Dire che le Ferrovie non vanno d’accordo con le stazioni sembrerebbe un nonsenso. Sarebbe come sostenere che un chirurgo non fa le operazioni perché non riesce a trovare il bisturi giusto. Eppure è così. Da più di un decennio è variabile, spesso tendente a burrasca con episodiche schiarite, il rapporto tra le Ferrovie dello Stato e Grandi Stazioni, la società mista pubblico-privato che ha come missione la ristrutturazione e la gestione dei 13 maggiori scali nazionali. Con l’arrivo di Mauro Moretti alla guida delle Fs cinque anni fa, questa altalenante relazione si era addirittura complicata e ulteriormente guastata. Come se non bastasse, di recente ci sono stati annuvolamenti perfino tra Fs e Centostazioni, l’altra società mista pubblico-privati che ha il compito di curare gli scali meno grandi e delle città di provincia. L’origine delle frizioni in questo caso è la stazione romana di Ostiense, quella scelta da Ntv di Luca Cordero di Montezemolo come quartier generale della propria compagnia ferroviaria che farà concorrenza alle Fs sulle tratte dell’Alta velocità.
Nella testa di Moretti ora sarebbe arrivato il momento di vendere le stazioni maggiori, cioè sarebbe opportuno che le Ferrovie dello Stato cedessero il loro 60 per cento della società ai privati che hanno il 39 per cento, diviso in tre parti uguali tra Benetton, Pirelli e Caltagirone, mentre il residuo 1 per cento è in mano a Sncf-Société nationale des chemins de fer, le ferrovie francesi a loro volta azioniste dell’azienda di Montezemolo con circa il 20 per cento.
In un’intervista al Corriere della Sera l’amministratore delle Ferrovie italiane ha annunciato che passerebbe volentieri il pacchetto di maggioranza Fs ai privati, ma non a Sncf, spiegando la scelta con la considerazione che Grandi stazioni è una gallina dalle uova d’oro.
Una motivazione sorprendente. Per due motivi. Il primo è che se Grandi stazioni è diventata un affarone come sostiene Moretti non si vede perché le Ferrovie pubbliche dovrebbero privarsene proprio ora. Il secondo elemento di sorpresa è che con questa decisione Moretti ribalterebbe di 360 gradi le scelte assunte non molto tempo fa, quando volle impegnarsi in prima persona come presidente di Grandi stazioni dopo aver ingaggiato un lungo braccio di ferro con i privati che avevano nominato l’amministratore Fabio Battaggia. Moretti allora si lamentò molto dei privati accusandoli, sostanzialmente, di comportarsi come azionisti inconcludenti.
I fatti in quel caso davano ragione all’amministratore Fs. Nata addirittura nel 1996 per rilanciare i maggiori scali nazionali, Grandi Stazioni per quasi un quindicennio era riuscita a stento a ristrutturare Roma Termini per il Giubileo del 2000 accontentandosi poi di lucrare sulla gestione degli spazi commerciali ricavati. Gli altri interventi erano tutti al palo, e cioè Torino, Milano, Napoli, i due scali di Genova, Venezia Santa Lucia, Mestre, Verona, Bologna, Firenze, Bari e Palermo. Negli ultimi tempi la situazione è un po’ migliorata con l’ultimazione dei lavori a Torino, Milano e Napoli. La vera novità ora è l’entrata in esercizio di Tiburtina a Roma la cui inaugurazione resta ufficialmente fissata per la fine dell’anno nonostante il disastroso incendio di alcuni mesi fa. A Tiburtina in futuro si attesteranno i treni veloci delle Fs e quindi dal punto di vista commerciale e del business è questa la vera gallina dalle uova d’oro dei binari che farà inevitabilmente decadere Termini verso una funzione subordinata e secondaria. Non è ancora chiaro chi riuscirà a mettere le mani su Tiburtina. La gara per l’affidamento della struttura è stata bandita e le Ferrovie hanno fatto sapere che Grandi stazioni non può vantare un diritto di prelazione.
Nel frattempo si sta complicando la faccenda di Ostiense per due motivi. Il primo è che a pochi mesi dalla partenza dei treni veloci di Montezemolo, gli adiacenti parcheggi dell’ex Air Terminal sono occupati dalle tende di centinaia di profughi afghani e le Fs sembrano non preoccuparsene. Le stesse Fs che a Termini e in altre stazioni hanno opportunamente istituito help center per gli emarginati insieme alla Caritas e lanciato il progetto “Un cuore di stazione” insieme all’Enel. L’altro elemento di complicazione sono i lavori di ristrutturazione che da tre anni Centostazioni (60 per cento Fs e 40 diviso tra Save, Manutencoop e Banco Popolare) vorrebbe effettuare, ma che sono rimasti al palo perché mancava l’assenso proprio delle Ferrovie. In questo momento il colonnato e la storica facciata di lastre di marmo sono ingabbiati dalle impalcature e resteranno così per anni.
Ancora non è stata neppure lanciata la gara per l’aggiudicazione dei lavori, poi sarà necessario avviare concretamente gli interventi e se tutto andrà bene ci vorranno mesi se non addirittura anni, appunto, per finire l’opera. É quindi molto probabile che Ntv sia costretta a partire con l’handicap della sua stazione principale fasciata dai ponteggi.
Esemplare il caso della stazione ferroviaria di Venezia S. Lucia e dell’impero Benetton. Vedi in proposito i due documentati saggi della collana “Occhi aperti su Venezia”, Corte del Fòntego editore, Il ponte di debole costituzione di Nelly Vanzan Marchini e Benettown di Paola Somma