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Roberto Monteforte
Misera Italia
14 Ottobre 2010
Articoli del 2010
Per la Caritas in Italia più di 8 milioni di poveri, di cui 600mila «nuovi». Si chiedono più lotta all’evasione fiscale, più servizi sociali e meno sussidi alle famiglie. L’Unità, 14 ottobre 2010

«In caduta libera». Non poteva avere titolo più appropriato il X rapporto sulla povertà e sull’esclusione sociale in Italia, curato dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Zancan e presentato ieri dal segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, dal direttore generale della Caritas Italia, monsignor Nozza, dal presidente della Fondazione Zancan, monsignor Pasini.

Analisi lucida, numeri precisi, attenzione al dato qualitativo e alla condizione concreta della popolazione, quindi denuncie e proposte chiare: questo emerge dallo studio, con una secca smentita dei dati ottimistici sulla povertà presentati nel luglio scorso dal governo e dall’Istat. Nel nostro paese la povertà non è affatto diminuita, anzi è in aumento, come il disagio sociale e la percezione della precarietà, della fragilità sociale di chi con l’avanzare della crisi è a rischio. Tocca 8.370 mila persone che hanno visto cambiare pesantemente le loro condizioni di vita. Un dato diverso, e più pesante rispetto ai dati forniti dall’Istat che indicava in 7.810 mila i «poveri» in Italia. Secondo lo studio «In caduta libera» vanno conteggiati, invece, anche quelle 560 mila persone che, visto l’abbassamento della linea generale della povertà passato da 1007 euro per coppia a 983, sarebbero state classificate come «povere relative». Nessuna «contrapposizione» tra Caritas e Istat, affermano i ricercatori che hanno curato il «Rapporto», soltanto letture «qualitativamente» dei dati che darebbero per il 2009 un aumento dei poveri del 3,7% sul 2008. Solo il 45% delle famiglie italiane sarebbe al riparo dalla crisi economica.

NESSUNA POLEMICA CON L’ISTAT



Preoccupato e fortemente critico il giudizio espresso della Chiesa italiana. «Il dramma della povertà - commenta il segretario generale della Cei, monsignor Crociata - offusca la nostra comunità e le ricadute pesanti sono sotto gli occhi di tutti. E a tutti chiedono rinnovato impegno nell’azione di contrasto e nelle forme di solidarietà». Mette il dito sull’elusione ed evasione fiscali «particolarmente gravi». «Si tratta di sottrazione di risorse - denuncia - che pesano sugli onesti e diminuiscono le disponibilità di aiuto agli ingenti». La Cei invita a giocare la carta del «federalismo solidale», che può portare «a nuovi e più efficaci assetti diunsistema assistenziale caratterizzato da troppi squilibri». Per smuovere l’attuale «situazione di stallo», monsignor Crociata chiede un cambio di passo: interventi soprattutto a favore della famiglia e delle giovani generazioni. «Non si tratta di occuparsi semplicemente dell’assistenza - puntualizza -. È una questione di giustizia, di dignità e di libertà».

Che la crisi economica sia bel lontana dal superamento lo testimonia l’esperienza concreta dei centri di ascolto della Caritas. Emerge la difficoltà delle persone disoccupate, delle famiglie impoverite, di chi sa che prima o dopo finiranno gli ammortizzatori sociali. Dallo studio emergono i diversi livelli di «povertà»: quella «assoluta» di chi non può accedere ai beni essenziali, quella «relativa » e gli «impoveriti». Coloro che sono «a forte rischio di povertà, colpiti dall’aumento della disoccupazione e della cassa integrazione, dal calo del potere reale d’acquisto e dalla disuguaglianza dei redditi. Il dato preoccupante è «l’aumento delle disuguaglianze e la sensazione di un impoverimento generalizzato, non solo dal punto di vista del reddito, ma anche delle aspettative e delle risorse culturali».

La povertà colpisce particolarmente nel Mezzogiorno e le famiglie numerose, con bassi livelli di istruzione. Ha anche il volto degli 800mila italiani «ridotti all’indigenza a causa di separazioni e divorzi». Per i vescovi va cambiato registro. È fallita la «social card». Occorre gestire diversamente le risorse che pure «sarebbero sufficienti». Dei 49 miliardi di euro stanziati ogni anno per la spesa sociale, l’86% va in trasferimenti alle famiglie e solo il14% in servizi. Al governo chiedono meno trasferimenti e più servizi.

Come cambia la vita di chi è colpito dalla crisi



Si rinuncia a ciò che era ritenuto necessario: è l’effetto della crisi. Così nel 2009 il credito al consumo è sceso dell’11%, i prestiti personali del 13%e la «cessione del quinto» nel settembre 2009 è aumentato del 8%. È la condizione di forte fragilità economica che fa aumentare del 10% il numero dei «poveri». È la difficoltà a pagare la spesa, il mutuo, le cambiali da anchenei primi mesidel 2010,daparte delle persone disoccupate, «impoverite », che con preoccupazione sanno che finiranno gli ammortizzatori sociali e hanno finito per rivolgersi ai centri Caritas e alle parrocchie.

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