Prosegue indefessa la ricerca per rafforzare la "infrastruttura globale" rete di siti d'eccellenza e connessioni veloci materiali e immateriali, costruita per i pochi che detengono potere e ricchezza, e i loro servi più prossimi. Servizio di Sergio Pennacchini e commento di Michele Smargiassi, la Repubblica, 29 marzo 2015
Da Los Angeles aSan Francisco in quarantacinque minuti e, in futuro, dalla Grande Mela fino a Pechino (passando dall’Alaska) in due ore e mezza. In treno, o qualcosa di molto simile. Ecco il sogno di Elon Musk, imprenditore seriale americano con una passione per la tecnologia e un sogno nel cassetto: costruire un treno capace di muoversi a una velocità di oltre mille chilometri orari, con la promessa in futuro di arrivare fino a cinquemila chilometri all’ora. Il vulcanico Musk, “il Tony Stark d ei nostri tempi” secondo il Time , dopo aver rivoluzionato i pagamenti con PayPal, scosso l’industria dell’automobile con l’elettrica Tesla e siglato un accordo con la Nasa per portare astronauti nello spazio con il suo razzo SpaceX, potrebbe stravolgere il modo in cui ci spostiamo con Hyperloop, un treno a levitazione magnetica che viaggerà dentro un tubo di vetro a bassa pressione, senza la resistenza dell’aria. Sembra fantascienza o una boutade per farsi un po’ di pubblicità. Ma Musk ha intenzioni serissime.
«Per velocizzare lo sviluppo di Hyperloop, costruiremo un tracciato di prova» ha twittato il presidente di Tesla. Verrà realizzato vicino alla cittadina di Quay Valley, negli Stati Uniti, e sarà lungo circa otto chilometri. Servirà a mettere alla prova l’idea dell’imprenditore americano. Il treno è composto da capsule capaci di trasportare ventotto persone, che siedono quasi sdraiate. Sui tubi saranno installati dei pannelli fotovoltaici. Il convoglio accelera lentamente per arrivare alla velocità di crociera, in modo da proteggere al massimo il comfort dei passeggeri. I “binari” saranno costruiti all’interno di speciali tubi di vetro a bassa pressione: l’assenza quasi totale dell’aria annullerà la resistenza aerodinamica e permetterà a Hyperloop di raggiungere velocità da fantascienza. Le carrozze si muoveranno grazie alla levitazione magnetica, una soluzione importante anche per la sicurezza perché garantirà sempre la giusta posizione della capsula all’interno del tubo, impedendole di toccare le pareti.
Hyperloop Transportation Technologies, la società fondata per portare a compimento la visione di Elon Musk, conta di completare il tracciato e il primo test entro il 2018. E non è l’unica a credere nel treno “sottovuoto” come il mezzo di trasporto più rapido del nostro futuro. Negli Stati Uniti infatti c’è chi promette di raggiungere velocità ancora superiori: la ET3 sta sperimentando una soluzione simile a quella di Hyperloop, con l’obiettivo di raggiungere una velocità di seimila e cinquecento chilometri orari. Quanto basta in teoria per coprire la distanza dagli Stati Uniti alla Cina in meno di due ore con un progetto che è per il momento solamente teorico, che prevederebbe il passaggio attraverso un tunnel di novantuno chilometri sullo Stretto di Bering tra Alaska e Russia fino all’Asia.
Entrambi questi progetti sfruttano la levitazione magnetica. Una tecnologia che elimina l’attrito che si crea tra le ruote e i binari creando un campo gravitazionale che di fatto solleva il treno e lo fa scivolare in avanti. L’assenza di attrito con i binari permette di raggiungere velocità nettamente superiori rispetto ai sistemi tradizionali. Una soluzione antica, sperimentata già a inizio Novecento negli Stati Uniti, ma che fino a oggi non ha trovato molte applicazioni. Sono poche le tratte commerciali in cui già si usa, e sono tutte molto brevi, come la linea che collega l’aeroporto internazionale di Pudong con Shanghai: circa trenta chilometri a levitazione magnetica per il treno più veloce del mondo con quattrocentotrentuno chilometri orari di velocità di crociera. «Il problema della levitazione magnetica è che oltre certe velocità la resistenza dell’aria si fa troppo forte e il sistema diventa poco efficiente», scrive sul suo blog il dottor Deng Zigang dell’università di Jiaotong, in Cina. «A quattrocento all’ora l’ottantatré per cento dell’energia prodotta viene sprecata per colpa dell’aria che diventa sempre più densa». Il dottor Zigang sta lavorando a un progetto simile a quello di Hyperloop, denominato Super-Maglev, che si pone come alternativa per il trasporto del futuro. «Per essere davvero efficienti e commercialmente vantaggiosi, i treni a levitazione magnetica devono poter raggiungere velocità molto superiori e l’unica strada possibile è ridurre al massimo la resistenza dell’aria viaggiando dentro tubi a bassa pressione», conferma il dottor Zigang.
