Non solo una nuova città e neppure solo un nuovo stato, ma l'anticipazione di un mondo così orrendo che nessun mostro avrebbe potuto immaginarlo; se non, appunto, il capitalismo
Il catalogo dei progetti di città “nuove” continua ad ingrossarsi con proposte destinate a specifici gruppi di popolazione. I modelli che più sembrano congruenti con l’organizzazione della società al tempo della globalizzazione capitalistica sono le smart cities, che promettono scenari di vita idilliaci alle élite della finanza e della tecnologia avanzata; le città galleggianti, isole artificiali per i ricchi che intendono rompere, anche fisicamente, ogni forma di contratto sociale; i territori recintati, dove milioni di esseri umani che non possiedono nulla sono concentrati e messi a disposizione degli investitori. Esempi di questi tre tipi di insediamento compaiono di frequente sulla stampa quotidiana e, quando sono firmati da famose archistar, sulle riviste di architettura.
Il recente annuncio del piano per una nuova città in Arabia Saudita, quindi, potrebbe sembrare di scarso interesse, anche in considerazione del fatto che molti progetti avviati negli ultimi anni in quel paese non si sono concretati. Ma Neom, che il principe Mohammed bin Salman al-Saud ha presentato nel corso della Future investment initiative, un evento che ambisce ad essere la “Davos nel deserto”, ha caratteristiche che meritano qualche attenzione, a partire dall’ambizione di non voler essere (solo) un grande progetto immobiliare, ma “un nuovo capitolo… un salto… nella storia della civiltà umana”. E non a caso il nome scelto, che fonde la radice latina, neo, con la lettera M, iniziale di mustaqbal, che in arabo significa futuro, intende evocare un “nuovo futuro”.
Situata nella parte nordoccidentale del paese, al confine con la Giordania e l’Egitto e poco distante da Israele (stato che il principe, amico di Trump e del governo israeliano, vorrebbe riconoscere) Neom è collocata in una posizione strategica, sia come “porta” verso l’Africa, grazie al previsto collegamento con la penisola del Sinai, da realizzare con la costruzione di un nuovo ponte, che come tappa della cosiddetta One belt one road, la sequenza di infrastrutture che la Cina sta costruendo per rafforzare la sua penetrazione nei mercati europei e africani.
Con i suoi ventisei mila cinquecento chilometri quadrati (Israele ne ha poco più di ventimila e il Libano circa diecimila) Neom ha più la dimensione di uno stato che quella di una città. Nel suo enorme territorio saranno in vigore speciali leggi fiscali e sul lavoro, nonché un sistema giudiziario autonomo, come già avviene in altre zone economiche speciali della regione- la prima delle quali, Jebel Ali free zone, è stata creata a Dubai nel 1985. A differenza che in altre zone economiche speciali, però, a Neom saranno ammesse solo produzioni e attività di pregio, concentrate in nove settori di investimento: energia e acqua, trasporti, biotecnologie, cibo, scienze tecnologiche e digitali, manifattura avanzata, mezzi di comunicazione, divertimento. Formalmente, la sovranità territoriale rimarrà a Riyadh, ma Neom non dovrà rispondere alle strutture governative saudite bensì ”agli investitori, alle imprese e agli innovatori” che saranno consultati in ogni fase dello sviluppo, affinché norme e regole siano sempre basate sulle “necessità delle imprese e degli investitori”.
Il disegno di nuovi insediamenti umani è sempre finalizzato alla predisposizione di scenari fisici che facilitino l’affermazione di determinate forme di organizzazione della società. Non è irrilevante, perciò, in un’epoca nella quale il capitale ha scatenato una guerra di sterminio nei confronti del lavoro, chiedersi cosa significherà vivere nella nuova “vibrante comunità che preannuncia il futuro della civiltà umana”. A questo proposito, nel corso di un’intervista a Bloomberg, il principe ha chiarito, innanzitutto, che l’ingresso non sarà consentito a tutti, ma solo a tre categorie di persone. “Questa sarà la prima app-based society, nessuno potrà venire senza avere la neom application e senza dimostrare di essere “un investitore, un impiegato in un progetto o un turista”. Gli investitori stranieri saranno i benvenuti, ma devono sapere che “non c’è posto per investitori qualsiasi o per imprese convenzionali, ma solo per sognatori”.
Alla domanda, poi, circa gli eventuali effetti positivi sull’attuale altissimo livello di disoccupazione giovanile del paese, il principe ha risposto che compito di Neom è di diventare uno hub di investimenti mondiali e di “generare denaro”, non quello di creare posti di lavoro per i sauditi disoccupati. Anche i sauditi potranno venire, ma ovviamente “non potranno dormire per strada” e dovranno o comprar casa o affittare una camera d’albergo, diventando anche loro “o turista o investitore”.
