Sul Naviglio Grande ci sono aree da poco rinnovate e frequentate a ogni ora da runner e ciclisti. Uno spazio che i milanesi hanno riconquistato. Il Naviglio Grande è la zona dove è stata aggredita Irene: era lì a correre. Non era notte. C’era luce. Minuti sottratti a famiglia, lavoro, incombenze perché si ha bisogno di stare all’aperto, con i propri pensieri. Una città è anche questo: luogo di scambio e luogo dove riappropriarsi di momenti di libertà. Fa rabbia la storia di Irene. E sconfortano alcuni commenti: «Correte in gruppo, coi mariti. Vestitevi con tuta larga, evitate magliette aderenti». No. Vogliamo essere libere di correre. O camminare, zoppicare, saltellare, muoverci come vogliamo, quando vogliamo. Dove vogliamo. Senza paura. All’alba, al tramonto. In centro e in periferia. Troppo? Gli uomini vanno al calcetto con gli amici. E le donne? Perché non possono correre, anche da sole?
Perché Milano sia un bene comune, va ripensata. Con le donne. Difficile? Con l’Expo e con il Consiglio metropolitano nato per riorganizzare la città c’è un’opportunità. Ci sono gli esempi. Vienna, Marsiglia, Cordoba in Argentina, altre città in Canada lavorano sull’urbanistica di genere. Non solo colonnine Sos e illuminazione. Ma anche spazi pubblicitari vietati a inserzionisti che propongono un’immagine della donna distorta. O parchi pensati ascoltando i bisogni delle cittadine e chiamando architetti e urbaniste donne a contribuire al cambiamento.