In Giappone, però, non sono d’accordo. La Central Japan Railway Company ha da poco concluso i primi test del nuovo Shinkansen a levitazione magnetica, trasportando cento persone su un tracciato di ventisette miglia alla velocità di oltre cinquecento chilometri orari. L’obiettivo è collegare le città di Tokyo e Nagoya entro il 2027, per poi allargare la rete “maglev” a tutto il paese sostituendo le linee esistenti e, di fatto, accorciando i tempi di percorrenza del quaranta per cento. Quando entrerà in servizio, sarà il treno più veloce del mondo con una velocità di crociera di cinquecentotré chilometri orari. Il Giappone potrebbe essere la prima nazione ad adottare la levitazione magnetica anche sulle lunghe distanze. Eppure, secondo Zidang, il punto non è tanto unire Roma e Milano, per questo tipo di distanze il treno è già oggi una valida alternativa all’aereo. «Quello che noi vogliamo fare è creare un treno in grado di connettere continenti in poche ore, di viaggiare a velocità supersoniche per arrivare dal centro di New York al centro di Londra. Con un mezzo di trasporto che è più veloce, economico e rispettoso dell’ambiente rispetto agli aerei», conclude. «Ci vorrà del tempo, ma ci arriveremo».
Intanto toccherà accontentarsi del treno su binari. Per ora il più veloce del mondo è l’Agv della Alstom, lo stesso utilizzato dalla compagnia italiana Italo. Raggiunge i trecentosessanta orari. Ancora pochini...
di Michele Smargiassi
BEH, CERTO, PIACEREBBE ANCHE A ME f re l’esperienza del trenosiluro, scivolare in quei tubi senza attrito come una supposta di glicerina hi-tech, farmi risucchiare come uno stantuffo in un concerto di fruscii dentro una capsula di posta pneumatica... Se una cosa del genere si può ancora chiamare treno, avrei pure qualche prelazione da vantare: secondo i miei calcoli prudenziali, ormai ho viaggiato in treno per l’equivalente di sette giri del mondo, tra casa e università, poi tra casa e lavoro. Ecco, sarebbe meglio se il fantatreno, invece di scarrozzarmi da New York a Pechino, tratta che diciamo frequento un po’ poco, mi portasse semplicemente al lavoro, ogni giorno, lungo quei 40 chilometri che conosco a memoria. Ci metterebbe 28,8 secondi. Suvvia, gliene concedo anche 30, per far cifra tonda. Ma questi sogni non possiamo permetterceli noi pendolari, sono roba da trascontinentali, da ceto globale business class. È per loro che il mondo viene deformato nelle sue relazioni spazio-temporali, avvicinando New York a San Francisco più di Modena a Bologna. Un mappamondo ridisegnato secondo i tempi di viaggio non sarebbe più una sfera ma una mostruosità bitorzoluta dove gli spazi corti sono i più lunghi e quelli lunghi si contraggono fin quasi a sparire. Li voglio vedere, però, i businessmen appena scesi dai loro proiettili prendere un taxi a Pechino e accorgersi che ci vuole più tempo a raggiungere l’albergo nell’ora di punta che a fare il giro del mondo. Chissà poi se si può leggere un libro, dentro la pallottola-treno, non saprei, se si può sonnecchiare guardando il panorama dal finestrino, direi di no, chissà se l’ansia dell’ipervelocità lascia il tempo di godersi quel tempo inutile del viaggio, quello che gli ingegneri cercano affannosamente di far implodere, credendo di farci un favore, per liberarci dal peso dell’inazione, mentre noi che ne abbiamo perso tanto, di tempo, sui treni, abbiamo imparato che il tempo inutile del viaggio è un tempo diversamente utile, guadagnato, strappato all’agenda, un tempo che siamo costretti a dedicare a qualcosa che nel tempo utile-utile non abbiamo il tempo di fare: anche solo parlare un po’ con noi stessi. Ma no, lasciatemelo allora, questo tempo obbligato e liberato, non li voglio i vostri 28,8 secondi, mi accontento dei 28 minuti da tabella dei miei “regionali veloci” (che soave ossimoro), ecco, mi basterebbe che fossero davvero quelli, e non diventassero 38, o 48, o 58, come accade quasi tutti i giorni. “Trenitalia si scusa per il disagio”, mi basterebbe trovare un posto a sedere in carrozze pulite, con bagni funzionanti e porte che si aprono. Lo so, lo so, è fantascienza. Ma lasciateci sognare, noi pendolari incalliti, mentre sonnecchiamo con la fronte appoggiata al finestrino di un treno superlento.
Riferimenti
A proposito del nuovo assetto del'habitat dell'uomo vedi gli scritti di Saskia Sassen e di David Harvey raccolti in eddyburg, inserendo i nomi degli autori nel "cerca in cima alla pagina. Vedi anche nella cartella "città quale futuro?", nel vecchio e nel nuovo archivio di eddyburg. Vedi anche l'articolo di E,. Salzano "Il territorio globale".