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Norma Rangeri
Norma Rangeri Telegatta mammona
1 Febbraio 2007
Articoli del 2007
Un ragionamento serio a partire da un caso “familiare”, che ha rivelato l’abisso culturale e morale nel quale giace la stampa “seria” italiana. Da il manifesto del 1 febbraio 2007

La moglie del leader del centrodestra scrive una lettera al maggior quotidiano di centrosinistra per chieder conto al marito di qualche battuta di troppo pronunciata ad una cena dei Telegatti. Dopo ventisette anni di matrimonio, improvvisamente, Veronica Lario scopre che il modello culturale rappresentato dal coniuge è nutrito di dosi massicce di maschilismo, offensivo per lei, per i figli. E pretende pubbliche scuse alzando la bandiera femminista dell'intreccio politico tra rapporti privati e comportamenti pubblici, tra sesso e politica.

C'è qualcosa che non quadra, ma di sicuro non si tratta di gossip da bar sport. Per le modalità dell'esternazione, l'atto clamoroso dell'ex first lady ha una valenza politica. A qual fine si vedrà.

Troppe tette e culi sono passati sotto i baffi del Telegattomammone per alzare ora il sopracciglio dell'orgoglio ferito. La politica vola rasoterra da molti anni, appesantita dalla zavorra culturale del berlusconismo. Una filosofia di vita (arricchitevi) alimentata quotidianamente, e negli anni, dall'abbuffata televisiva di una classe dirigente perennemente in fila per sedersi sulle poltroncine di Porta a Porta. Il dibattito sulle tasse accompagnato dalla chitarra del maestro Apicella, la polemica sulle coppie di fatto impreziosita dalle tette di Aida Yespica, onorevoli rappresentanti del popolo che vanno a prendere le torte in faccia al Bagaglino, secondo l'antica lezione andreottiana di sempre: è lo specchio di un'Italia affratellata dal celodurismo sbruffone che ha nutrito generazioni di governanti e governati senza soluzione di continuità dai tempi del regime democristiano.

Il grande comunicatore ha ipnotizzato l'opposizione diventando paradigma del consenso. Gli apprendisti stregoni si sono moltiplicati, Rai e Mediaset sono diventate indistinguibili, un unico palinsesto ha soffocato il paese. Quando, nel '96, vinse l'Ulivo di Romano Prodi, la speranza di un cambiamento svanì in un profluvio di carrambate, omologhe al pensiero unico di un bipolarismo posticcio, fatto apposta per mascherare un sistema unico di valori e cultura (tele-vaticano, tele-famiglia, tele-patria, tele-guerra).

In questi giorni si è acceso il dibattito sulla legge di riforma del duopolio televisivo, con le sorprendenti opinioni del presidente Catricalà verso i timidi tentativi del governo di porre un tetto al monopolio pubblicitario di Mediaset. Come se il feudalesimo made in Italy, recentemente scoperto dalle indagini sociologiche, non fosse diretta conseguenza di uno strapotere economico che ha plasmato il sistema mediatico, profittando del nanismo della carta stampata, intasando le vie di una libera informazione di massa.

Le scuse di Silvio a Veronica sono arrivate in poche ore a stretto giro di posta («scusami, te ne prego»). Il modello del reality si è riprodotto nei telegiornali della sera. Ma per le scuse al paese si prevedono tempi più lunghi.

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