Modena è parte di un sistema policentrico di comunità locali, che con lo sviluppo industriale e l’urbanesimo ha vissuto processi di sviluppo urbano di intensità molto forte.
A partire dagli anni ’60 le politiche territoriali hanno ricercato con determinazione il consolidamento e la valorizzazione dell’originaria rete di centri urbani, maggiori e minori, allo scopo di distribuire sul territorio le funzioni di livello urbano e prevenire l’ulteriore congestione della città di Modena.
Queste finalità di sviluppo equilibrato hanno orientato sia la pianificazione del territorio, sia politiche specificamente concepite e attuate. Il Consorzio intercomunale per le aree produttive, costituito a metà degli anni ’70 e sempre attivo, ha attuato il decentramento di circa sessanta industrie da Modena verso quattro insediamenti esterni, appositamente allestiti allo scopo di riequilibrare l’offerta di posti di lavoro, e con essa la distribuzione della popolazione sul territorio.
Nel medesimo periodo il Comune di Modena è stato un protagonista dello sviluppo e dell’attuazione di politiche urbane orientate a una salda visione dell’interesse pubblico. Ricordiamo per esempio che il suo piano regolatore del 1964 anticipò di quattro anni l’istituzione degli standard urbanistici, quello del 1975 sperimentò per la prima volta la disciplina particolareggiata del centro storico, quello del 1989 fu pioniere dell’integrazione della tutela dell’ambiente nella pianificazione urbanistica, e dell’articolazione in piano strutturale e piano operativo. E ricordiamo pure che i dimensionamenti dei piani regolatori da trent’anni sono sempre stati contenuti nel fabbisogno fisiologico di una popolazione costante, e che ancora oggi oltre due terzi delle nuove edificazioni residenziali e produttive sono realizzate su terreno concesso o ceduto dal Comune in attuazione del PEEP o del PIP.
L’attuale assessore all’urbanistica è fermamente determinato ad essere anche lui un pioniere, ma di una concezione del governo del territorio diametralmente opposta.
In un suo documento personale di una ventina di pagine - “Modena futura”, in circolazione da più di un anno ma mai discusso in alcuna sede pubblica, propugna per la città di Modena un aumento di ventimila abitanti nei prossimi dodici anni (oggi sono 180.000). L’intento è, sostiene, di riportarvi gli abitanti che nel tempo si sono trasferiti nei comuni all’intorno. Ma prevede anche il raddoppio della popolazione straniera, dall’attuale 10% al 20%. E senza alcun imbarazzo programma un aumento di cinquantamila abitanti sul lungo termine (quello che, contando di essere nuovamente nominato assessore dopo le elezioni, intende prendere a riferimento per il nuovo piano strutturale comunale). Valutazioni sui sistemi infrastrutturali, sulla mobilità urbana, sull’ambiente, sull’offerta di occupazione, sugli effetti per l’ambiente, sugli enormi investimenti necessari, sui colossali problemi già sperimentati con la crescita tumultuosa degli anni ’60 e ’70? Zero.
Nel frattempo al “Laboratorio della città”, che l’amministrazione comunale ha costituito coinvolgendo insegnanti di cinque o sei Facoltà di Architettura, ha prodotto delle proposte. Una di queste, sviluppata dal gruppo di Marco Romano, dell’Università di Genova, è stata presentata pubblicamente alla metà di dicembre, in quella che, secondo il comunicato stampa, “sarà l'occasione per gettare le basi del futuro Piano regolatore (PSC)”.
Prevede la saturazione con edilizia residenziale di tutto il territorio compreso fra il margine urbano e l’autostrada del Sole, più o meno cinquecento ettari, ampiamente sufficienti per cinquantamila abitanti e più. Appunto.
Chimere? Esercitazioni?
Sembra di no, sembra che qualcuno ci creda, e investa i suoi soldi.
Al recente convegno di Italia Nostra (20 febbraio 2009 n.d.r.) in cui è stato presentato il video “ Lo sguardo sulla città” un intervento ha richiamato l’attenzione sulle notizie, che circolano da molti mesi fra gli addetti ai lavori, di ingenti acquisti di terreni agricoli a prezzi che agricoli non sono (50, 60, anche 100 euro al metro quadrato) effettuati al perimetro della città da imprese di costruzione e immobiliari.
L’assessore ha minacciato querele (chissà mai perché) ma non risulta che abbia proceduto a verifiche. Eppure il Comune ha libero accesso al Catasto, e può consultare agevolmente i trasferimenti di proprietà di terreni, anche se non le cessioni di società.
Se le cose stanno così, se c’è effettivamente chi investe soldi buoni in terreni non edificabili (si parla di oltre un milione di metri quadrati), allora c’è davvero da preoccuparsi. Povera Modena.