Come porre tutte le precondizioni perché si riduca, drasticamente, la circolazione delle auto private in città e nell'area metropolitana? Tante soluzioni coordinate, ma resta un mistero ..
Il comune di Milano dopo una gestazione che si sarebbe forse voluta più breve, si dota finalmente di un nuovo Piano per la mobilità. Forse i lettori si ricordano di quando, proprio in assenza di tale piano a coordinare i singoli interventi, la cosiddetta Area C, ovvero l'accesso a pagamento alla zona centrale più interna, aveva rischiato di naufragare per il ricorso di un gestore di parcheggi, economicamente danneggiato (e per forza, che altro?) dai flussi di traffico ridotti. Con il Piano urbano integrato dei trasporti invece, si riconosce la natura complessiva di programma per migliorare salute, benessere, qualità abitativa dell'area metropolitana, dell'insieme così come delle singole parti componenti.
Se ne possono citare alcune, di queste componenti, ricordando che prese singolarmente in fondo significano poco più di esperimenti puntuali, nessuna esclusa. Ci sono le cosiddette Zone 30 dove anche grazie alla conformazione stradale i veicoli possono entrare ma non scorazzare. Oppure i mezzi pubblici non solo rafforzati e coordinati in rete, ma anche gestiti con un occhio di riguardo a una utenza post-industriale, ovvero su tempi diversi da quelli classici, e con sistemi tariffari coerenti. Naturalmente nel piano si dà massima attenzione alla mobilità non motorizzata, fornendole aree di condivisione, percorsi dedicati per pedoni e ciclisti, spazi e attrezzature per intermodalità. E sostegno e innovazione nei servizi di bike sharing e car-sharing, oggi alle fasi sperimentali iniziali.
Poi c'è il rapporto fra le scelte sui trasporti e l'urbanistica vera e propria, quella che regola le trasformazioni edilizie e le localizzazioni. Qui non è chiarissimo quanto si vogliano davvero legare due aspetti di solito e perniciosamente slegati. Ad esempio l'ultimo numero del Journal of the American Planning Association - monografico sulla mobilità - propone un interessante articolo che esamina sistematicamente il rapporto non sufficientemente studiato fra spazio e flussi, ovvero sino a che punto le amministrazioni cittadine hanno saputo tradurre le potenzialità di questa nuova forma organizzativa in norme e standard urbanistici, a partire dai parcheggi. Più in generale, è il coordinamento fra la relativa rigidità della conformazione fisica, e l'estrema variabilità dei flussi che la attraversano, la sfida del futuro: che ne sarà dei contesti ancora sostanzialmente auto-oriented? Faranno fallire anche le migliori intenzioni, con la loro rigidità? Per Milano di questo non si parla molto, o forse non si parla affatto.
E ecco invece un esempio di contraddizione, forse piccola ma sintomatica. Quasi contemporaneamente agli annunci sull'approvazione del PUMS, i giornali pubblicavano un'altra piccola notizia: nel plinto urbano dei giganti terziari del quartiere di Porta Nuova si farà un Superstore Esselunga. Chiunque conosce quel formato commerciale, sa benissimo quanto faccia a cazzotti con mobilità dolce e mezzi pubblici. Un solo esempio delle tante cose da cambiare, prima o poi. Qui non abbiamo riportato gli articoli dei giornali, che tendevano a soffermarsi appunto e soprattutto su aspetti parziali, fornendo una immagine poco realistica-. Abbiamo per una volta scelto di far riferimento alla documentazione ufficiale: il Piano del traffico lo si può leggere tutto nei particolari a questo LINK (f.b.)