Rotta la tregua, ricomincia all’alba l’espianto degli alberi nell’area del microtunnel per il gasdotto. Alta tensione tra il movimento No Tap» e l’ingente schieramento di poliziotti». il manifesto, 2 aprile 2017 (c.m.c.)
il manifesto
DALLA PARTE DEGLI ULIVI ,
LA RIVOLTA DI MELENDUGNO
di Patrizio Gonnella
L’ennesima giornata di passione vissuta a Melendugno inizia alle prime luci del giorno. Quando un imponente spiegamento di forze dell’ordine arriva al cantiere dei lavori, sospesi per due giorni, scortando i camion della ditta incaricata dal consorzio Tat di espiantare i 211 ulivi nell’area in cui dovrà arrivare il microtunnel del gasdotto (sino ad ora sono già 183 quelli sradicati), una conduttura sotterranea lunga circa un chilometro e mezzo, destinata a connettersi con il tratto sottomarino del tubo ad una distanza di circa 800 metri dalla costa.
Una ripresa dei lavori di cui la società aveva avvisato la prefettura di Lecce soltanto nella tarda serata di venerdì, ottenendo il via libera dalla questura, cogliendo di sorpresa i manifestanti, in presidio continuo all’esterno del cantiere. Una rottura di una tregua che secondo gli umori degli ultimi giorni sarebbe dovuta durare almeno sino a domani.
Così, alle 9 del mattino, con i lavori iniziati da alcune ore e altri 30 ulivi espiantati (diciannove piante cui se ne aggiungono altre undici parcheggiate negli spazi della società di vigilanza Almaroma), in centinaia arrivano dalla campagna per bloccare l’uscita del cantiere e al tempo stesso per impedire ad alcuni camion già usciti su strada, di raggiungere l’area della Masseria del Capitano, ceduta da un privato alla società Tap, dove le piante vengono messe in mora e custodite in attesa di essere reimpiantate nell’area del cantiere a lavori ultimati. Il blocco maggiore viene effettuato proprio all’esterno dell’area dove vengono parcheggiati» gli ulivi. La tensione è altissima: anche perché questa volta il blocco di persone che si frappone ai camion è costituito soprattutto da donne, bambini, anziani. Gente di Melendugno e dei paesi limitrofi accorsi per dar manforte ai manifestanti e ai tanti sindaci presenti sul luogo e in prima fila, in tutto una quindicina, primo tra tutti Marco Potì, primo cittadino di Melendugno.
A quel punto, l'obiettivo diventa quello di trovare una mediazione evitando altre tensioni: inizia così un lungo dialogo telefonico tra il sindaco di Melendugno, il prefetto di Lecce Claudio Palomba, la questura e il ministero degli interni. Dopo un paio di ore, viene deciso che i quattro camion rimasti bloccati su strada, faranno ritorno con il loro carico di ulivi all’interno del cantiere: altri sei camion pronti a partire a quel punto sono rimasti fermi. Al netto di quelli già espiantati e ancora da portare alla Masseria del Capitano (in tutto 25 piante) sono soltanto 18 gli ulivi ancora da sradicare per rendere operativo il progetto. Una decisione salutata con giubilo dai manifestanti, che però appare più una vittoria simbolica che altro. Non fosse altro perché l’accordo raggiunto tra le istituzioni, garantiva una tregua valida soltanto per la giornata di sabato. Già da questa mattina infatti, o al più tardi lunedì, i lavori potrebbero ripartire.
Intanto, in attesa di capire quel che accadrà, i sindaci del territorio salentino hanno realizzato un appello da far sottoscrivere a tutti i cittadini, indirizzato al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio ed al governatore Michele Emiliano. Nell’appello, oltre ad evidenziare ancora una volta la totale contrarietà al progetto che se realizzato determinerà una violenta ed irreversibile ferita ad un territorio unico», si chiede la convocazione urgente di un incontro tecnico-politico propedeutico all’avvio di un’attività di ricerca di soluzioni più avanzate». In attesa dell’assemblea pubblica di questa sera nella centralissima piazza Sant’Oronzo a Lecce.
il manifesto
È STATO UN VERO BLITZ,
MA I CITTADINI HANNO RISPOSTO
COMPATTI E PACIFICI»
di Giammario Leone
Intervista. Parla il sindaco di Melendugno, Marco Potì, in prima linea insieme ai cittadini contro il gasdotto Tapl sindaco di Melendugno Marco Potì è in prima linea a difendere il suo territorio, fianco a fianco ai manifestanti, sin dal primo giorno.
