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Felicia Bottino
Non basta un piano per battere la speculazione
1 Marzo 2007
Bologna
Critiche condivisibili al PSC del 'Rinascimento' cofferatiano, ma l'analisi di fondo soffre di qualche strabismo. Da la Repubblica, ed. Bologna, 1°marzo 2007 (m.p.g.)

Sarà forse perché da amministratore ho visto piani e varianti di tutti i tipi e colori, o forse perché ho modo oggi di vedere cosa i nostri piani hanno prodotto nelle città, ma sta di fatto che nutro una profonda delusione sulla reale efficacia di questo strumento. E nutro diffidenza sulla sua strumentalizzazione, sulla autoreferenzialità arrogante, sulla ipocrita chiamata in causa del "Piano" a difesa di quegli interessi collettivi e di quella correttezza politica e amministrativa che nessun Piano può di per sé e comunque garantire. Ma soprattutto ritengo un´offesa all´intelligenza far credere che con il Piano non si favorisce la rendita e si controlli la speculazione immobiliare.

Non è così, e da tempo. Forse è per mancanza della legge nazionale sul regime dei suoli? Forse. Però gli amministratori di Bologna (Zangheri, Sarti e Cervellati), già negli anni 70 praticarono un´efficace politica patrimoniale capace di garantire una fetta consistente di edilizia pubblica comprando vaste aree di espansione, interi isolati degradati del centro storico e parchi in collina.

Guardiamo a Bologna oggi, dove il piano dell´85–89 (per il quale solo il sindaco Vitali ha fatto autocritica) ha lasciato sul campo della sua attuazione uno dei peggiori esempi di pianificazione. Non so quanto il nuovo PSC inverta la rotta, ma ammetto la mia difficoltà a leggerlo o la sua vocazione a non farsi comprendere. Una cosa è chiara: è sparito qualsiasi riferimento al centro storico, da sempre polo funzionale primario della città e identità dell´intera area metropolitana. Così come non viene previsto alcun significativo decentramento di funzioni primarie, né viene impostata alcuna concreta visione metropolitana. Per il resto non mi risulta ci siano innovazioni sostanziali rispetto a scelte, ipotesi e progetti che si erano già via via consolidati prima della formalizzazione del piano attraverso accordi o varianti specifiche al piano dell´85: dall´area ferroviaria, alle volumetria concesse al CAAB, alla stessa proposta del people mover. Così come allo stesso modo risulta casuale ed estemporanea e quindi labile la previsione della più importante scelta infrastrutturale del PTCP.

Il cosiddetto "passante" che, pur senza essere previsto in nessun atto di pianificazione, venne inserito all´ultimo momento nel piano. Superfluo dire che sia la previsione del passante che quella del people mover ha promosso e favorito la logica della rendita di posizione che sarà difficile combattere o anche solo contemperare.

Questo quadro rappresenta l´apice di una difficoltà di governo del territorio presente anche in tanti altri comuni della regione. Forse vale la pena tornare a guardare all´Europa dove alcune fra le più avanzate esperienze hanno dato alla crisi del piano una risposta positiva accompagnandola con una pianificazione strategica capace di sposare politiche e piani e con una capacità di progettazione urbana di alta qualità. E´ la strada seguita da Rimini, ma la stessa Regione con l´elaborazione del piano territoriale e l´adeguamento del piano paesistico intende dare una risposta in positivo.

Tornando a Bologna, vi è infine da registrare come si sia di recente calato in questa situazione, in modo del tutto anomalo, il progetto Romilia. Anomalo perché è del tutto irrituale che parta dalla solitaria iniziativa di un gruppo di privati un progetto di così forte impatto, ma anomalo anche per l´atteggiamento del Sindaco che, prima ha ritenuto che la cosa non lo riguardasse, salvo successivamente chiedere alla Provincia di decidere. La Provincia ha optato per la costituzione di un tavolo inter-istituzionale dove ogni soggetto dovrà assumersi le proprie responsabilità. Senz´altro la valutazione che dovrà contare meno è quella che il progetto non è previsto nel Piano (quale?). Senz´altro quello che è necessario per il futuro è la messa in campo di una cultura di governo capace di disegnare un progetto strategico per la città metropolitana.

Sul PSC bolognese, in eddyburg

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