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Antonio Cianciullo
Nucleare, il governo contro tre regioni
5 Febbraio 2010
Articoli del 2010
Questi federalisti del Re. “Ricorso alla Consulta: no alle leggi anti-centrali di Campania, Puglia e Basilicata”. La Repubblica, 5 febbraio 2010

Il consiglio dei ministri: "Materia di competenza nazionale". Si divide il centrodestra: stop all´atomo anche dalla Sicilia. Vendola: saremo disobbedienti

ROMA - Tra governo e Regioni è scontro istituzionale. Palazzo Chigi ha impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale le leggi con le quali Campania, Puglia e Basilicata avevano bloccato la costruzione di centrali nucleari sul loro territorio. I presidenti delle Regioni annunciano che andranno avanti, rivendicando il diritto di decidere che tipo di impianti di produzione elettrica ospitare.

Il responsabile dello Sviluppo Economico Claudio Scajola ha spiegato ieri la decisione del Consiglio dei ministri sostenendo che le tre leggi regionali «intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato, cioè la produzione, il trasporto e la distribuzione dell´energia elettrica, e non riconoscono l´esclusiva competenza dello Stato in materia di tutela dell´ambiente. Non impugnarle avrebbe costituito un precedente pericoloso». Il 10 febbraio il governo approverà i criteri per la localizzazione delle centrali nucleari.

«La destra, che a Bari finge di essere ambientalista votando a favore della legge che io ho voluto fortemente per la denuclearizzazione della Puglia, a Roma diventa ferocemente nemica dell´ambiente», ha ribattuto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. «Saremo la regione più disobbediente d´Italia e continueremo a dire no al nucleare».

Intanto il conflitto sull´atomo divide il centrodestra: la Sicilia ribadisce il suo no e quattro parlamentari pdl della Basilicata (Guido Viceconte, Cosimo Latronico, Egidio Digilio e Vincenzo Taddei) chiamano la loro Regione fuori dalla mischia: «La Basilicata può stare tranquilla: non ci sono le caratteristiche territoriali ed ambientali per realizzare lì una centrale nucleare o un deposito di rifiuti radioattivi».

I senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante si chiedono se «veramente l´esecutivo pensa di mandare avanti il suo programma nucleare a tappe forzate contro le Regioni, i Comuni, le Province e i cittadini, contando solo sull´esercito». Il presidente dei Verdi Angelo Bonelli ha definito la richiesta di annullare le leggi regionali «un atto fuori dalla democrazia». Per il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, è imbarazzante il livello di contraddizioni di un governo «che ha fatto del federalismo la sua bandiera e vuole centralizzare in modo arrogante e militarista le politiche energetiche».

Alla vigilia delle regionali, mentre il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani chiede di rendere noto l´elenco dei siti nucleari, il conflitto sul ritorno dell´Italia nel club dell´atomo fa salire di tono anche la campagna elettorale. Nel Lazio Emma Bonino, candidata del centrosinistra, ha dichiarato che «lo sviluppo non passa attraverso la ripresa obsoleta del nucleare. Sono due i punti nodali per portare lavoro e ripresa economica: efficienza energetica e energie rinnovabili»; mentre la candidata Pdl Renata Polverini non ha preso una posizione netta definendo «legittimo il ricorso del governo alla Corte costituzionale», ma «impensabile realizzare impianti nucleari senza il consenso delle Regioni».

Il terzo paradosso, infine, consiste nel fatto che attualmente le tre Regioni in questione sono governate dal centrosinistra: e tra queste, in particolare, la Puglia di Nichi Vendola, la prima in Italia per produzione di energia solare ed eolica, in grado ormai di coprire il 180 per cento del suo fabbisogno.

In vista delle prossime elezioni di marzo, dunque, l´esecutivo rompe gli indugi e sferra un attacco alle «Regioni del No» che nelle urne potrebbe rivelarsi però un boomerang. E anche se invoca ragioni di diritto e di merito, lo fa dichiaratamente a scopo dimostrativo: per evitare – come afferma il ministro Scajola – «un precedente pericoloso», cioè un effetto emulativo che minaccia di provocare una sollevazione generale da parte delle amministrazioni regionali, sia di centrosinistra sia di centrodestra. Ma soprattutto da parte delle rispettive popolazioni.