In ogni caso, Neom dovrà attirare solo “risorse umane di alto livello e con competenze uniche” in grado di occuparsi a pieno tempo di innovazione, decisioni e leadership degli affari.
I lavori ripetitivi e pericolosi saranno completamente automatizzati ed eseguiti da robot, il cui numero potrà superare quello della popolazione umana, col risultato che il reddito medio pro capite sarà il più alto del mondo. Dal servizio postale alla raccolta dei rifiuti tutto sarà automatizzato, non ci saranno negozi o supermercati, tutto sarà connesso all’intelligenza artificiale all’”internet delle cose”.
“Vogliamo che il primo robot sia Neom stessa”, ha detto il principe, e che diventi la culla della FIR (fourth industrial revolution) la quarta rivoluzione industriale che “annulla i confini tra la sfera fisica, quella digitale e quella biologica”. Il suo straordinario livello di efficienza e sicurezza, unito ad uno stile di vita lussuoso e ad un certo rilassamento dei costumi reso possibile dalle “riforme” (nel video promozionale si vedono giovani donne che corrono sul lungomare poco vestite) lo renderà “il posto migliore al mondo dove scegliere di vivere”.
La supervisione del progetto è stata affidata ad un’autorità speciale, di cui è stato nominato amministratore delegato Klaus Kleinfeld, già a capo di grandi gruppi multinazionali, tra i quali Siemens e Alcoa Arconic. Prototipo della “città capitalista del futuro”, Neom sarà anche la prima città quotata in borsa. Il suo costo, stimato al momento in 500 miliardi di dollari, sarà sostenuto, oltre che dal fondo sovrano dell’Arabia Saudita, che intende procurarsi il denaro privatizzando e vendendo una quota della compagnia petrolifera di stato Aramco, da investitori internazionali.
Fra i circa quattromila partecipanti convenuti alla Future investment initiative per assistere alla illustrazione della Vision 2030, la strategia con la quale l’Arabia Saudita intende trasformare la propria economia per ridurre la dipendenza dal petrolio, c’erano padroni di grandi fondi di investimento (dagli americani di Blackstone ai giapponesi di SoftBank Vision), uomini d’affari ed esponenti di grandi multinazionali come Alibaba e Amazon, la direttrice del fondo monetario internazionale. Tutti hanno espresso apprezzamento e promesso di partecipare all’operazione. Ad esempio, il rappresentante del fondo di investimento diretto della Russia ha detto che porterà imprese high tech, mentre il padrone della Virgin, Richard Branson, si è dichiarato entusiasta all’idea di costruire alberghi lungo i quattrocento sessantotto chilometri di costa sul mar Rosso, con cinquanta isole, destinati ad attrezzature turistiche.
Nel poco più di un mese trascorso dall’annuncio della nascita di Neom, la propaganda mediatica si è intensificata ed il 29 novembre la compagnia discoverneom.com ha comprato un’intera pagina pubblicitaria del Financial Times.
Nello stesso tempo sono stati anche avanzati dubbi sulle concrete possibilità che il progetto venga realizzato, e in ogni caso non entro il 2025 come annunciato dal principe, pur se tutti convengono sul fatto che Neom sia un tassello importante del complesso processo di rimescolamento del potere in corso in Arabia Saudita, nel quale motivazioni di natura geoeconomica e di politica sovranazionali si intrecciano a faide e regolamenti di conti interni.
Comunque, al di là della realistica possibilità di realizzazione di Neom, il fatto stesso che i concetti che stanno alla base del progetto vengano analizzati, esplorati e discussi ha un indubbio impatto, e giustamente è stato osservato che il dibattito avviato rischia di esercitare uno sconvolgimento dell’urbanistica, come sistema di regole, simile a quello che uber ha provocato nel settore tecnologico.
Qualche anno fa molti urbanisti sono rimasti affascinati dalla metafora della città impresa, nella quale i diritti dei cittadini sono equiparati a quelli degli azionisti. Ora Neom chiarisce una volta per tutte che i cittadini sono azionisti di minoranza, senza diritto di voto, e che compito degli amministratori delegati è liberarsene per far spazio a droni, robot e investitori. “Pensate”, ha detto il principe, “cosa potrebbe fare il governatore di New York se, invece di dover rispondere alle richieste degli abitanti, potesse occuparsi solo delle necessità delle imprese e del settore privato”.
Nessuna cifra è stata fornita circa il numero di abitanti previsto a Neom, che qualcuno ha già definito la Blade runner del Golfo, e forse non è casuale che, in concomitanza con la presentazione del progetto, l’Arabia Saudita abbia concesso la cittadinanza ad un robot di nome Sophia/saggezza. Lei ha visto cose che noi umani non possiamo immaginare!