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Nuovo passante Alpe Adria o “vecchia” autostrada Venezia-Monaco?
7 Agosto 2010
L'Italia è grande
Alle demenze nazionali in materia di trasporti si aggiungono quelle locali, come denuncia il comitato interregionale Carnia-Cadore “Peraltrestrade Dolomiti”

Il prolungamento dell’A27 da Pian di Vedoia a Pieve di Cadore potrebbe essere presto una realtà, o così si vuol far credere.

Dovrebbe trattarsi di una infrastruttura lunga 21 km, per metà in galleria, per il resto su rilevato o viadotto, che si svilupperà lungo la stretta valle del Piave affiancandosi alla statale 51 di Alemagna, alle varianti già aperte (alle quali, guarda caso, manca solo il tassello Longarone-Castellavazzo, il nodo più cruciale) e alla linea ferroviaria. Costo dell’opera 1.200 milioni di euro (duemilacinquecento miliardi di vecchie lire!), finanziata da privati (all’inizio si dice sempre così), che puntano sui pedaggi per rientrare con gli investimenti. Lo Stato interverrà con opere complementari. Questo sulla carta.

Il progetto preliminare, denominato “Passante Alpe Adria “, è del luglio 2007 ed è stato presentato a Longarone il 15 luglio scorso. L’elaborato porta le firme Rock Soil, Technital, Idroesse, Hidrostudio; coordinamento progettazione Territorio srl, studio professionale che fa capo all’arch. Bortolo Mainardi (che allo stesso tempo è membro del CDA dell’Anas e della VIA nazionale). La copertura economica è garantita da una proposta di finanza di progetto firmata dalle solite imprese Grandi Lavori Fincosit, Adria Infrastrutture e Ing. E. Mantovani. La concessione avrà una durata di 40 anni a decorrere dalla fine dei lavori.

Alla presentazione del progetto e del relativo Studio di impatto ambientale - redatto dalle stesse imprese proponenti l’opera - sono stati invitati i sindaci dei Comuni direttamente interessati dal tracciato ma, inspiegabilmente, nessun altro sindaco del Cadore, come se la cosa non li riguardasse.

Dalla data di presentazione sono scattati i 60 giorni per le osservazioni, dopo di che sarà la volta della commissione regionale VIA e del CIPE, infine il bando e l’assegnazione dei lavori, che dovrebbero partire nel primo semestre del 2012 per venire completati entro il 2016-17.

Siccome è chiaro a tutti, anche ai bambini, che un’autostrada che finisce alle porte di Pieve peggiorerebbe la situazione della mobilità in Cadore, aumentando le code e intasando la viabilità ordinaria lungo tutta la valle del Boite da una parte e Auronzo e il Comelico dall’altra, contestualmente all’apertura di questo tronco si renderebbe necessario un suo prolungamento, preferibilmente in direzione di Monaco, e proprio a questo mirano Zaia, presidente della Regione Veneto, Muraro e Bottacin,rispettivamente presidenti delle Province di Treviso e di Belluno, nonché le confederazioni degli industriali veneti.

Tutto ciò premesso, cosa centrano la montagna dolomitica, i bisogni e le priorità della gente che vive nelle sue valli? Nulla, a conferma di quello che sappiamo già, cioè che delle Terre Alte e dei suoi abitanti poco importa ai politici di Venezia, di Treviso e – spiace doverlo constatare - anche di Belluno; tutti paladini all’insegna del “Federalismo” e del “paroni a casa nostra” (intendendo per “casa nostra” pure quella degli altri). Montagne, valli, genti, culture (sbandierate, quando fa comodo): in questo caso solo un fastidioso, irrilevante ostacolo fisico da superare. Solo questo. Ad ogni costo.

Sembra di stare in un mondo rovesciato dove le risorse collettive non sono usate per aumentare il benessere dei cittadini (con servizi di trasporto adeguati, sanità all’avanguardia, istruzione di alto livello, infrastrutture tecnologiche) ma dirottati per garantire vecchie rendite di posizione a imprenditori e politici incapaci di innovare e di innovarsi.