A ben vedere, i paradossi sono ancora più numerosi. Per dire, le incoerenze e le incongruenze che incrinano il diktat atomico. A cominciare dal dato inconfutabile che fu un referendum popolare nel 1987 a bocciare, e a grande maggioranza, lo sviluppo delle centrali nucleari nel nostro Paese. E in base ai sondaggi più recenti, questa avversione è tuttora largamente diffusa fra i cittadini italiani.

Il governo Berlusconi, poi, non esita a ricorrere in nome dell´atomo a quella stessa Corte Costituzionale che il presidente del Consiglio ha più volte attaccato, criticato e vilipeso nel nome della legge. Prima, quando la Consulta ha respinto il cosiddetto Lodo Alfano sull´impunità delle quattro più alte cariche dello Stato. E adesso sfida ancora con la normativa sul legittimo impedimento, appena varata dal Parlamento, che in realtà ripropone un meccanismo analogo a beneficio del premier e delle sue pendenze giudiziarie.

Per ironia della sorte, infine, l´offensiva contro le Regioni coincide casualmente con la visita ufficiale del presidente Berlusconi in Israele, durante la quale il capo del nostro governo ha rilanciato sul piano internazionale i sospetti che l´Iran intenda sviluppare il suo programma sull´energia nucleare per procurarsi in effetti un arsenale atomico. Erano proprio alcune delle motivazioni con cui il Psi di Bettino Craxi promosse il referendum dell´87: «A tutto questo – si legge testualmente nel Programma per l´alternativa socialista, presentato nel 1978 – bisogna aggiungere i pericoli derivanti dalla crescita del numero delle centrali nucleari e del conseguente aumento di materiale fissile; che potrebbe essere in parte sottratto e distolto dagli impieghi di pace cui era destinato, per essere utilizzato in manipolazioni con ben altri intendimenti».

Quello che valeva nell´Italia di allora e vale nell´Iran di oggi, insomma, non vale nell´Italia dei nostri tempi. Garantiscono Berlusconi, Scajola e Fitto. Tre esponenti di quello stesso schieramento di centrodestra che nel Consiglio regionale della Puglia, come ricorda polemicamente il governatore Vendola, hanno votato a favore della legge per la denuclearizzazione della loro regione. Evidentemente, a Roma il PdL è filo-nucleare; a Bari o altrove, si riserva la libertà di professarsi anti-nucleare.

Ma è nelle motivazioni addotte dal ministro Scajola per impugnare le leggi regionali in materia che si raggiunge l´apice dell´ipocrisia e della malafede. Il ritorno al nucleare, secondo il proclama governativo, sarebbe «indispensabile per garantire la sicurezza energetica, ridurre i costi per le famiglie e per le imprese, combattere il cambiamento climatico riducendo le emissioni di gas serra». Quanto alla sicurezza, non è proprio questo il termine più adatto per sostenere la causa del nucleare: siamo ancora in attesa delle centrali di «terza generazione», mentre nella vicina Francia al momento una quindicina di impianti sono fermi per guasti o riparazioni. E in mancanza di uranio, di cui l´Italia non dispone come non dispone di petrolio o di gas, mettiamo da parte pure l´argomento dell´indipendenza energetica dall´estero.

È certo, comunque, che il nucleare non sarà affatto più economico, se non altro per gli alti costi di costruzione delle centrali e quindi di gestione, manutenzione e poi di smaltimento delle scorie radioattive. Per «combattere il cambiamento climatico» a livello planetario, come predica (bene) il governo, sarebbe molto più utile ed efficace intanto non razzolare (male) a livello urbano, riducendo subito l´inquinamento delle città e i pericoli per la salute pubblica. Altrimenti, prima di riuscire a realizzare eventualmente il programma nucleare, rischieremo di distruggere il sistema sanitario nazionale.

Ora Palazzo Chigi annuncia che il 10 febbraio il Consiglio dei ministri definirà i criteri per la localizzazione delle centrali. Bene, la chiarezza e la trasparenza sono sempre apprezzabili. Ma sfidiamo il governo a indicare ufficialmente per quella data anche i siti, regione per regione, provincia per provincia. Così gli elettori che a marzo andranno alle urne potranno pronunciarsi anche su una questione fondamentale come l´energia e sul «ritorno al nucleare» vagheggiato da Berlusconi, Scajola e Fitto.

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