Essa segnala “la gravità della situazione urbanistico-edilizia del paese, che ha trovato in Agrigento la sua espressione limite. E non può […] non auspicare che da questa analisi concreta parta un serio stimolo nel porre un arresto - deciso ed irreversibile - al processo di disgregazione e di saccheggio urbanistico”.
Un ampio dibattito si apre nel paese. A cominciare dal Parlamento, dove un memorabile intervento di Mario Alicata, autorevolissimo esponente del PCI, accende gli animi. Pochi mesi dopo l’esondazione dell’Arno a Firenze e l’alta marea a Venezia confermano, con la forza degli eventi, l’entità dei danni provocati da una gestione del territorio governata dalla miopia pubblica e dalla rapacità privata.
Governo e Parlamento corrono ai ripari: per iniziativa di Mancini viene approvata una legge (un “ponte” verso una più compiuta riforma) che rende un po’ più incisiva la pianificazione urbanistica. Il risultato fu ottenuto, allora, dall’incontro tra la commozione dell’opinione pubblica, la sensibilità dei mass media, l’intelligenza dei governanti. Una simile confluenza si è manifestata raramente negli anni successivi, mai in quella più vicini.