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“Non calunniare Filippo Hazon”
13 Giugno 2005
Lettere e Interventi
Paola Hazon

Egregio professor Salzano, per caso sono capitata nel sito Eddyburg e vi ho trovato un suo articolo in cui Lei cita mio papà, Filippo Hazon, scomparso nel 1996. A tal proposito, ho un paio di osservazioni da farLe a proposito della frase - "sembra dall'assessore democri-stiano Filippo Hazon, che "superava" le norme del piano regolatore vigente concedendo concessioni edilizie (allora si chiamavano ancora "licenze di costruzione") là dove non si sarebbe potuto, con l'ipocrita formula della "licenza in precario"

Innanzitutto ritengo assai scorretto dare praticamente dell'imbroglione ipocrita a una persona basandosi su un "sembra": se tutti si mettessero a pubblicare calunnie basandosi sulle proprie senzazioni saremmo tutti calunniati e calunniatori. Ancora peggio se il soggetto del "sembra" non può neppure rispondere...

Aggiungo inoltre che la parola tra virgolette "superava" non si addice proprio a mio papà: non so se lei abbia mai avuto occasione di incontrarlo, ma sappia che per indole e per genetica era persona corretta e schiva, forse troppo rude, certo non ipocrita, ma certamente non uno a cui piaceva "superare" gli ostacoli con gabole e imbrogli.

Mi risulta tra l'altro che molto del poco verde milanese sia opera sua. Infine in generale non gradisco affatto che il nome di mio papà compaia in un articolo inerente a Tangentopoli: nulla e nessuno hanno mai potuto legare mio papà a quel fenomeno o ad altri ladrocini di stato: la mia famigli NON ha mai avuto una lira che non fosse guadagnata onestamente ne all'epoca al comune di Milano nè poi in Regione, e, al di là del denaro, papà non era certo uno che si piegava o convinceva davanti a favori, promesse, regali: si informi per esempio su come andarono le cose nei primi anni del Novanta al termine del suo ultimo incarico pubblico presso il Policlinico, ultima vicenda che lo vide "sacrificato" proprio alla sua onestà e rettitudine. Con questo non dico certo che fosse un eroe, ma semplicemente un politico corretto, non è giusto legare il suo nome a vicende che proprio non gli si addicevano.

Detto ciò la pregherei di tagliare la frase in oggetto dal suo articolo, in caso contrario vedrò di attivarmi come meglio mi consiglierà il mio legale. Cordiali saluti

L’articolo che lei cita è molto antico, è stato pubblicato sul n.3, 1992, della rivista Democrazia e diritto, quindi è molto anteriore alla scomparsa di suo padre. Mi rendo conto che eddyburg.it è molto più facile da raggiungere di una rivista scientifica. È per questo che solo tredici anni dopo la pubblicazione dell’articolo la famiglia di Hazon se ne accorge. Ma non è mai troppo tardi.

So bene chi era Filippo Hazon, sebbene non l’abbia conosciuto personalmente. È stato uno di quei democristiani che hanno affrontato con serietà e impegno i problemi dell’amministrazione della città. I suoi sforzi per avviare la pianificazione intercomunale nell’area milanese, ad esempio, non sono dimenticati. Ciò nonostante, è proprio negli anni in cui è stato assessore all’urbanistica che è stato praticato quello strano sistema di “licenze in precario” che non io ma l’allora sindaco di Milano, Pietro Bucalossi, battezzò “rito ambrosiano”. La letteratura urbanistica è ricca di riferimenti in proposito. Allego un brano del saggio di Annapaola Canevari del 1986 che lo testimonia. Ma potrei produrre una bibliografia ben più ricca: se non mi premesse risponderle subito su di un punto.

Non bisogna confondere (almeno, io cerco di non farlo) il giudizio sulla persona dal giudizio sull’evento: l’errante con l’errore. Il personale democristiano di quegli anni ritenne che per risolvere alcuni problemi ritenuti prioritari (la tempestività alle risposte a determinate esigenze) si potessero individuare scorciatoie alle regole generali. A Milano, in quegli anni, la cosa assunse caratteristiche macroscopiche. A mio parere fu su questa prassi che si innestò il successivo fenomeno della deregulation e dell’”urbanistica contrattata”. Ed infine su questo tessuto di subordinazione delle regole a interessi specifici che si sviluppò poi il fenomeno, a mio parere devastante, di Tangentopoli: quando l’addomesticamento delle regole, da pratica (secondo me sbagliata) adoperata per obiettivi ragionevoli (e comunque vissuti dai protagonisti come d’interesse generale), diventò prassi ordinaria per accrescere il potere di persone o di gruppi.

Lei ha ragione nel dire che ho sbagliato a dire “sembra”, poiché di certe affermazioni bisogna essere certi. In quel caso tuttavia l’espressione dubitativa esprimeva una riserva a favore di Filippo Hazon. E se qualcuno testimoniasse che si è opposto alla pratica delle “licenze in precario” pubblicherei senz’altro il documento. Emendare il testo di un articolo già pubblicato (tredici anni fa) esula dalle mie possibilità. Ciò che farò è inserire, nel mio sito, un collegamento alla sua lettera, alla mia risposta e allo stralcio dell’articolo di Canevari.

La ringrazio dell’occasione che mi ha dato di precisare ciò che pensavo e che penso.

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