loader
menu
© 2024 Eddyburg
Gabriele Polo
Nella città sospesa che aspetta i New Village
23 Luglio 2009
Terremoto all'Aquila
Fervono i lavori (senza regole per i lavoratori), mentre muoiono le città e i paesi. Il manifesto, 23 luglio 2009

Spenti i riflettori sul G8, smontato il circo di Coppito, L'Aquila vive a due tempi. Quelli frenetici di undici villaggi in costruzione e quelli morti delle tendopoli: nei cantieri del progetto C.a.s.e. si lavora senza respiro per inaugurarne un paio entro settembre; sotto le tende si muore di caldo, si litiga, si attende. Una doppia vita sotto l'impero di Bertolaso, profeta dei due tempi: le C.a.s.e. arriveranno presto, la ricostruzione aspetterà a lungo.

Millecinquecento operai costruiscono, violando regole infortunistiche e contrattuali, le abitazioni che permetteranno a Berlusconi di passare alla storia come l'uomo che in pochi mesi ha «dato una casa arredata ai terremotati». Ventimila sfollati aspettano accampati, depressi e alienati, di partecipare alla gara d'assegnazione, sapendo che almeno la metà di loro non troverà posto nei New Village voluti da Bertolaso. Tra cantieri e tendopoli si muovono altre migliaia di persone vincolate a un tempo indefinito e schizofrenico, perché serve un gran muoversi per conquistarsi la vita quotidiana: ogni giorno fanno la spola tra gli alloggi trovati sulla costa o nei paraggi per lavorare, subire la cassa integrazione di industrie in difficoltà già prima del 6 aprile, spendere ore per ottenere il più banale dei permessi da una burocrazia sparpagliata in decine di container, mangiare un panino o un piatto freddo tra tavole calde, bar e chioschi i cui abusi edilizi sono prolificati insieme agli affari di chi il 7 aprile si è fatto spazio. Viale della Croce Rossa è il nuovo asse centrale di una città sempre più simile a una periferia rumena. Solo i palloncini volanti del McDonald appena riaperto la rende un po' americana, ma di quell'America profonda - povera e frantumata - delle cittadine minerarie dismisse.

Cantieri fuori controllo

Cese di Petruro, Bazzano, Sassa: qui i New Village sono a buon punto. Entro la fine di settembre vi abiteranno 3/4.000 persone, il numero dipenderà dalla classifica che scaturirà dai criteri d'assegnazione, da quanto la corsa al tetto spingerà i nuclei familiari ad allargarsi a dismisura. Fino al sovraffollamento, perché vincerà chi avrà più punti e i punti saranno attribuiti secondo criteri anagrafici (i bambini valgono molto, i vecchi molto meno). Dal primo agosto sarà pronto il «bando comunale», a settembre la consegna delle prime chiavi: con l'inverno incombente e i posti insufficienti, sarà naturale coptare parenti di secondo o terzo grado, pur di fare punti. Il guaio è che gli alloggi più grandi avranno una superficie di 70 mq e lì bisognerà vivere per un bel po' d'anni, anche uno sull'altro. Oppure bisognerà andarsene, prendere il contributo di 400 euro per un affitto nei paraggi, visto che il centro storico e un bel po' delle case popolari costruite tra gli anni 60 e 70 resteranno inagibili a lungo, mentre i puntellamenti - edifici storici a parte - se li fa per conto proprio solo chi ha i soldi per pagare «interventi privati».

