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‘Ndrangheta, Dia: “Interazione tra cosche e aziende lombarde”
18 Novembre 2010
Articoli del 2010
Al di là delle polemiche, ecco i fatti; noti non da oggi, a Sud e a Nord. Il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2010. Con postilla

Nel nord Italia e soprattutto in Lombardia c’è una “costante e progressiva evoluzione” della ‘ Ndranghetache, ormai radicata da tempo su quei territori, “interagisce con gli ambienti imprenditoriali lombardi”. Lo sottolinea l’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia consegnata al Parlamento e relativa al primo semestre del 2010. Secondo il documento, la ”consolidata presenza” in alcune aree lombarde di “sodali di storiche famiglie di ‘ndrangheta” ha “influenzato la vita economica, sociale e politica di quei luoghi”.

La relazione sottolinea anche il “coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede ad impegni assunti con talune significative componenti, organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l’assegnazione di appalti e assestato oblique vicende amministrative”.

Per penetrare nel tessuto sociale, le cosche – che in Lombardia godono di una certa autonomia ma dipendono sempre dalla “casa madre” calabrese come ha dimostrato l’inchiesta “Crimine” che ha ricostruito l’organigramma della ‘Ndrangheta – si muovono seguendo due filoni: “quello del consenso e quello dell’assoggettamento”. Tattiche che, sottolineano gli esperti della Dia, “da un lato trascinano con modalità diverse i sodalizi nelle attività produttive e dall’altro li collegano con ignari settori della pubblica amministrazione, che possano favorirne i disegni economici”. Con questa strategia, e favorita da “una serie di fattori ambientali”, si consolida la “mafia imprenditrice calabrese” che con “propri e sfuggenti cartelli d’imprese” si infiltra nel “sistema degli appalti pubblici, nel combinato settore del movimento terra e, in alcuni segmenti dell’edilizia privata” come il “multiforme compartimento che provvede alle cosiddette ‘opere di urbanizzazione’”.

Secondo la Dia dunque, si assiste a un vero e proprio “condizionamento ambientale” da parte della ‘Ndrangheta che è riuscita “a modificare sensibilmente le normali dinamiche degli appalti, proiettando nel sistema legale illeciti proventi e ponendo le basi per ulteriori imprese criminali”. E la penetrazione nel sistema legale dell’area lombarda, è favorita da “nuove e sfuggenti tecniche di infiltrazione, che hanno sostituito le capacità di intimidazione con due nuovi fattori condizionanti: il ricorso al “massimo ribasso” nelle gare d’appalto e la “decisiva importanza contrattuale attribuita ai fattori temporali molto ristretti per la conclusione delle opere”.

La Dia ripercorre le fasi delle operazioni ‘ Parco Sud’ e ‘ Cerberus‘ della Guardia di finanza di Milano ed evidenzia il “forte interesse delle cosche verso l’edilizia”. Le indagini hanno consentito di individuare “nuove filiazioni delle ‘ndrine Barbaro-Papaliadi Platì, presenti nella zona Sud-Ovest del capoluogo lombardo, evidenziando ulteriormente la capacità militare e di assoggettamento ambientale”.

Sono così affiorati, prosegue la relazione, “i legami con imprenditori ed amministratori, realizzati dai nuovi vertici criminali, che hanno portato all’arresto del vicepresidente di una società per azioni, di un ex sindaco di Trezzano sul Naviglio, vertice pro-tempore del consiglio di amministrazione di aziende pubbliche operanti nel settore della tutela e gestione delle risorse idriche dell’area milanese, nonché di un componente del Consiglio comunale e di un geometra dello steso Comune”.

In sintesi, è la conclusione, “si è avuto modo di apprezzare la presenza sul territorio lombardo di esponenti della ‘ndrangheta residenti nella regione che, con modalità diverse dalla consolidata prassi mafiosa del controllo ambientale, hanno conseguito più preganti interessi economici”.

Nelle conclusioni si sottolinea la necessità di un ”razionale programma di prevenzione” che consenta di bloccare le possibili infiltrazioni della ‘Ndrangheta “in previsione delle opere previste per l’Expo 2015”, mentre si augura che lo Stato “coinvolga non solo le autorità istituzionalmente deputate alla vigilanza, ma anche tutti i soggetti a vario titolo coinvolti” e “consenta di individuare per tempo eventuali criticità”.

Il cosiddetto “ciclo degli inerti”, la cantieristica e la logistica collegata, la manodopera e le bonifiche ambientali “costituiscono i settori – scrive la Dia – maggiormente esposti al rischio di infiltrazione dell’intero indotto che si muove attorno alle grandi opere, agli appalti pubblici e privati”.

Ma c’è di più: secondo la Dia, infatti, il “condizionamento ambientale” delle cosche su parte dell’economia lombarda, va inteso come “partecipazione ormai pacificamente accettata di società riconducibili ai cartelli calabresi a determinati segmenti, in espansione, del settore edile, sia pubblico che privato”.



PostillaLa citata inchiesta Parco Sud è stata il “caso studio” proposto nel 2010 alla Scuola Estiva di Eddyburg nella relazione di Serena Righini per sostenere una tesi al tempo stesso ovvia quanto a suo modo rivoluzionaria. Ovvero che la criminalità organizzata trova nei meccanismi attuali di decisione delle politiche territoriali un contesto perfetto per operare, grazie alla notevole discrezionalità e scarsa trasparenza dei processi. Prevenire è sempre meglio che curare, ma per ora le forze politiche sembrano orientate ad altro: dall’ovvio, chiamiamo la polizia, la magistratura, a vari meccanismi di controllo ulteriori che spesso finiscono per rendere solo più intricato tutto. Mentre forse basterebbe solo più trasparenza (f.b.)

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