme ci daremo. Ma siamo chiamati tutti a vigilare perché questa delega provvisoria fino al Congresso Costituente non sia una requisizione del dibattito politico e delle decisioni.

Le strutture territoriali che costruiremo non dovranno essere semplici terminali per mobilitare la gente su decisioni assunte altrove, ma i momenti essenziali della stessa elaborazione politica.
I grandi obiettivi generali che ci daremo saranno tanto più forti e convincenti quanto più nasceranno dalle pratiche sociali e dai pensieri che le alimentano.
I nuovi strumenti di comunicazione, come la piattaforma digitale, così come il coordinamento intelligente delle occasioni più tradizionali di confronto diretto, rappresenteranno i luoghi nei quali si incontreranno le idee e le proposte nate nei territori, per diventare patrimonio di tutte e di tutti.
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