I motivi che ci portano a riaffermare che da qualsiasi parte lo si guardi questo progetto non sta in piedi sono, per citarne alcuni:

- l’esigenza, ribadita dall’Europa, di spostare il traffico dalla ruota alla rotaia e di indirizzare gli sforzi economici e tecnologici sulla ricerca di nuovi sistemi di trasporto per persone e merci;

- la Convenzione delle Alpi che impedisce ogni nuovo attraversamento autostradale della catena alpina (anche se l’Italia non ha ancora firmato il Protocollo Trasporti);

- il no deciso di Alto Adige e della stessa Austria;

- il riconoscimento Unesco, non conciliabile con un’infrastruttura così impattante calata sul fragile territorio dolomitico;

- l’urgenza di abbandonare un modello di sviluppo dissipativo che distrugge più valore (economico e sociale) di quello che produce;

- l’arretratezza di un sistema di trasporti pernicioso e insostenibile per quanto riguarda le emissioni che alterano il clima;

- la necessità, dettata dal buon senso, di impedire ulteriore consumo di suolo in un paese dove scompaiono sotto il cemento e l’asfalto 300 metri quadrati di terra al minuto.

A queste ragioni, che da sole dovrebbero convincere a rinunciare al progetto, si aggiunge un problema di insostenibilità economico–finanziaria, che risulta evidente incrociando pochi parametri: costi di realizzazione, flussi di traffico, entità dei pedaggi.

I costi di costruzione sono molto elevati, per le caratteristiche del territorio; i flussi di traffico risultano bassi: lo studio prevede un transito (sul solo tronco autostradale) di 25.000 veicoli al giorno dal 2015, che diventeranno 41.000 nel 2039. Attualmente, se le nostre informazioni sono esatte, nelle domeniche di punta sul Ponte Cadore transitano 11/12.000 veicoli.

Da qui la proposta contenuta nella Bozza di Convenzione inclusa nel Progetto Preliminare che la statale 51 resti a disposizione dei soli residenti, mentre tutti gli altri – mezzi pesanti e leggeri – verrebbero obbligati a percorrere il nuovo tratto autostradale e a pagarne il relativo pedaggio. Allucinante.

Quanto ai pedaggi, riportiamo qui di seguito dal documento di analisi del NUVV (Nucleo regionale di Valutazione e di Verifica degli Investimenti): “.. sotto il profilo tariffario, il pedaggio chilometrico della proposta appare sensibilmente più elevato rispetto ad analoghe infrastrutture autostradali che attraversano regioni montuose e quindi applicano tariffe maggiori in relazione ai maggiori costi di ammortamento delle opere realizzate (gallerie – viadotti) come la A27 nel tratto Belluno - Vittorio Veneto, la A23 nel tratto Tolmezzo – Tarvisio e la A5 nel tratto Aosta – Ivrea, mentre appare più confrontabile con quelli applicati nei trafori del Monte Bianco, del Frejus, del Gran San Bernardo e del Ponte Europa e del Tunnel dei Tauri in Austria”.

Dal Piano Economico si deduce che un autoveicolo per percorrere i 21 km da Pian di Vedoia a Macchietto dovrebbe pagare 6 euro e un mezzo pesante circa 21 euro.

A chi propone un’opera fondata su questi presupposti viene voglia di dire: smettetela una buona volta di farci perdere tempo e denaro e occupatevi delle reali necessità del Paese e del territorio. Ma non è più sufficiente che questa affermazione provenga da PAS Dolomiti o da analoghe realtà a cui sta a cuore la nascita di una vera economia del Benessere: è tempo che si muovano anche le forze politiche più sane, gli amministratori più responsabili, i cittadini più sensibili; i montanari legati alle loro case non ancora violate, alla loro aria ancora pulita, alle loro acque non inquinate.

In altri tempi, di fronte a minacce di questo tipo, i discreti, non violenti abitatori delle valli avrebbero imbracciato i forconi e si sarebbero mossi in direzione di Venezia (ricordate la ferrovia?), facendo magari tappa a Longarone e a Belluno, ma i tempi sono quelli che sono, e il grado di consapevolezza anche, e tutto ciò non si è ancora verificato. Ma non è detta l’ultima parola.

3 agosto 2010

Altre informazioni agiornate e documenti interessanti sul sito del comitato PAS Dolomiti

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