Ma, intanto, gli occhi sono puntati sugli undici cantieri in attività, la cui frenesia fa quasi dimenticare che sarà ben difficile raggiungere l'obiettivo dei 14/15.000 posti prima della fine dell'anno, mentre entro ottobre le tendopoli - causa freddo - dovrebbero essere smantellate; così bisognerà trovare soluzione d'emergenza per un bel po' di persone. Ma in quest'estate d'attesa i giornali locali si scaldano con i tetti quasi pronti di Bazzano e Cese, con il gran lavoro dei 1.500 operai. Le ditte che appaltatrici esultano: pagamenti a 60 giorni, dei 700 milioni di spesa prevista 450 sono già stati assegnati, mano libera sulla forza-lavoro. Un paradiso per aziende - come la Taddei, dal metalmeccanico alle costruzioni - che rivendicano orgogliosamente l'inesistenza del sindacato in casa loro. E' così che fioccano i subappalti, ingaggiando lavoratori che vivono in apnea (il sud è un pozzo senza fondo) senza quasi sapere dove si trovano di preciso e disponibili a lavorare a qualunque costo. Anche su tre turni giornalieri («giorno e notte», incita Berlusconi) in un settore in cui è vietato senza una deroga sindacale, quando piove (anche questo sarebbe vietato), nascondendo gli infortuni che invece fioccano: ce ne sono stati almeno due gravi, prontamente celati. Molti di questi lavoratori dormono e mangiano in cantiere per non perdere tempo - a Sessa c'è un dormitorio che accoglie anche quelli di Bazzano -, senza badare alle regole anti-infortunistiche. Nel nome della fretta e dell'emergenza si passa sopra a tutto, si lavora nell'illegalità e sempre: «Al primo giorno d'assenza sei fuori», racconta un edile che non ha potuto partecipare alla comunione della figlia, qualche domenica fa. «E tutto questo per un'operazione di propaganda di un uomo solo al comando», commenta Rita Innocenzi, segretaria della Fillea-Cgil, nella lacerante contraddizione di una terremotata che si occupa del lavoro edile e che considera il progetto C.a.s.e. «una truffa mediatica che distruggerà la città e dilazionenà all'infinito la ricostruzione». In teoria la sindacalista dovrebbe essere contenta di vivere in quello che per il premier sarà «il più grande cantiere d'Europa». Non è così. «Qui a L'Aquila - dice - si sperimenta un modello che vale per tutto il paese: zero partecipazione, persino zero concertazione». Anche Rita ha la casa inagibile, fa la pendolare dalla costa al capoluogo e non sa dove andrà a vivere tra qualche settimana. Problema condiviso da tanti, ma separatamente.

Abbandonati in tenda

Nell'area del «cratere» - da qualche giorno allargato ad altri otto comuni - la tendenza è a cavarsela con le «casette». Molte sono «autoprodotte» da singoli che non si affidano al progetto C.a.s.e., molte arrivano dal Trentino, spesso sono offerte e costruite proprio dalle autorità di quella regione: a Onna, San Demetrio, Villa Sant'Angelo batteranno sul tempo l'inaugurazione dei primi New Village di Bertolaso. Più o meno la stessa scelta è stata fatta per le scuole (prefabbricati), mentre per l'Università dell'Aquila - la «principale azienda» della città - il punto non sono le sedi di facoltà, rimediate qua e là tra ex caserme e palazzi pubblici, quanto gli studenti. Prima del terremoto la metà degli iscritti erano fuorisede, ora dovranno alloggiare tra Avezzano e Sulmona, perché i loro antichi «tetti» sono quasi tutti inagibili: vivevano nelle «seconde case» del centro storico, quelle per cui non sono previsti rimborsi e che - semmai - finiranno nelle braccia di Fintecna. Così si prospetta un nuovo pendolarismo e molti credono che ciò determinerà il declino dell'Ateneo aquilano. Il cui sviluppo aveva portato con sé un «indotto» di socialità che il terremoto ha spazzato via con la chiusura del centro storico. Adesso, la sera, i giovani rimasti in città si danno appuntamento all'Aquilone, centro commerciale Conad-Leclerc.

Non ci vanno in molti, perché non è il massimo della vita e perché nessuno viene più a passare le serate all'Aquila dai paesi del circondario. Non ci va soprattutto il popolo delle tendopoli, composto in gran parte da anziani, non-italiani, poveri. Quelli che non hanno dove andare. Quelli che passano le loro giornate in un'alienante far nulla. Il trauma del terremoto è stato progressivamente sostituito da una situazione di «sospensione», in cui si alternano depressione e ira. Si litiga per un telo parasole, ci si dispera per quei black out elettrici che fanno saltare l'aria condizionata e trasformano le tende in forni a 40 gradi e passa.

Ma c'è anche di peggio: qualcuno ha osservato uno strano aumento dei necrologi sulla stampa locale, negli uffici comunali osservano che la mortalità degli ultrasessantenni negli ultimi tre mesi è aumentata del 15-20% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Non è un dato scientifico, le statistiche si possono fare solo sul lungo periodo, ma queste cifre sembrano in perfetta sintonia con l'espressione dei volti che popolano le tendopoli. Che del G8 non si sono nemmeno accorti, che non hanno ricevuto la visita di nessun «grande» del mondo, che apprendono dai giornali della vacanza estiva che il Presidente del Consiglio farà a L'Aquila - una settimana nella caserma di Coppito - ogni tanto visitando i cantieri C.a.s.e. Con le forbici già pronte in mano per il nastro da tagliare di fronte alle telecamere. Nell'attesa, magari la sera lo ritroveremo all'Aquilone. Perfetto, per lui.

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg