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Gianni D'Elia
Noi «eretici» dell’Unità
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Un sacrosanto sfogo per una vicenda tutt'altro che limpida: la storia della lunga resistenza della direzione del giornale fondato da Antonio Gramsci, da l'Unità del 3 marzo 2005

Le ragioni che hanno portato Furio Colombo a lasciare il suo attuale incarico sono uno scandalo europeo. O dovrebbero diventarlo, se qualcuno in Italia volesse davvero sollevarlo, questo scandalo di economia politica monopolistica e statuale, incrociata, pervasiva. Dunque, una grandissima pressione politica che dura da quattro anni, riassunta nel dossier presentato dal capo del governo contro il quotidiano l’Unità, si tramuta nel cambio (per quanto interno alla vecchia direzione) del direttore, che fa un giornale da cui scappano gli inserzionisti di pubblicità, controllata e distribuita dalle aziende di proprietà del presidente del Consiglio. Il cerchio si chiude: dossier minaccioso e falso contro il giornale, crisi delle entrate pubblicitarie, cambio di direzione, perché la linea di Furio Colombo è «criminale» (il giornalista Facci, che pare uscito dal Grande Fratello) e «omicida» (il felicissimo Ferrara). Un ricatto riuscito. Lo sapete il perché di tanto odio verso un democratico illuminato come Colombo? Perché, direbbe forse Pasolini, ha rotto lo schema dell'omologazione della classe dirigente, di cui fanno parte anche i giornalisti borghesi. Ha deluso, ha tradito: non ha fatto un giornalismo di potere, ma di opposizione. Questo è un paese controriformista, e un fratacchione come Ferrara lo dimostra ogni sera, alle otto e mezzo, quando accende i suoi roghetti e la sua ruota della tortura si muove, al ritmo delle sillabe che colano dalla barbiccia. Forse, descriverli, come avrebbe fatto Balzac, questo li farebbe incazzare davvero. Con tutto il rispetto e la stima per Antonio Padellaro, che del resto è stato il più stretto collaboratore di Colombo, queste dimissioni non sono un buon segnale. Perché le ragioni di queste dimissioni sono proprio le stesse che da quattro anni ci impegnano a lottare su questo foglio, anche noi «esterni», collaboratori per passione politica e culturale. Noi «eretici». C’è un signore che si è preso tutto, non solo, ma si vuole prendere anche il nostro, e manda in giro vari garzoni di bottega (direbbe il Kurtz di Marlon Brando), per esigere il riscatto. Così, chi è scrittore in proprio, deve sentir offendere i grandi scrittori (nel nome dileggiato di Tabucchi, «pensatore di riferimento» di Colombo), da parte di uno qualsiasi, un giornalistucolo impomatato di gel, che pare pronto per la discoteca. E chi è questo pensatore di riferimento di Ferrara, che si permette di svillaneggiare un signor direttore come Colombo, un uomo di cultura e di letteratura, e anche un lettore così sensibile di poesia? Ma loro cosa sanno della poesia?

Non l’hanno capito che l’Unità è stato un giornale di poesia civile, in questi anni? Che ha riscaldato i nostri sentimenti e le nostre passioni, per troppo tempo sopiti dal tran tran politicistico? Che ha raccolto la sintesi dell’opposizione parlamentare e di movimento, dando ragioni e analisi a questi sentimenti. E sono tre, cari accusatori di crimini inesistenti! Il primo: la memoria antifascista. Il secondo: la difesa costituzionale della libertà di parola e della divisione dei poteri: «Proteggete le nostre verità», come scrisse Franco Fortini. Il terzo: l’unità della cultura e dell’arte, contro l’omologazione berlusconiana. Che migliaia di lettori abbiano potuto leggere le opinioni di moltissimi scrittori, artisti, testimoni della vita culturale di sinistra, non è una cosa da poco.

i tempi della prima guerra in Afghanistan, ottobre 2001, ho sentito parole poetiche, dette al telefono, con un tono amabile che mai potranno avere gli sgherri giornalistici che oggi lo accusano, un tono che è l’anima della persona, una specie di flauto che, arrivando dalla cornetta, pareva ancora più lontano e antico; pareva, volendo essere poetici fino in fondo, il tono del movimento degli anni sessanta, arrivato fino a noi: «Allora furono proprio l’arte e la canzone, Bob Dylan e Joan Baez, la poesia di Ginzberg e dei beat, ad aprire la strada all’opposizione politica contro la guerra nel Vietnam. Vogliamo articoli, ma anche poesia». Ecco l’ultima: Giuliana Sgrena, libera da catena...

Le rotative de l’Unità suonano anche con Padellaro la stessa musica, quella di un grande giornale europeo d’opposizione e di pace, contro un potere così pervasivo, tanto da voler plasmare a piacimento anche il proprio avversario politico: «È la stampa, bellezza!». È l’Unità.

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