La Nuova Venezia, 7 aprile 2017 con postilla propositiva
«La Polizia municipale ha consegnata alla comunità bengalese la diffida a chiudere entro tre giorni. Il presidente della comunità: "Il Comune ci dia subito una soluzione alternativa". Un fedele: "Paghiamo le tasse, pregheremo per strada"»
Mohamed Alì, il presidente della comunità, ha ricevuto dalle mani degli agenti di Polizia municipale la diffica a chiudere il centro entro tre giorni: giovedì era stato convocato nella sede della polizia municipale, a Venezia, dove ha incontrato assieme al portavoce Kamrul Syed, il comandante generale Marco Agostini, il quale gli ha spiegato il provvedimento di diffida.
Il presidente Alì incontrerà la sua comunità, ma chiede al Comune di fare presto: "Ci dia subito un'alternativa o sarà sciopero. La gente non capisce perché ora che abbiamo pagato tutto per questa sede, ci mandino via.
«Oggi notificheremo l’ordinanza», chiarisce Agostini, «nel frattempo stiamo pensando assieme all’ufficio di gabinetto del sindaco a una soluzione temporanea, in attesa che trovino quella definitiva».
La reazione dei fedeli non si è fatta attendere: "Siamo cittadini come gli altri, paghiamo le tasse o ci danno una nuova sede o pregheremo per strada".
Il venerdì. Il bisogno più impellente della comunità è quello di onorare il venerdì, specialmente in vista del Ramadan di fine maggio. «Oggi riusciremo a pregare tranquilli», continua Alì, «la stessa cosa ci consentiranno di fare per tre giorni, fino a domenica, poi potremo utilizzare lo spazio solo come centro culturale, per fare scuola ai bambini, per attività amministrative e di ufficio, ma non in quanto luogo di preghiera».
Alternative. Il vero problema, si presenterà nei giorni successivi. «Mercoledì», prosegue il presidente, «devono trovarci uno spazio sostitutivo finché non ne acquistiamo uno di nuovo, uno spazio di transizione dove pregare. Come faccio altrimenti con le persone che vengono qui? Io sono il più “anziano”, perché abito in Italia da molti anni, la comunità mi ascolta, ma devo offrire loro una soluzione, devono potersi fidare quando gli dirò che questo è l’ultimo venerdì di preghiera in via Fogazzaro, nello spazio che si sono acquistati con i loro risparmi. Se non do loro una risposta, si arrabbieranno e mi destituiranno. Sono un po’ deluso e preoccupato, spero che vada tutto bene, che non succeda nulla. Noi vogliamo la pace, siamo una comunità pacifica, di lavoratori, rispettiamo le regole, paghiamo le tasse. Non abbiamo nulla a che fare con droga e illegalità». Aggiunge: «E abbiamo il diritto di pregare».
L’appello. «Questo spazio ce lo siamo sudati finché non è diventato nostro a tutti gli effetti e nessuno ci ha mai contestato nulla sino ad oggi. Dopo otto anni ci dicono che non va bene, non appena avevamo terminato di pagare il mutuo». Poi rivolto al Comune: «Ci devono mettere a disposizione un sito alternativo, e speriamo che siano veloci, perché la comunità non può rimanere senza un luogo di preghiera venerdì prossimo, altrimenti io alzo le mani e poi il Comune si arrangerà».
Futuro. La comunità sta cercando un capannone o un’ex concessionaria chiusa da acquistare in zona via Torino-via Ca’ Marcello, ma ci sono difficoltà con le destinazioni d’uso. «Servono i permessi», conclude Mohamed Alì, «altrimenti cosa facciamo?». Due gli ordini di problemi da risolvere. Per il centro transitorio, il Comune si sta attrezzando; per quello definitivo la comunità ha presentato ieri al comandante Agostini quattro possibili ipotesi tutte da vagliare.
postilla
Qualche giorno fa il patriarca di Venezia, capo locale della chiesa cattolica apostolica romana, ha dichiarato che molte chiese di quella religione sarebbero state chiuse al rito e messe a disposizione della comunità. Non era chiaro se si riferisse alla comunità del suo rito o a quella, ben più larga, cui si riferisce papa Francesco. Sarebbe bello se, raccogliendo l'implicito messaggio del suo principale, mettesse qualche chiesa superflua al servizio delle altre religioni, magari con un modico canone di locazione.