Sindaco, è stata un’altra giornata vissuta sul filo della tensione. Non ve l’aspettavate.
Quello di questa mattina (ieri per chi legge, ndr) è stato un vero e proprio blitz. Nessuno, né la società Tap, né la prefettura e la questura, ci aveva avvertito che questa mattina sarebbero ripresi i lavori. La polizia è arrivata ancora una volta in un numero spropositato ancor prima dell’alba, scortando i mezzi e gli operai delle ditte addette ai lavori per conto di Tap e attuando blocchi al transito veicolare e pedonale di tutta l’area.
Lei anche nei giorni scorsi ha sottolineato l’ingente dispiegamento di forze dell’ordine, che di certo non contribuisce a rasserenare gli animi.
Assolutamente sì. Tra l’altro, lo ribadisco ancora una volta, siamo ancora alla fase zero di un progetto che dopo l’espianto degli ulivi dovrà fermarsi, in quanto per la realizzazione del microtunnel è stato riaperto il procedimento e quindi i lavori non possono partire: la militarizzazione del territorio e l’uso della forza nei confronti degli abitanti di questo territorio e di chi lo rappresenta, come il sottoscritto, la trovo davvero spropositata e inutile. Così come il blocco totale delle strade limitrofe al cantiere, che impediscono la libera circolazione dei cittadini.
La giornata di ieri si è conclusa con una vittoria simbolica dei manifestanti: questo anche grazie alla mediazione da lei attuata insieme a questura, prefettura e ministero degli Interni.
Voglio sottolineare innanzitutto che quella di oggi (ieri, per chi legge, ndr), a differenza degli altri giorni, è stata una manifestazione del tutto spontanea. Sono arrivate donne, bambini, anziani, semplici cittadini che ogni giorno incontro in piazza o al bar a Melendugno. I manifestanti hanno deciso di andare a presidiare il luogo dove vengono messi in mora gli ulivi espiantati, che dista 8 km dal cantiere. La partecipazione alla manifestazione è cresciuta di numero con il passare delle ore. Insieme a me c’erano altri 15 sindaci: a quel punto la priorità era garantire l’incolumità di tutti quei cittadini. E, d’accordo con le istituzioni e la società Tap, per fortuna ci siamo riusciti, riportando i camion all’interno del cantiere e sospendendo i lavori in corso.
La tregua, però, rischia di durare sino alle prossime 24 ore. Così come l’abbassamento della tensione generale anche tra i manifestanti.
L’accordo che abbiamo raggiunto riguarda soltanto la giornata odierna (ieri per chi legge, ndr). Da domani potremmo essere di nuovo punto e a capo. Vorrei però sottolineare che sino ad oggi le proteste sono state più che pacifiche. Basti pensare che molti manifestanti hanno aiutato gli autisti dei camion bloccati sulla strada, a dissetarsi visto il gran caldo. Siamo sempre riusciti ad isolare e ad evitare comportamenti violenti, anche se è chiaro che la tensione tra i cittadini salentini è altissima (sono in corso indagini da parte della questura per appurare l’origine delle due bombe carta esplose la scorsa notte all’esterno dell’hotel Tiziano di Lecce che ospita le forze dell’ordine impiegate al cantiere, ndr).
Cosa pensa della posizione di Emiliano che vuole spostare l’approdo in provincia di Brindisi?
L’approccio del governatore è sicuramente diverso da quello del suo predecessore Vendola. Emiliano vuole ottenere compensazioni ambientali, non economiche, dalla grandi aziende per risanare le ferite della Puglia in campo ambientale e sanitario: non so se ci riuscirà.
L’obiettivo, comunque, resta lo stop definitivo ai lavori?
Saremo sempre contro la realizzazione di quest’opera, che per noi non è né utile né strategica. Forse lo poteva essere quando fu presentata nel 2003, non più oggi. Abbiamo scritto un appello da far sottoscrivere ai cittadini, perché la nostra battaglia per la difesa del nostro territorio non si fermerà.